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La Corte d’appello federale del District of Columbia ha respinto il ricorso di TikTok, confermando la legge firmata ad aprile dal presidente americano Joe Biden che impone all’app di rescindere i legami con la casa madre cinese ByteDance per ragioni di sicurezza nazionale (ovvero le questioni che riguardano dati e propaganda). Se ByteDance non lo farà e deciderà di non vendere TikTok entro il 19 gennaio (ovvero il giorno prima dell’insediamento della nuova amministrazione Trump), l’app non sarà più disponibile sugli app store e i provider dovranno smettere di distribuirla. Di fatto, sarebbe un divieto.

Oggi la Corte d’appello ha sentenziato che “il primo Emendamento esiste per proteggere la libertà di parola negli Stati Uniti e con questa legge il governo ha agito esclusivamente per proteggere quella libertà da una nazione straniera ostile e per limitare la capacità di quell’avversario di raccogliere dati privati degli americani”. Il giudice ha riconosciuto che la decisione avrà “implicazioni significative” per TikTok e i suoi utenti. “Di conseguenza, i milioni di utenti della piattaforma dovranno trovare mezzi di comunicazione alternativi”. La colpa di tutto ciò, ha sottolineato la corte, “è attribuibile alla minaccia della Cina alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, non al governo americano”.

Vicenda chiusa? Non ancora. L’azienda può, infatti, chiedere alla Corte suprema degli Stati Uniti di esaminare il caso, ma non esiste un diritto automatico di appello a tale corte. Probabilmente si cercherà di ottenere un’ingiunzione in attesa di una petizione per far sì che la Corte Suprema si occupi del caso. Ma non è tutto. Il presidente eletto Donald Trump non ha ancora detto se la sua amministrazione applicherà il divieto quando entrerà in carica il mese prossimo. In un post di settembre sul suo social, Truth, Trump ha detto che non stava “facendo nulla con TikTok, ma l’altra parte sta per chiuderlo, quindi se vi piace TikTok, andate a votare per Trump”.

Sempre di oggi la notizia che, a due giorni da quella che avrebbe dovuto essere la data del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Romania, la Corte costituzionale è intervenuta con la decisione, presa all’unanimità, di annullare il voto e procedere con la ripetizione dell’intero processo elettorale. A far decidere la Corte in questa direzione, “al fine di garantire la correttezza e la legalità del processo elettorale”, ha contribuito senza dubbio il pacchetto di documenti de-classificati pubblicato mercoledì dal presidente romeno Klaus Iohannis. Nei documenti si legge come il Paese sia stata oggetto di una “azione ibrida aggressiva russa”, che ha incluso attacchi contro l’Ufficio elettorale centrale e l’Autorità elettorale permanente, durante il giorno e la notte delle elezioni presidenziali del 24 novembre. Si stima, inoltre, che 25.000 account TikTok siano stati utilizzati per aumentare la popolarità del candidato nazionalista Calin Georgescu, probabilmente attraverso l’uso di “bot farm” durante la campagna elettorale. Il candidato nazionalista, apertamente filorusso, si era classificato in testa a sorpresa con il 22,9%, nonostante i sondaggi della vigilia gli attribuissero percentuali inferiori al 10%. I servizi di intelligence romeni suggeriscono che in questa operazione siano state spese ingenti somme di denaro e che la portata e l’estensione geografica dell’azione indichino “un attore statale”.

Una Corte dà ragione a Biden su TikTok. Il divieto negli Usa si avvicina

La Corte d’appello federale del District of Columbia ha respinto il ricorso: o Bytedance vende l’app o sarà vietata negli Usa dal 19 gennaio (alla vigilia dell’insediamento di Trump). Rimane la carta della Corte suprema, ma non è scontata

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