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Ancora manovre intorno a Tim, mentre ormai la direzione sembra essere stata presa: quella della rete unica, frutto della messa a sistema degli asset dell’ex Telecom, la rete secondaria oggi incastonata in Fibercop e l’infrastruttura di Open Fiber. Il tutto sotto il cappello dello Stato, con Cassa depositi e prestiti azionista della stessa Tim (9,8%) e controllante di Open Fiber (60%).

Sullo sfondo rimane l’Opa, ancora solo vagheggiata, del fondo americano Kkr, ovvero 50 centesimi ad azione per il 100% del gruppo telefonico, che oggi in Borsa ne vale 34. Come raccontato nei giorni scorsi da Formiche.net, Kkr non ha chiuso del tutto la porta al progetto per la rete unica. Ma è tutto da vedere se alla fine il fondo sarà della partita, vista l’accelerazione delle ultime settimane verso un’infrastruttura di rete, impressa sia dall’ex Telecom sia dalla stessa Cdp.

Nel mentre però, fuori, continua il fermento. Un altro fondo di private equity, dopo Kkr, si è infatti affacciato sulla scena. Si tratta dell’inglese Cvc, che alcune indiscrezioni, poi smentite, qualche mese fa volevano ingaggiato dal socio di riferimento di Tim, Vivendi (23,7%) per rispondere all’interesse di Kkr.  Il fondo britannico, guidato in Italia da Giampiero Mazza, aveva già avanzato nel 2021 un’offerta da 1,7 miliardi per gestire la Serie A di calcio. Ora ha recapitato una lettera manifestando l’interesse per alcuni asset di Tim basandosi sul piano che il ceo Pietro Labriola ha presentato il 3 marzo scorso.

Piano che, come noto, prevede lo spezzettamento della società in più tronconi, da una parte la rete e Sparkle, dall’altra i servizi, che a loro volta possono essere separati in servizi alle imprese e servizi al dettaglio. L’attenzione di Cvc si è appunto focalizzata sui servizi alle imprese che secondo il piano dovrebbero comprendere le attività di Olivetti (internet of things), Noovle (cloud) e Telsy (cybersecurity), di cui vorrebbe il 49%, segno che l’obiettivo non è comandare ma essere un investitore che crede nella strategia dell’azienda. Attenzione però, perché tutto è ancora sulla carta, visto che la parte servizi alle imprese vedrà la luce solo ed esclusivamente all’indomani dello spin-off dalla rete, la cosiddetta Netco.

Scendendo nel dettaglio, i servizi oggetto dell’interesse di Cvc hanno generato circa 2,7 miliardi di euro di ricavi, a fronte di un personale che si aggira sulle 6.500 unità, che lo stesso fondo vorrebbe mantenere inalterato. In particolare, Noovle è la cloud company controllata da Tim, che si propone sul mercato come centro di eccellenza italiano per il cloud e l’edge computing. E che il cloud sia uno dei baricentri di Tim, lo dimostrano anche due fatti.

Per cominciare, nei giorni scorsi,  la cordata Tim-Cdp-Sogei-Leonardo si è aggiudicata il primo round per la gara per Polo nazionale del cloud, indetta dal governo attraverso il ministero dell’Innovazione. Secondo, Noovle per gli analisti molti analisti può rivelarsi un ottimo affare. Per Banca Akros, la branch del cloud dovrebbe generare 1 miliardo di euro di ricavi e 0,4 miliardi di euro di ebitda entro l’anno fiscale 2024.

La mossa di Cvc, comunque, confermata dalla stessa Tim su richiesta della Consob, spariglia le tessere di un mosaico molto composito, ma che finisce per combaciare con il piano a base di spin off dell’ad Tim Labriola, ponendosi in antitesi con l’altro dossier ufficialmente aperto: quello della possibile Opa di Kkr sull’intera Tim. Ma anche con Kkr, confermano da Tim, l’interlocuzione va avanti.

Tim, cosa c'è nel mirino del fondo inglese Cvc

Il fondo di investimento punta al 49% del ramo dei servizi alle imprese, che racchiude la cloud company Noovle e Olivetti. Ma anche la branch cyber di Telsy. Dal gruppo telefonico confermano i contatti, ma l’operazione rete unica va avanti lo stesso

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