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Nella sua conferenza stampa del 22 dicembre, il presidente del Consiglio ha svolto una considerazione importantissima e molto appropriata, osservando che l’elezione del Presidente della Repubblica con una maggioranza diversa, più ristretta, di quella che sorregge il suo governo avrebbe conseguenze destabilizzanti sul quadro politico. Si tratta di una legittima preoccupazione, di un rischio che va evitato perché questo governo, che ha fatto bene nei mesi da febbraio ad oggi, deve continuare a lavorare efficacemente almeno fino alla fine della legislatura.

Vi è stata un’operazione incauta mossa da ambienti politici e giornalistici nel lanciare una formale candidatura alla presidenza della Repubblica del presidente del Consiglio. Incauta perché i severissimi problemi sul piano interno e internazionale che il Paese ha di fronte possono essere affrontati solo con un governo coeso e guidato da una personalità molto autorevole: non possiamo permetterci che il passaggio al Quirinale di Mario Draghi abbia come conseguenza lo sgretolamento del tanto di buono che si è fatto finora.

Già si è visto che, nell’immaginare l’ipotesi di una sostituzione di Draghi a Palazzo Chigi, sono emersi molti appetiti circa il programma e la struttura dell’eventuale nuovo governo. Anche in questo caso impeccabile è stata la posizione del presidente del Consiglio, che non si è lasciato coinvolgere in un’impropria discussione su un governo futuro prima di pervenire all’elezione di un nuovo presidente della Repubblica. L’improvvida iniziativa politico-giornalistica ha soltanto esposto finora, e indebolito, un governo che invece è la carta migliore dell’Italia in una situazione difficile come quella attuale.

Se il centrodestra o il centrosinistra avessero più di 505 voti o potessero arrivarci con qualche apporto di “volenterosi”, il nome potrebbe uscire da una maggioranza ristretta. Mi auguro che questo, che peraltro appare improbabile, non avvenga perché ciò indebolirebbe il governo che invece va sostenuto e difeso. Dunque serve un nome – e alcuni già circolano – che possa rappresentare ed essere accettabile ai partiti che formano l’attuale maggioranza (chi si è messo fuori di essa può restare fuori senza perdita per nessuno). Ci sono tre possibili soluzioni.

La rielezione di Sergio Mattarella: un passo in questo senso di Mario Draghi sul presidente Mattarella si rivelerebbe decisivo, perché egli avrebbe titolo per dire a quella parte del centrodestra che ha qualche dubbio sulla rielezione, ma invece vuole la continuità del governo, che per lui la presenza dell’attuale presidente è la migliore garanzia, non solo di poter continuare ma di poterlo fare con la forza e l’efficacia fin qui dimostrata. Diversamente, sarebbe opportuno che centrodestra e centrosinistra individuino un nome – e ve ne sono – che per equilibrio ed autorevolezza possa essere votato dagli uni e dagli altri come garanzia per tutti. Solo un Presidente di tal fatta garantirebbe al governo Draghi la indispensabile protezione.

Se non emergesse infine il nome di una personalità politica, può sempre essere scelto un nome simbolo dell’Italia migliore: ad esempio Giorgio Parisi, recente premio Nobel per la fisica (anche la Germania ha avuto un presidente della Repubblica che era un grande fisico, Von Weiszacker). Penso che si arriverà presto a una soluzione positiva.

Draghi resti a Palazzo Chigi. C'è in gioco l'Italia. La versione di La Malfa

I severissimi problemi sul piano interno e internazionale che il Paese ha di fronte possono essere affrontati solo con un governo coeso e guidato da una personalità molto autorevole: non possiamo permetterci che il passaggio al Quirinale di Mario Draghi abbia come conseguenza lo sgretolamento del tanto di buono che si è fatto finora. Il commento di Giorgio La Malfa

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