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Pochi giorni fa le forze armate terrestri della Federazione Russa e la People’s Liberation Army hanno condotto nuove esercitazioni congiunte nei pressi del ponte di Heilongjiang, che collega le due città di confine di Blagoveshchensk (sul lato russo) e di Heihe (sul lato cinese). Non è certo la prima esercitazione congiunta che le due potenze revisioniste hanno condotto negli ultimi tempi, sia da sole (su terra e per mare) che coinvolgendo altri Stati allineati alle loro posizioni sul piano internazionale. Ma rispetto a quelle precedenti, questa specifica esercitazione ha una particolarità: essa ha infatti simulato un’operazione di contrasto al terrorismo transfrontaliero, la prima dall’inizio dell’invasione in Ucraina nel febbraio 2022 (l’ultima manovra di questo tipo era astata svolta in territorio russo nel 2019).

Le truppe cinesi e russe hanno utilizzato la ricognizione aerea, l’intercettazione marittima e le imboscate a terra per bloccare e catturare “terroristi che tentano di attraversare il confine”. Secondo il rapporto, l’esercitazione si è concentrata sul rafforzamento della condivisione delle informazioni e del coordinamento operativo e ha dimostrato la “ferma determinazione” dei due eserciti a prendere misure efficaci per combattere tutte le forme di terrorismo, separatismo ed estremismo, proteggendo congiuntamente le loro aree di confine.

Facile intuire i motivi dietro allo svolgimento di una simile esercitazione: lo scorso marzo più di 140 persone sono state nell’attacco terroristico al Crocus City Hall condotto dallo Stato Islamico; a questo si aggiungono gli eventi del 23 giugno in Daghestan, durante i quali almeno 22 persone sono rimaste uccise nelle sparatorie (sempre rivendicate da Is-K) contro due sinagoghe, due chiese ortodosse e un posto di polizia. Pur non avendo registrato attacchi simili negli ultimi anni, anche Pechino ha intensificato la propria campagna contro il terrorismo e il separatismo.

L’esercitazione congiunta della scorsa settimana fa seguito a un accordo tra i leader cinesi e russi per rafforzare la cooperazione in materia di forze dell’ordine e difesa, che tra le altre cose prevede un incremento nell’addestramento e nelle esercitazioni congiunte, in occasione della visita del presidente russo Vladimir Putin a Pechino svoltasi lo scorso maggio. Coerentemente con la “partnership senza limiti” che i due Paesi hanno affermato di perseguire poche settimane prima dell’inizio del conflitto in Ucraina. Dando adito a un dubbio: quanto è verosimile che in futuro Mosca e Pechino lancino un’operazione militare combinata contro la potenza egemone del sistema internazionale, ovvero gli Stati Uniti?

Relativamente poco, secondo la Rand Corporation. L’istituto statunitense suggerisce nel suo report “Future Scenarios for Sino-Russian Military Cooperation” che, nonostante un grado più alto di integrazione e maggiori interazioni che porterebbero probabilmente a maggiori trasferimenti di tecnologia e competenze e a operazioni in nuove aree geografiche o domini, la Cina e la Russia sarebbero probabilmente ancora “ben al di sotto” del livello di partner pienamente integrati, non condividendo capacità strategiche come quelle di Command e Control e di Intelligence, Surveillance, Recognition. Anche il coordinamento tra i due Paesi sull’uso delle armi nucleari potrebbe essere sovrastimato, in quanto i due Paesi presentano “significative divergenze”.

Secondo gli analisti della Rand la possibilità di un confronto diretto tra le due potenze e gli Stati Uniti, sia indipendentemente che come coalizione, rimane bassa a causa degli alti costi che tale azione implicherebbe. Affermando che la possibilità di una simile evoluzione “rimane incerta nella migliore delle ipotesi”.

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