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Vladimir Putin non si accontenterà dell’Ucraina. “Vuole riscrivere l’ordine internazionale post-Guerra Fredda”. Ne è convinto Alexander Vershbow, che con la Russia ha una certa confidenza. Già ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, è stato vicesegretario della Nato e oggi è membro dell’Atlantic Council. Di fronte a un probabile sconfinamento russo oltre il Donbas, Europa e America “devono reagire all’unisono”. E l’Italia “può far sentire la sua voce più di altri”.

Ambasciatore, l’incontro a Ginevra tra Antony Blinken e Sergei Lavrov basta a spegnere la polveriera?

Non ne sono sicuro. Temo sia questione di giorni prima che Putin dia inizio alle operazioni. Dobbiamo prepararci al peggio. Ho una sola consolazione.

Quale?

Non credo che Putin abbia preso una decisione finale. Vuole sondare il terreno, capire quali concessioni può ottenere minacciando l’uso della forza. L’incontro di oggi a Ginevra dimostra che c’è ancora un canale di dialogo, anche se va restringendosi.

Su cosa si può trattare?

Limiti alla proliferazione dei missili e alle esercitazioni, una più forte partecipazione degli Stati Uniti al formato Normandia. Putin valuterà se riuscirà a ottenere di più con la diplomazia che con un’aggressione. Sa bene che in caso di invasione ci sarà una risposta molto forte da parte della Nato.

A partire dalle sanzioni. Bastano?

Le sanzioni sono importanti ma non sufficienti. Mentre girano le lancette dell’escalation militare l’amministrazione Biden sta già inviando nuovi rifornimenti militari e finanziamenti al governo ucraino. C’è un piano per sostenere una guerriglia di resistenza contro gli invasori: se Putin deciderà di muovere le truppe, la Russia avrà importanti perdite umane. È uno degli elementi che lo spinge a tentennare.

In conferenza stampa Biden ha fatto distinzione tra “grande” e “piccola” invasione.

Un’uscita poco fortunata. Va detto che la Casa Bianca ha fatto subito un passo indietro. Spiegando la giusta distinzione tra aggressione militare, che richiede una risposta forte e immediata, e un attacco ibrido o cibernetico che sollecita una reazione diversa. Non è difficile immaginare nei mesi a venire un impegno diretto della Russia in attacchi ibridi, campagne di disinformazione e hackeraggi contro l’Ucraina: per farlo non ha bisogno di varcare il confine di un solo metro.

Rimane il nodo della Nato. Un’adesione dell’Ucraina è mai stata sul tavolo?

Putin ha commesso un errore di valutazione. Basta passare in rassegna le dichiarazioni dei leader dell’Alleanza sin dal summit di Bucarest del 2008: la candidatura ucraina non è mai stata percepita come un’urgenza. Ma l’impegno formale che la Russia chiede alla Nato è semplicemente irricevibile.

Dunque?

L’Ucraina è libera di presentare una richiesta, non significa che sarà accettata. Ci vuole molto tempo prima di soddisfare i requisiti della membership, alla Macedonia sono serviti 14 anni. C’è un altro errore commesso da Putin, tempo addietro.

Sarebbe?

Nel 2010, all’indomani della sua elezione, l’ex presidente ucraino Yanukovich ha calato il sipario sulla richiesta di membership della Nato. E sospetto che nel quartier generale a Bruxelles nessuno abbia perso il sonno per la notizia, anzi credo ne fossero sollevati. L’invasione russa della Crimea ha ribaltato il tavolo.

Torniamo all’Europa. Emmanuel Macron sembra volersi muovere in autonomia rispetto a Biden. Un errore?

Un errore in questo momento. I diplomatici francesi hanno diritto ad aprire un canale con i russi – la Nato lo fa di continuo – ma serve una posizione comune e coordinata. È l’unico modo per convincere Putin a scegliere la diplomazia. Procedere in ordine sparso gli dà una chance di dividerci.

E l’Italia? Ha davvero voce in capitolo nella crisi?

La carta migliore che possa oggi giocare l’Italia è far sentire la sua voce all’interno della Nato e dell’Ue. Ha un vantaggio per la sua partecipazione in prima linea nel fianco Sud della Nato, dal Mediterraneo al Mar Nero. Se la Russia andrà avanti, Roma potrà chiedere di rispondere duramente e di rafforzare l’impegno dell’alleanza ad Est e nei Baltici. Se farà la voce grossa, l’Italia troverà orecchie particolarmente attente a Mosca.

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