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“Gli americani avevano detto che i russi avrebbero attaccato, e avevano ragione. I nostri servizi pensavano invece che la conquista dell’Ucraina avrebbe avuto costi esorbitanti e che i russi avevano altre opzioni” per far cadere il regime di Volodymyr Zelensky. A parlare è Thierry Burkhard, capo di stato maggiore della difesa francese, in un’intervista al quotidiano Le Monde rilasciata venerdì, lo stesso giornale del suo colloquio con l’omologo russo Valery Gerasimov, 48 ore prime del confronto tra i capi di Stato, Emmanuel Macron e Vladimir Putin.

L’intervistatrice, Elise Vincent, aggiunge una frase non attribuita al capo militare delle forze armate francesi ma che sembra riassumere il pensiero a Parigi: è stata “una forma di prudenza nei confronti dell’intelligence americana, ereditata in particolare dalla guerra in Iraq del 2003”.

La guerra in Ucraina “faceva parte delle opzioni dall’estate del 2021, quando ho assunto il mio incarico”, ha detto il generale Burkhard. “C’erano informazioni che i russi avrebbero aspettato condizioni meteorologiche favorevoli, cioè il freddo, prima di attaccare l’Ucraina”. Come spiega il generale, dunque, “non è stata una sorpresa”. Ma, come confermano le sue parole citate in apertura di questo articolo, c’erano importanti differenze nell’analisi dell’intelligence tra i Paesi europei e quelli anglosassoni.

È un tema che su Formiche.net abbiamo affrontato diffusamente, sottolineando anche che non bastano una buona intelligence e un’eccellente capacità di analisi per impedire una guerra. “L’intelligence non è un potere, nel senso di hard power militare”, ha spiegato Dan Lomas dell’Università Brunel di Londra. “Può plasmare la politica, ma non può scoraggiare un attacco. Solo l’hard power può farlo”.

Anche i servizi segreti italiani, alla fine del 2021, non si aspettavano che Vladimir Putin ordinasse alle sue truppe di invadere l’Ucraina. È quanto emerge nella Relazione annuale dell’Intelligence relativa all’anno 2021, un rapporto declassificato (che dunque non comprende le informazioni che sono state ritenute meritevoli di segretezza e nasce sulla base delle indicazioni del potere esecutivo) del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. “Il 2021 si è concluso nel segno di una triplice dinamica”, si legge nel documento. Prima: “L’incertezza sulla volontà russa di passare all’offensiva, oppure di utilizzare gli spazi diplomatici al fine di convincere i Paesi occidentali a rivisitare gli equilibri securitari nel continente europeo”. Seconda: “La ripresa del dialogo, sia attraverso il formato negoziale Normandia, attivo sin dalla crisi del Donbass, che ai tre livelli Stati Uniti-Nato-Osce configuratisi a seguito delle bozze di accordi di sicurezza proposti dalla Russia”. Terza: “La predisposizione di strumenti sanzionatori e di deterrenza”.

A inizio febbraio, il Copasir aveva diffuso la sua relazione annuale sottolineando che “gli ultimi sviluppi della crisi ucraina che vedono un dislocamento di una consistente presenza militare russa presso il confine, seppur un attacco su vasta scala sia ritenuto poco probabile, fanno temere un aumento del rischio di incidenti e l’innesco di reazioni”. E ancora: “La possibilità di attacchi di natura ibrida impone di mantenere alto il livello di attenzione, nella piena consapevolezza che l’Italia può e deve svolgere un ruolo di rilievo, di intesa con i partner Ue e Nato”. Lo stesso Copasir aveva pubblicato pochi giorni dopo un rapporto sulla sicurezza energetica spiegando che “la dipendenza dalla Russia è forte e sarà indispensabile nella fase intermedia della transizione” e invitando a “una maggiore diversificazione nell’approvvigionamento”.

Oggi, come confermano le parole di Macron dopo gli ultimi due colloqui telefonici con Putin – “il peggio deve ancora arrivare”, il presidente russo è “sempre molto determinato” nel raggiungimento dei suoi obiettivi –, sembra che anche in Europa prevalga un certo pessimismo sulla disponibilità del Cremlino a fermare la guerra e scegliere la soluzione diplomatica. Perfino da parte del presidente francese, il leader europeo che più si è speso, anche nelle ore precedenti l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, per tenere aperto il dialogo.

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