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Il Movimento Giovanile della Dc tra gli anni settanta e ottanta era un vero e proprio partito, con i suoi 300 mila iscritti, le sue correnti, i suoi leader.
Prevalevano, per tradizione e sensibilità, le posizioni della sinistra morotea, forzanovista, basista. Minoritaria la corrente dorotea, la destra interna. Tra i giovani che avrebbero avuto una storia politica anche dopo quella stagione c’erano Follini, segretario del movimento, Casini, minoritario ma già da allora sempre presente nelle intese di gestione interna, in giacca, cravatta regimental e pochette in taschino, l’autore di questo articolo e David Sassoli, un ragazzo che attingeva dal cattolicesimo lapiriano la sua ispirazione politica, ma che approdò poi all’insegnamento di Aldo Moro.

David era quasi nostro coetaneo (uno o due anni di differenza) e sembrava ancora più giovane, con quel ciuffo eterno, la faccia pulita, gli occhi sinceri e il sorriso leggero che piaceva alle ragazze. Abitava con la sua famiglia di origine fiorentina – il padre, bravo giornalista e militante democristiano, fu direttore responsabile del Popolo e poi della Discussione – nel centro storico di Roma, poco lontano dalla sede del Movimento Giovanile che era in Largo Arenula. Ricordo un salotto e una libreria molto vasta, tutt’attorno boiserie: in quella bella casa ci vedevamo qualche volta per parlare di politica e scrivere mozioni ed ordini del giorno, documenti cui eravamo spesso adibiti io e David.

Fin da quel tempo l’approccio del giovane Sassoli sarebbe stato caratterizzato dalla morbidezza: argomentare, spiegare, cercare di convincere con argomenti e non con diktat, mai un tono sopra al necessario, mai, però, un cedimento sui principi.

Persuadeva: se l’arte del buon politico è quella della persuasione, descritta da Aristotele e Cicerone come una mirabile mescolanza di emozione e razionalità, quest’arte era di David, che aveva il dono di restituire ad ogni suo interlocutore la certezza di aver ascoltato parole di verità. O almeno dette in perfetta buona fede.

Non fu un caso allora se la sua grande vocazione professionale, quella di giornalista, approdò in Rai, consacrandolo volto del Tg1. Il ciuffo eterno, la faccia da ragazzo con lineamenti scabri, la camicia botton down, stile Robert Redford nel film “Tutti gli uomini del Presidente”, l’avresti potuto trovare a fare il commento ufficiale per le news della Cbs o dell’Nbc americane, pensando che fosse un giornalista yankee allevato in California, nella Berkeley University. E del giornalista investigativo americano dimostrò di avere la stoffa quando, non ancora professionista, lavorando con l’agenzia di stampa Asca, beccò il ministro degli Esteri De Michelis e il latitante Oreste Scalzone, rifugiato nella Francia di Mitterrand, in un bistrò di Parigi facendone un servizio memorabile e un caso politico. Era il 1985.

La sua vocazione politica, però, prevalse e dal 2009 al 2019 venne eletto ininterrottamente al Parlamento Europeo, entrando di forza nell’assemblea dei rappresentanti con oltre 400.000 voti di preferenza nella circoscrizione dell’Italia centrale ( elezioni del 2009). A Bruxelles ebbe un cursus honorum di tutto rispetto, facendo prima il capo della delegazione PD nell’Alleanza Progressisti Socialisti e Democratici, poi il vice-presidente del Parlamento e, infine, il Presidente dal 3 luglio 2019.

L’emozione che ha investito il mondo della politica nazionale ed internazionale, ben oltre il galateo del commiato che si deve a chi riveste ruoli istituzionali di quel livello, è stata forte e le parole di cordoglio sincere, a partire dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen: “ È un giorno triste per l’Europa. Oggi la nostra Unione perde un convinto europeista, un sincero democratico e un uomo buono”. Stamattina al bar sotto casa la signora che mi prepara il caffè mi ha accolto dicendomi : “ Ha visto? È morto Sassoli, sono molto dispiaciuta. Si vedeva che era un uomo buono.”“Un uomo buono”: quante volte lo possiamo ascoltare riferito ad un politico?

Ciao David, amico buono. Riposa in pace.

Ciao David, amico mio. Il ricordo di Pino Pisicchio

David era quasi nostro coetaneo e sembrava ancora più giovane, con quel ciuffo eterno, la faccia pulita, gli occhi sinceri e il sorriso leggero. Fin da quel tempo l’approccio del giovane Sassoli sarebbe stato caratterizzato dalla morbidezza: mai un tono sopra al necessario, mai, però, un cedimento sui principi

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