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Ormai in preda a un sussulto di lucida follia, Vladimir Putin sembra determinato a continuare e rafforzare l’invasione russa dell’Ucraina alla ricerca di una vittoria da celebrare già domani, nel giorno della Parata del 9 maggio. In questa sua corsa contro il tempo il presidente russo ha potuto contare sul sostegno indiretto di una parte dei giornalisti occidentali che hanno indicato in questa ricorrenza la fine della guerra.

Uno sguardo ai fatti. Ci sono pochi dubbi ormai sul fatto che i russi abbiano prevalso militarmente nel Sud-Est dell’Ucraina. Ci sono parti del Paese dove il movimento separatista gode di buona salute. E sì, ci sono ancora residenti che valutano con favore l’idea di passare sotto l’ombrello russo piuttosto che rimanere in Ucraina e godere della relativa libertà e democrazia.

Ma tutto il resto del Paese racconta una storia molto diversa. E non parliamo solo dei dintorni di Kiev, assediata senza successo dai russi. Parliamo delle decine di città della costa orientale dove l’armata russa, contro ogni pronostico, ha incontrato una strenua opposizione. È insomma chiaro ormai che Putin ha ricevuto informazioni di intelligence scarse o sbagliate, nell’illusoria convinzione di poter ottenere una vittoria facile e rapida.

Sul New Yorker Luke Mogelson ha vergato un pezzo cupo e commovente sul profondo disprezzo che Putin e i suoi aedi hanno attirato su di sé nel mondo da quel 24 febbraio. Uno stigma destinato a rimanere a prescindere dall’esito della guerra. Buona parte della comunità internazionale continuerà a guardare Putin come si guarda un criminale di guerra.

In queste settimane si susseguono notizie sull’alto costo che la guerra sta imponendo alla Russia in casa. Non si tratta solo degli oligarchi e degli industriali. In tanti altri si sono uniti ai mugugni, al costo dell’esilio e, in alcuni casi, del carcere. Nel mentre, diventa sempre più evidente come il presidente americano Joe Biden e gli altri leader occidentali non siano riusciti a convincere Putin dell’insostenibilità dei costi della guerra e a farlo ragionale sul suo grave errore di valutazione.

Così domani il presidente russo sarà alla parata per dichiarare che la Russia ha vinto. Sosterrà che le notizie occidentali sulla brutalità delle truppe russe sono esagerazioni. Come Donald Trump, dopotutto, Putin è un leader abituato a mentire in pubblico.

Sul destino dello zar rimane invece un velo di mistero. Si rumoreggia che sia malato e che abbia bisogno di un intervento chirurgico. Speculazioni. Ma se fosse vero, si dice che Putin sia disposto a dare i massimi poteri a Sergei Korolev, capo dell’Fsb, l’agenzia della sicurezza russa, erede del Kgb. Un’agenzia che ha apparentemente avuto un ruolo di primo piano nella sottovalutazione della resistenza ucraina. Korolev è un vecchio amico di Putin, che lo ha nominato personalmente a capo dell’agenzia. Da agente di grande esperienza della polizia segreta russa, conta sulla piena fiducia del presidente.

Qui però entriamo nel campo delle voci di corridoio. Ci basta per ora limitarci a tutto ciò che non è speculazione. Cioè l’eroica resistenza ucraina. Il costo enorme della guerra per la Russia. La reazione sempre più dura dell’Occidente, con l’invio di armi più moderne a Kiev, mentre i soldati russi si trovano a combattere con un equipaggiamento antiquato e spesso inadeguato.

È anche questo il risultato della lucida follia di cui viene accusato Putin. E potrebbe esserci di più. Man mano che il tempo passa e i risultati non arrivano, cresce il timore di un tentativo disperato dello zar per cementare la tanto agognata legacy di “eroe”. Con il rischio non remoto che possa ricorrere a misure estreme, dalle armi chimiche a quelle nucleari.

Convincere Putin (e altre pie illusioni)

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