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Se la domanda è in che direzione sta andando il mercato, la risposta arriva dai 200 milioni di dollari che Binance ha deciso di sborsare per comprarsi parte di Forbes. L’accordo chiarisce il ruolo che gli exchange si stanno costruendo all’interno della società, se mai ce ne fosse ancora bisogno.

L’interesse di Binance per Forbes, tra le più importanti riviste economiche nasce dal bisogno della testata di ricapitalizzarsi. L’erede del fondatore e attuale direttore, Steve Forbes, era infatti alla ricerca di 400 milioni di dollari per un aumento di capitale e aveva raggiunto ad agosto un accordo con la Spac Magnum Opus. L’obiettivo della quotazione via Spac, secondo l’azienda, è di raccogliere i frutti della digitalizzazione della testata, e usare la tecnologia e i dati raccolti per creare un pubblico più coinvolto. Ovviamente con flussi di cassa ricorrenti e di buona qualità. Al closing dell’accordo, che dovrebbe essere entro la fine del mese prossimo, la capitalizzazione di Forbes si aggirerà intorno ai 630 milioni di dollari e l’azienda sarà quotata alla Borsa di New York sotto la sigla “FRBS”.

“Con l’investimento di Binance in Forbes, ora abbiamo l’esperienza, la rete e le risorse del principale scambio di criptovalute del mondo e uno degli innovatori blockchain di maggior successo al mondo”, ha commentato entusiasta l’amministratore delegato della rivista americana, Mike Federle. “Forbes, già una risorsa per le persone interessate al mondo emergente degli asset digitali, può diventare un vero leader del settore con il loro aiuto”, ha aggiunto. In questo modo, la piattaforma di exchange conquisterebbe due dei nove posti nel consiglio di amministrazione. Ma, tengono a precisare da Binance, non metteranno bocca nelle decisioni editoriali di Forbes.

Da qualche anno Forbes ha iniziato a trattare il tema delle criptovalute, costruendo dei database in cui inserire i vari miliardari e una serie di liste in cui venivano elencate le start-up più promettenti del settore. Ovviamente, era impossibile non occuparsi di una realtà come Binance. Un primo approccio tra l’exchange e la rivista c’era già stato nel 2018, quando il miliardario Ceo di Binance Changpeng Zhao, meglio noto come “CZ” – il cui patrimonio ammonta a 1,9 miliardi di dollari proprio secondo Forbes – era finito in copertina. Titolo: “Meet the freaks, geeks and visionares dominating the digital currency craze”.

Si potrebbe scherzare su come, alla fine, l’incontro è avvenuto sul serio. La ragione che ha portato CZ a concludere l’operazione è, neanche a dirlo, quella di costruirsi una legittimità internazionale e mainstream grazie all’associazione con una realtà centenaria come Forbes (fondata nel 1917 dal nonno dell’attuale direttore). I crypto-miliardari sono i nuovi ricchi che vogliono sposarsi con le blasonate, ma decadute, aziende del XX secolo, per essere accolti in società e non essere più considerati “barbari alla porta”. E Binance negli scorsi mesi è stata bandita da vari mercati (in testa il Regno Unito) perché opera in un settore non ancora sufficientemente regolato.

Non è la prima a entrare a gamba tesa nel mercato per mettere il suo nome in bella vista e renderlo così familiare al grande pubblico. Per festeggiare l’accordo, CZ ha fatto un tweet rivelatore. “Investi nel nuovo e nel vecchio, e collegali con le criptovalute”. Con l’aggettivo vecchio intende, naturalmente, tutto ciò che già conosciamo.

Allo scadere del 2021, per esempio, la notizia sul cambio nome dello stadio Staples Center a Los Angeles aveva fatto parecchio rumore. Dopo 22 anni di partnership, il gigante della cancelleria è stato spodestato dallo stadio dei Los Angeles Lakers e dei Clippers, che da Natale scorso si chiama Crypto.com Arena. L’app di scambio di valute ha investito la bellezza di 700 milioni di dollari per assicurarsi l’esclusiva del suo nome per vent’anni.

C’è da dire che lo sport interessa parecchio all’azienda di Singapore, avendo già operato in Formula 1, nell’UFC e in diverse squadre di calcio anche italiane. Addirittura, è arrivata a sponsorizzare l’ultima finale di Coppa Italia, giocata a Reggio Emilia e vinta dalla Juventus. Inoltre, sono sempre di più gli accordi tra monete digitali e club di Serie A. L’Inter ha deciso di abbandonare il suo storico sponsor Pirelli per passare a Socios.com, con un contratto di collaborazione di tre anni. Per la prima stagione avrà la scritta Fan Token $INTER in bella mostra (per le altre due è da vedere). Scelta simile della Roma con DigitalBits. Diversa, invece, per Milan e Juventus che hanno abbracciato Socios.com ma solo per i suoi FanToken.

Questo per quanto riguarda le monete digitali, ma di Big Tech che hanno investito nel “vecchio mondo” dell’editoria ce ne sono m. Il Washington Post è forse il caso più eclatante (e più di successo, finora). Nel 2013 Jeff Bezos per diventare il primo proprietario dello storico giornale che non fosse un discendente della famiglia Graham, per ottant’anni alla guida del quotidiano, tirò fuori 250 milioni di dollari. “Un affare personale”, lo definì all’epoca.

La drammaticità al passaggio di consegne – raccontata splendidamente da Jill Abramson nel suo libro Mercanti di verità, edito da Sellerio – lascia capire quanto difficoltosa è stata la scelta ma anche quanto necessaria. “La conclamata capacità imprenditoriale di Jeff Bezos e il suo genio per gli affari ci sembrano qualità eccellenti per essere il nuovo editore del Post”, disse Donald Graham.  E così fu, visto che il Wp si rialzò da una situazione economica disastrosa. A testimoniare il grande lavoro di Bezos è stato un veterano del giornale, Bob Woodward, che tra i ringraziamenti nel suo Pericolo – scritto insieme a un altro giornalista del Post, Robert Costa, e pubblicato in Italia da Solferino – ha inserito anche il proprietario di Amazon, per aver “portato dinamismo e la necessaria stabilità”.

Altri episodi simili sono quello di Marc Benioff, fondatore della società di cloud computing Salesforce e da quattro anni proprietario di Time. L’anno prima, Laurence Powell Jobs, vedova del fondatore di Apple, divenne proprietaria di maggioranza della rivista The Atlantic. Ancor prima ci fu AOL con Huffington Post.

Insomma, quello di Binance non è altro che una storia già vista. È vero, mentre prima erano soldi tangibili – Benioff si presentò con 190 milioni in contanti – ora sono quelli digitali. Alcune crypto investono negli stadi così come hanno fatto compagnie aeree o di assicurazioni nel passato, come Ethiad, Emirates e Allianz. Altre nei media e nell’editoria, come Bezos e gli altri già citati. Il risultato, tuttavia, non cambia e l’obiettivo è sempre lo stesso: ottenere legittimazione.

Binance entra in Forbes. I nuovi ricchi delle crypto in cerca di legittimazione

L’exchange di criptovalute sborserà 200 milioni e avrà due consiglieri di amministrazione su nove, ma assicura l’indipendenza editoriale. Non è il primo caso di aziende tech che investono nelle nobili (e decadute) realtà del ‘900 per ottenere legittimità e riconoscibilità mainstream. Casi e precedenti

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