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In diplomazia ogni parola conta. In Ucraina, precisano le feluche americane in questi giorni, la Russia non minaccia un’invasione, ma una “nuova invasione”. Dalla Crimea al Donbas, grazie all’escalation armata in Est Europa i territori occupati militarmente nel 2014 dall’esercito russo non sono più al centro della contesa, sembrano anzi un dato acquisito. È forse questa la vera posta in palio di Vladimir Putin, dice a Formiche.net Rocco Cangelosi, diplomatico di lungo corso, già ambasciatore italiano a Bruxelles e consigliere del presidente Giorgio Napolitano al Quirinale. Un “nuovo normale”, che normale non è.

Ambasciatore, siamo fuori dal tunnel?

Le tensioni sembrano allentarsi ma è presto per tirare le somme. Il colloquio tra Olaf Scholz e Vladimir Putin ha posto delle premesse, se non per un’intesa, per una de-escalation. Il cancelliere a Mosca ha chiarito che l’entrata dell’Ucraina nella Nato non è all’ordine del giorno. Putin vuole di più.

Cosa?

Un impegno scritto, nero su bianco. E ridiscutere l’intera architettura di sicurezza europea. Un disegno improbabile, auspicabile solo nella misura in cui porti alla riduzione degli armamenti e delle forze nucleari intermedie.

Per la Nato è una richiesta irricevibile.

Vero. Mettere per iscritto che un Paese sovrano non ha diritto di aderire all’alleanza è impossibile. Sulla riduzione degli armamenti invece lo stesso segretario Stoltenberg ha aperto.

C’è poi da sciogliere il nodo del Donbas occupato. Non si registrano grandi passi avanti…

Tutt’altro. La richiesta del Partito comunista alla Duma di riconoscere le repubbliche autonomiste di Donetsk e Lugansk può costituire un elemento di tensione.

Putin ha preso le distanze.

Sì, ma ricordando che bisogna riconoscere lo status quo dei russi nel Donbas. Una via d’uscita si può trovare concedendo un’ampia autonomia alla regione sulla falsariga degli accordi De Gasperi-Gruber in Alto Adige. Qui però la Russia vuole andare oltre, con un veto di fatto sulla politica estera ucraina.

Ad ogni modo, il fatto stesso che se ne parli suona come una piccola vittoria di Mosca…

È così, Putin non avrebbe mai mosso quelle truppe senza incassare un risultato. E infatti la questione Crimea sembra oggi superata. Di Donbas si discute ma per trattare della sua nuova autonomia. L’Occidente da parte sua esce ricompattato dalla crisi, che tuttavia ha svelato una verità sulla politica estera americana: gli Stati Uniti non sono disposti a morire per Kiev.

Un messaggio che avrà ripercussioni altrove?

Temo di sì. Per la Cina Kiev può diventare un precedente per Taiwan. Questa non è solo una crisi regionale.

Torniamo in Europa. L’asse franco-tedesco è l’unico che conta?

Nei colloqui di martedì il Formato Normandia (Francia, Germania, Russia, Ucraina, ndr) ha ceduto il posto all’Osce, ma rimane il quadro di riferimento per gli accordi di Minsk. Il rapporto russo-tedesco, pur con le sue contraddizioni, rimane molto forte. Il caso Nord Stream 2 ne è la prova.

Insomma, Europa promossa?

Più ancora dell’Europa, la Nato. La crisi ucraina ha ricompattato molto l’alleanza. Siamo passati dalla morte celebrale proclamata da Macron a una Nato unita e reattiva davanti alla Russia. Macron e Scholz si stanno muovendo bene, l’Italia con Draghi e Di Maio non è da meno. Putin apprezza la mediazione del nostro Paese.

Che ruolo ha l’Italia nelle trattative?

L’Italia gioca un ruolo importante, per ovvie ragioni non determinante. Deve agire in concerto con Francia e Germania e tenere sempre conto dei principi non negoziabili. Anche per questo Di Maio è andato prima a Kiev, a ribadire il sostegno all’integrità ucraina, e poi a Mosca.

E poi?

Poi l’Italia potrà fare la sua parte nel processo negoziale, aiutare a fissare principi e controlli sugli armamenti in Est-Europa. Ma anche proporre un’intesa collettiva sulla sicurezza dell’Ucraina che veda coinvolta la stessa Russia. Non una neutralizzazione, ma una formula di garanzia.

In Ucraina Putin ripulisce la fedina russa. Il punto di Cangelosi

Intervista all’ambasciatore, già consigliere diplomatico di Napolitano al Quirinale. Il bottino di Putin in Ucraina è l’Ucraina, quella già occupata nel 2014. Dopo l’escalation militare nessuno parla più di Crimea e Donbas. Italia? Si muova con Francia e Germania, ora un nuovo patto di sicurezza europeo

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