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Funzionari senior dell’amministrazione americana dicono al New York Times che l’intelligence statunitense ha provveduto a fornire all’Ucraina informazioni essenziali sugli spostamenti della catena di comando russa all’interno del teatro di combattimento. Tra queste, anche il tracciamento degli spostamenti dei generali russi sul campo. Dai dati annotati da Formiche.net, 10 di questi ufficiali sarebbero stati uccisi, Kiev parla di 12. Il numero è comunque altissimo secondo la stragrande maggioranza degli esperti militari.

Con una briefing fornito ai giornalisti il Consiglio di Sicurezza nazionale (Nsc) dice che “il titolo di questa storia è fuorviante e il modo in cui è inquadrata è irresponsabile” — il Nyt titola testualmente: “L’intelligence statunitense sta aiutando l’Ucraina a uccidere generali russi, dicono funzionari”. “Gli [Stati Uniti] — aggiunge la chiarificazione della Casa Bianca — forniscono informazioni sul campo di battaglia per aiutare gli ucraini a difendere il loro Paese. Non forniamo informazioni con l’intento di uccidere i generali russi”.

In pratica l’organo della West Wing sta dicendo che le informazioni fornite all’esercito ucraino possono essere utilizzate per uccidere un generale, ma gli Stati Uniti non le forniscono “espressamente” (virgolettato dalle parole della portavoce) per eseguire quelle uccisioni. È una specificazione necessaria per costruire uno spazio tra la collaborazione in atto con Kiev, che si basa su forniture di servizi e materiali (intelligence e armamenti), da cui però resta attentamente esclusa l’attività operativa.

Rimane implicito un messaggio: sappiamo tutto di quello che state facendo, vi spiamo e voi non siete in grado di esercitare contro-spionaggio adeguato, sembra dire tra le righe Washington a Mosca. Non è una novità, sebbene nell’ultima settimana rappresenti un contenuto comune della comunicazione del Pentagono, istituzionale o anonima. Qualcosa di molto simile lo hanno detto il segretario alla Difesa e il capo dello Stato maggiore congiunto quando, in audizione al Congresso, hanno sottolineato come — e quanto — l’invasione dell’Ucraina abbia permesso a Usa e Nato di comprendere delle debolezze militari della Russia.

Queste dichiarazioni, e il chiarimento repentinamente fornito dal Nsc, danno il taglio della linea americana. La Press Secretary Jen Psaki in conferenza stampa è stata ancora più chiara. Psaki ha evitato di dire cosa Washington può considerare “una vittoria” in Ucraina. Non è la prima volta, stavolta ha saltato una domanda di Cleve Wootston del Washington Post e Kirsten Welker di NBC. Psaki ha detto però che “Putin ha già perso”, perché non è riuscito nei suoi obiettivi di conquista dell’Ucraina e non è riuscito a dividere l’Occidente, e ha aggiunto che gli Stati Uniti vogliono una vittoria di Kiev.

Però ha spiegato: “Gli ucraini definiranno cosa significa per loro un esito positivo. Quello che stiamo cercando di fare è rafforzare la loro mano al tavolo dei negoziati, fornendo armi sul campo di battaglia e sostenendoli con qualsiasi necessità abbiano. Ma spetta a loro definire [gli obiettivi] attraverso questi negoziati”.

In sostanza la Casa Bianca dice di fornire equipaggiamento militare e altri generi di assistenza (l’intelligence come detto, ma anche quella politico-diplomatica) perché Kiev ha il diritto di difendersi e di reagire, ma è l’Ucraina a decidere come usare gli aiuti e soprattutto come usare questi rafforzamenti in chiave negoziale, e con quali obiettivi. È una precisazione necessaria anche perché Washington vuole evitare sospetti su tema che sta circolando (tra complottisti e anti-occidentalisti di vario genere e grado): la “guerra per procura”, che Kiev starebbe combattendo per conto americano contro Mosca.

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