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L’Europa stretta tra la pressa cinese e quella americana e nel bel mezzo della rincorsa alla terre rare, rimane la potenza economica più forte nel suo vicinato, ben davanti a Cina, Russia e Stati Uniti. Tuttavia, i suoi rivali stanno recuperando terreno in regioni chiave. Questa la sintesi del rapporto presentato dallo European centre for international political economy (Ecipe) e dalla Fondazione Bertelsmann Stiftung. Un buon punto di partenza per un continente che cerca la sua strada, magari quella indicata da Mario Draghi nel suo ormai mitologico rapporto. L’indice da cui muove il rapporto, misura l’interconnettività tra il 2010 e il 2023, rispetto alle tre principali potenze: Cina, Russia e Stati Uniti. Esso evidenzia, nella sostanza, dove l’Unione europea ha il potenziale per rafforzare il proprio ruolo geoeconomico e dove deve stare attenta a non perdere terreno. I risultati dell’indice hanno lo scopo di aiutare a mettere a punto le strategie di vicinato dell’Ue.

“L’Europa rimane il partner più importante nel suo vicinato”, ha affermato Daniela Schwarzer, membro del comitato esecutivo della Bertelsmann Stiftung. “Dal 2001, tuttavia, l’Ue ha perso importanza in termini relativi, mentre la Cina ha sistematicamente guadagnato terreno. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti si stanno ritirando economicamente dalla regione, con l’eccezione di Israele. In Ucraina e Moldavia è diventato evidente che nemmeno gli stretti legami economici con l’Ue dissuaderanno la Russia dall’uso della forza militare o di tattiche di destabilizzazione ibrida. Sembra che, per Mosca, nemmeno il proprio distacco dall’Ue sia stato un prezzo troppo alto da pagare. Ciò dimostra che l’interconnessione economica dell’Europa non garantisce automaticamente la pace”.

Ma è sul fronte geopolitico che l’Europa è carente. “La conclusione principale è che, sebbene l’Ue sia riuscita ad aumentare in modo significativo il suo appeal economico, la sua influenza geopolitica rimane limitata”, afferma Richard Grieveson, vicedirettore del Vienna Institute for International Economic Studies. “La prova è nel fatto che la Russia fa affidamento sulla forza, non sull’integrazione economica, cosa che l’Ue è stata raramente in grado di contrastare”, si legge nel documento. Insomma, non necessariamente avere un’economia forte vuol dire avere peso specifico in ambito geopolitico. Ed è su questo versante che l’Europa deve lavorare. “Il potere di mercato da solo non garantisce influenza né crea relazioni di cooperazione. L’Ue deve sfruttare strategicamente il potere del suo mercato unico e i suoi legami economici per promuovere la stabilità e i partenariati nei Paesi vicini, ad esempio aggiornando la sua politica di adesione e introducendo un processo di integrazione graduale per i Balcani occidentali”.

Ma anche “modernizzando la sua unione doganale con la Turchia, espandendo il Global Gateway come iniziativa strategica dell’Ue in materia di infrastrutture, sfruttando strategicamente i mercati, i capitali e le normative per promuovere la stabilità e le relazioni di cooperazione. “Dal punto di vista economico, l’Ue ha ancora un chiaro vantaggio nei Balcani occidentali, ma se l’adesione continua a essere ritardata, tale vantaggio non è garantito”, ha chiarito Etienne Höra, esperto di commercio presso la Bertelsmann Stiftung e coautore dello studio”.

Ovviamente, occhio sempre alla Cina, che “sta recuperando terreno, specialmente in Africa. Dall’Algeria alla Tunisia, l’Ue rimane il partner commerciale e di investimento più importante anche nel Sud. Tuttavia, l’influenza della Cina sta crescendo rapidamente, soprattutto attraverso progetti infrastrutturali ed esportazioni di alta tecnologia, ad esempio verso l’Egitto e il Marocco. Sebbene l’Ue sia ancora il partner principale in Nord Africa e Medio Oriente, la Cina sta rapidamente recuperando terreno”, ha in questo senso sottolineato Philipp Lamprecht, direttore del Centro europeo per l’economia politica internazionale.

“Il tanto decantato effetto Bruxelles, ovvero l’adozione globale degli standard europei, si sta rivelando sempre più inefficace di fronte ai progetti infrastrutturali cinesi e alle esportazioni di alta tecnologia. Per rimanere attraente, l’Ue deve aggiornare la sua politica commerciale e garantire che le sue norme e i suoi standard non comportino costi aggiuntivi per i paesi partner, ma creino invece un reale valore aggiunto”.

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