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Stando a quanto riferito da Palazzo Chigi, c’è stato soltanto un tema al centro del colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky: la situazione in Ucraina orientale, con l’ammassamento delle truppe russe al confine e il timore delle potenze occidentali di un’invasione nelle prossime settimane.

Qualche dettaglio in più sulla conversazione arriva dal profilo Twitter del leader ucraino: “Una conversazione proficua” con al centro “la sicurezza dell’Ucraina”, “i prossimi ulteriori passi sulla de-escalation e la soluzione pacifica nel Donbas”, ha spiegato. “Grato per il fermo sostegno dell’Italia per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, ha aggiunto Zelensky, che nei giorni scorsi aveva sentito anche il presidente francese Emmanuel Macron e quello statunitense Joe Biden dopo il videosummit di quest’ultimo con l’omologo russo Vladimir Putin e che giovedì vedrà il segretario della Nato Jens Stoltenberg.

Poche ore prima del colloquio con Draghi, Zelensky ha rilasciato un’intervista a Repubblica osservando che “le truppe stanziate da Putin vicino al nostro confine sono il potenziale di un ricatto. Anzitutto contro gli Stati occidentali. Quando le truppe russe aumentano, il ricatto si fa più duro, tanto da far temere un’aggressione contro il nostro Stato o contro l’intera regione”. E ancora: “La Russia ha iniziato questa guerra nel 2014 e da allora siamo abituati a qualsiasi scenario”. Tuttavia, ha aggiunto, “non si può dire lo stesso di altri Paesi europei. La Germania, per esempio, ci ha recentemente impedito di ottenere dalla Nato fucili anti-drone e sistemi anti-cecchino, che sono armi esclusivamente difensive. Qualsiasi democrazia sotto aggressione dovrebbe avere il diritto di acquistare tali armi. Purtroppo in alcune capitali europee la paura prevale”.

Rispondendo a una domanda sul potenziale ruolo dell’Italia nella crisi, Zelensky ha detto: “Alcuni potrebbero avere paura del potenziale economico dell’Ucraina, ma l’Italia e altri Paesi trarranno solo vantaggio se l’Ucraina diventerà un membro a pieno titolo della comunità europea. Gli italiani non hanno meno peso politico per parlare alla Russia di pace rispetto ad altri Stati che sono già coinvolti nello sforzo negoziale. Natale è alle porte, ed è quindi il momento di cercare di ottenere un cessate il fuoco, il rilascio dei prigionieri e la creazione delle condizioni per la libera circolazione delle persone. Sono certo che quando parlerà con Mosca, l’Italia potrà dire la sua parola. E che Putin non potrà ignorarla”.

Zelensky sembra aver notato l’intensità dei colloqui tra Draghi e Putin, che si sono sentiti telefonicamente quattro volte in altrettanti mesi. E se dovessero continuare con l’abitudine e le tempistiche di agosto, settembre, ottobre e novembre, i due potrebbero risentirsi prima di Natale.

Come ha spiegato Paul Stronski del Carnegie a Formiche.net, “l’Italia può fare la differenza”. Infatti, ha dichiarato l’esperto, “è una delle più grandi economie europee, l’unica che oggi possa contare su un governo stabile” viste l’uscita di scena dopo 16 anni di Angela Merkel in Germania e la sfida elettorale in primavera per Macron in Francia. Per questo, Quirinale permettendo, “l’Italia è il candidato naturale a guidare la politica estera europea e la de-escalation con la Russia”, ha aggiunto Stronski.

Se l’obiettivo di Zelensky è la de-escalation attraverso il dialogo con Putin – che significherebbe anche un riconoscimento della sua figura da parte di Mosca –, ecco che il contatto incrociato tramite figure come Draghi può tornare utile a Kiev. Che forse spera che passando da Roma, il messaggio esca amplificato. D’altronde, durante l’Angelus di domenica, papa Francesco ha rivolto una “preghiera per la cara Ucraina, per tutte le sue Chiese e comunità religiose e per tutto il suo popolo perché le tensioni” siano “risolte attraverso un serio dialogo internazionale e non con le armi”.

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