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L’interesse di Pechino nelle attività di spionaggio rivolte verso gli Stati Uniti non è certo una novità. E un recente report del Center for Strategic and International Studies (Csis) ha sottolineato il crescente ruolo di Cuba come hub per le operazioni di intelligence della Cina, rivelando dettagli preoccupanti sulle attività di Pechino nell’isola caraibica.

Secondo il report, la Cina ha stabilito e potenziato strutture di signals intelligence (Sigint nel lessico degli addetti ai lavori) a Cuba, con l’intenzione di sfruttanre la posizione strategica dell’isola, che si trova a meno di cento miglia dalla costa sudorientale degli Stati Uniti. Una posizione che rende l’isola un punto di osservazione ideale per raccogliere informazioni sulle attività militari, politiche ed economiche statunitensi. E la presenza cinese rappresenta una sfida significativa per la sicurezza nazionale americana, oltre a dimostrare la portata globale delle ambizioni di intelligence di Pechino.

Tra i siti analizzati, la base di Bejucal emerge come il più avanzato, con infrastrutture che consentono il monitoraggio delle comunicazioni satellitari e la raccolta di dati sui lanci spaziali dagli Stati Uniti. Altri siti, come El Salao, ospitano sofisticate tecnologie per l’intercettazione di segnali radio su lunghe distanze, offrendo a Pechino una capacità di sorveglianza senza precedenti nella regione. Anche strutture minori come Wajay e Calabazar, contribuiscono al mantenimento di un network Sigint flessibile e capace di adattarsi a un ampio spettro di missioni di intelligence.

Il report contestualizza anche storicamente la presenza di infrastrutture di intelligence a Cuba, risalendo al periodo della Guerra Fredda, quando l’isola ospitava il più grande sito Sigint sovietico. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica è la Cina l’attore che ha progressivamente occupato il vuoto lasciato da Mosca, utilizzando Cuba come piattaforma per le proprie attività strategiche.

Negli ultimi decenni, Pechino ha rafforzato i legami con l’Avana attraverso investimenti economici e progetti tecnologici, tra cui il miglioramento delle telecomunicazioni cubane da parte di Huawei e Zte. Tali iniziative non solo supportano le operazioni di intelligence cinesi, ma offrono al governo cubano strumenti per rafforzare il controllo sociale interno.

Secondo il Csis, le implicazioni strategiche di questa cooperazione vanno oltre la raccolta di informazioni. La crisi economica che affligge Cuba ha reso l’isola particolarmente dipendente dall’assistenza cinese, consolidando l’influenza di Pechino e trasformando Cuba in un potenziale punto di leva nella competizione tra Stati Uniti e Cina. Inoltre, il report sottolinea come queste attività possano servire da modello per futuri partenariati cinesi con altri Paesi delle Americhe, erodendo l’influenza statunitense nella regione.

Come dunque mitigare i rischi della crescente presenza cinese a Cuba? Il report raccomanda una serie di misure da adottare al riguardo. Tra queste, stabilire linee rosse chiare sulle capacità militari che possono essere installate sull’isola e rafforzare la sicurezza delle infrastrutture civili, in particolare nei settori tecnologici più sensibili. Il report suggerisce anche di sostenere la società civile cubana, fornendo strumenti per contrastare il controllo governativo sulle telecomunicazioni, e di lavorare con i partner regionali per limitare l’influenza cinese nell’area. Le operazioni di intelligence della Cina a Cuba rappresentano una sfida strategica diretta per gli Stati Uniti e che affrontarla richiederà una combinazione di diplomazia, cooperazione regionale e innovazione tecnologica. Questi sforzi saranno fondamentali per proteggere gli interessi americani e mantenere la stabilità nell’emisfero occidentale.

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