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Nella giornata di lunedì (4 luglio 2022, ndr) Lee Rowley, sottosegretario al Parlamento del dipartimento dell’Industria del Regno Unito, ha annunciato la nascita del primo centro di raccolta dati e informazioni sensibili sulle forniture di materie prime critiche, ingredienti essenziali per le tecnologie low-carbon e digitali, come cobalto, litio e grafite.

Il Critical Minerals Intelligence Center (CMIC) verrà inserito sotto l’egida del British Geological Survey (BGS), massima autorità britannica per le materie prime e con uno statuto molto simile all’omologa struttura statunitense. L’obiettivo della neonata agenzia sarà quello di monitorare i dati relativi al settore: dai prospetti geologici mondiali, alle strozzature lungo le catene di rifornimenti fino alla formulazione di proposte di policy e strategie per assicurare al Regno Unito forniture adeguate alla transizione eco-industriale del paese rispetto alla domanda interna. “Mentre il mondo transita verso le nuove tecnologie green, le supply chain verranno sottoposte a maggiore competizione”, ha dichiarato Rowley. Con la domanda di alcuni minerali che potrà crescere del 500% entro il 2050, e con l’incertezza che ora regna sul mercato, la capacità di comprendere questi scenari sarà essenziale per costruirsi una posizione di competitività delle industrie a valle e di accesso sicuro e sostenibile ai materiali per la transizione.

Questo sarà ancor più vitale per assicurare alle industrie delle rinnovabili (batterie per i veicoli elettrici e generatori per le turbine eoliche) di reggere l’urto di filiere complesse, e di continuare a ridurre i costi per incentivarne la penetrazione sui mercati. Oltre ad assicurare nuovi posti di lavoro per un ecosistema industriale nascente. Secondo uno studio dell’associazione UK Green Alliance, condotto con il supporto dell’Institute of Materials, Minerals & mining (IM3), la domanda di materie prime per il dispiegamento, nella sola Gran Bretagna, di batterie, pannelli fotovoltaici e turbine eoliche in ossequio ai target climatici “tra oggi e il 2035” potrebbe richiedere “240.000 tonnellate di litio, 90.000 tonnellate di cobalto”, mentre entro il 2050 la domanda cumulata del paese di litio “potrebbe più che raddoppiare a 550.000 tonnellate”.

Ma non solo tecnologie “pulite”: come evidenziato da uno studio condotto dall’Università di Birmingham, alcune leghe e materiali critici (con combinazioni di nickel, cobalto, samario ma soprattutto platino e renio) sono essenziali per le performance tecniche delle turbine degli aeromobili. Si tratta di un settore particolarmente sensibile, con applicazioni dual-use in ambito civile e militare, senza contare le apparecchiature elettroniche di supporto.

Il nuovo centro, che si avvale dell’expertise e del lavoro del Critical Minerals Expert Group – un tavolo di esperti creato a gennaio 2022, e che comprende esponenti dell’accademia, dell’industria, dei think tank e del governo britannici – e che si propone di lanciare una Critical Minerals Strategy per il Regno Unito allo scopo di garantire una “supply chain resiliente a lungo termine per promuovere una rivoluzione industriale verde”, sarà di appoggio al governo tramite il Department for Business, Energy & Industrial Strategy. Tra gli esperti selezionati, il direttore del BGS, Simon Moores, managing director di Benchmark Minerals Intelligence (la società di servizi e consulenza attualmente leader nel mercato dei battery metals), il chief scientist di Rio Tinto (colosso multinazionale minerario) ed esponenti di importanti realtà industriali come Britishvolt e Less Common Metals, attiva nel mercato dei magneti di terre rare.

Circa 3,6 milioni di sterline verranno messi a disposizione, per tre anni, al CMIC per svolgere numerose attività di analisi e ricerca. Tra queste, la più importante e diffusa tra le agenzie dedicate al settore delle materie prime: la stesura dei cosiddetti criticality assessment, ovvero studi approfonditi sul grado di ‘criticità’ dei metalli per la transizione energetica e industriale britannica. Si tratta di analisi che hanno l’obiettivo di informare il decisore sullo stato dell’arte di questi mercati, segnalando potenziali colli di bottiglia e avanzando proposte di policy per mitigarne gli effetti.

Il BGS ha svolto il primo studio nel gennaio del 2022, pubblicato di recente. Secondo l’analisi, dei 27 materiali presi in considerazioni ben 18 risultano essere potenzialmente e altamente “critici” per gli ecosistemi industriali britannici, secondo la matrice calcolata. Tra cui: cobalto, gallio, grafite, litio, magnesio, niobio, terre rare e vanadio, con importanti similitudini con i risultati ottenuti dallo US Geological Survey di recente e notevoli differenze rispetto alle 30 materie prime critiche individuate dalla Commissione europea nel settembre del 2020 con l’ultima lista. Si tratta, chiaramente, di risultati che derivano da metodologie e sensibilità d’analisi differenti, ma che comunque riflettono una preoccupazione comune sui rischi legati all’approvvigionamento e che di recente hanno stimolato un dialogo multilaterale.

Il CMIC, inoltre, fornirà ai decisori britannici consulenze su questioni impellenti, dalle sfide geopolitiche che impatteranno le filiere delle materie prime ai rischi ambientali e sociali associati alle attività minerarie. Attualmente nel Regno Unito non sono presenti attività produttive di litio, cobalto e terre rare. La compagnia British Lithium sta svolgendo analisi esplorative per le fonti geotermiche nel sud-est dell’Inghilterra, mentre vi sono potenziali risorse di cobalto in diversi distretti (North Pennises, Cheshire e North Wales), ma non sono state condotti studi geologici più sistematici.

Come dimostra, tuttavia, l’impegno del governo britannico con l’investimento nelle gigafactory di Britishvolt ed Envision AESC, il Regno Unito vuole posizionarsi come uno dei migliori hub industriali mondiali per l’automotive elettrica. La nascita di questo centro d’intelligence dedicato, che provvederà a supportare Downing Street per stilare la prossima strategia industriale sui minerali critici entro la fine dell’anno, rappresenta un punto di partenza essenziale per affrontare con pragmatismo questa sfida con uno slancio strategico pubblico-privato.

Il consolidamento dell’industria EV è infatti una delle priorità: gli OEMs nazionali, infatti, hanno circa tre anni per assicurarsi forniture locali di batterie elettriche, in seguito all’accordo di libero scambio post-Brexit con l’Unione europea. Secondo il trattato, siglato nel 2020, le batterie potranno contenere circa il 70% di materiali importati da Paesi extra-Ue. Tuttavia, dal 2024 il requisito si farà più stringente, con circa il 50%. Glencore, multinazionale mineraria, e Britishvolt stanno investendo per la costruzione di un impianto per il riciclo delle batterie al litio, nell’ottica di creare una filiera circolare domestica.

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