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Attesa da anni, annunciata da anni, la famosa riforma della Curia Romana, cioè degli uffici centrali del Vaticano che pone al servizio del papa e della Chiesa in tutto il mondo, quindi di tutte le diocesi, è stata finalmente divulgata e lunedì sarà presentata ufficialmente. Questo carattere di servizio al papa e alla Chiesa in tutto il mondo era presente anche nella precedente costituzione apostolica, ma emergeva nel testo, qui viene chiaramente valorizzato ed enfatizzato.

Forse l’elemento più indicativo però lo troviamo nel nome. Questi atti pontifici si chiamano infatti costituzioni apostoliche, hanno sempre un nome, non si chiamano “riforma” o “nuova organizzazione” di questo o di quello. Per la nuova costituzione pontificia Francesco ha scelto il nome (in latino) “Predicate il Vangelo”: dunque un’esortazione che definisce il compito, il senso non solo dell’atto ma dello stesso scopo dello strumento che si va a riorganizzare. Non è un caso che la nuova costituzione entrerà in vigore il giorno di Pentecoste. È il giorno in cui lo Spirito Santo sarebbe disceso sugli Apostoli: lo Spirito Santo avrebbe dato agli Apostoli la facoltà di parlare in tutte le lingue e questo indica l’universalità del messaggio e dunque definisce la natura missionaria della Chiesa: “predicate il Vangelo”.

Tutto questo ci dice quale sia l’obiettivo di Francesco: dare forma concreta agli uffici centrali della sua Chiesa che vuole essere Chiesa missionaria. La costituzione si divide in due parti: una che ne spiega lo spirito e una che determina la nuova struttura, sulla base di numerosi accorpamenti di strutture che in gran parte già sono avvenuti e vanno a costruire un nuovo modo di essere. Dunque se ne potrebbe desumere che si tratti solo della ratifica di uno snellimento strutturale che fa i conti anche con le difficoltà economiche del tempo. Tutto questo c’è, certamente, ma quel che maggiormente interessa è altro. Si riforma, come accade da sempre e per questo si deve considerare che analoghe riforme sono state fatte in tempi recenti da Paolo VI e da Giovanni Paolo II. È normale che sia così. Ma è solo la questo?

Nel preambolo si parla della Chiesa, “luce del mondo”. Questo ci ricorda che prima della sua elezione, quando i cardinali si riunirono per confrontarsi e anche conoscersi e dirsi come vedevano il futuro della Chiesa alla quale erano chiamati a dare il successore di Pietro, il cardinal Bergoglio pronunciò un discorso che colpì, molto e molti. Parlò proprio della luce. La Chiesa per lui doveva pensarsi e vedersi come la luna che illumina la notte, ma non con una luce sua, ma riflettendo un’altra luce, quella di Cristo, del Vangelo. La luce salvifica dunque non è la sua, ma è quella di Cristo. Ecco perché la Chiesa deve essere Chiesa missionaria.

Se gli uffici servono a dare impulso a un’attività missionaria è molto importante capire chi sia chiamato a costituirli e sulla base di quali criteri viene scelto. Perché qui emerge la novità e l’intenzione. La novità è che gli incarichi di guida e responsabilità nella Curia Romana devono coinvolgere tutti i battezzati, cioè non riguardano solo maschi consacrati, ma anche laiche e laici. Dunque clericalismo addio: “Ogni cristiano, in virtù del Battesimo, è un discepolo-missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù. Non si può non tenerne conto nell’aggiornamento della Curia, la cui riforma, pertanto, deve prevedere il coinvolgimento di laiche e laici, anche in ruoli di governo e di responsabilità”.

Per Francesco “la presenza dei laici è imprescindibile, perché essi cooperano al bene di tutta la Chiesa e, per la loro vita familiare, per la loro conoscenza delle realtà sociali e per la loro fede che li porta a scoprire i cammini di Dio nel mondo, possono apportare validi contributi, soprattutto quando si tratta della promozione della famiglia e del rispetto dei valori della vita e del creato, del Vangelo come fermento delle realtà temporali e del discernimento dei segni dei tempi”.

Francesco vuole anche far capire come debbano essere scelti i lavoratori che vengono chiamati a questi servizi come anche a incarichi minori, più semplici. Tra le caratteristiche indicate si coglie un’intenzione rivoluzionaria: il papa chiede che tutti abbiano spiritualità, esperienza pastorale e altro ovviamente, ma anche “amore ai poveri, spirito di comunione e di servizio, competenza nelle materie loro affidate, capacità di discernimento dei segni dei tempi”. Francesco sa che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma spostando l’orizzonte si sposta anche il mare, più in avanti. Lo stile di lavoro, inoltre, diventa “sinodale”. La Chiesa che Francesco vuole è o dovrebbe essere tutta sinodale. La sinodali è l’idea di Chiesa, un’assoluta novità storica, di difficilissima attuazione. Anche la curia deve abituarsi alla sinodalità.

C’è infine, tra i tanti aggiustamenti operativi, accorpamenti e cambi di nome, una novità operativa enorme. La Pontificia Commissione per la tutela dell’Infanzia entra a far parte della Congregazione per la Dottrina della Fede. Questa un tempo era il famoso Sant’Uffizio, che a qualcuno ricorderà i tempi dell’Inquisizione. E un sapore inquisitorio è rimasto a un ufficio chiamato a occuparci di “dottrina della fede”.

Molte condanne, ad esempio quella dei teologi della Teologia della Liberazione, sono state scritte qui. Molte sospensioni sono state decretate da qui. L’emergere della gravissima questione della pedofilia ha visto Francesco istituire per la prima volta di una pontificia commissione che si occupa di tutelare i minori. Questa commissione è andata diverse volte in contrasto con la Congregazione per la Dottrina della Fede. Una volta, ad esempio, la Commissione chiese alla Congregazione di ascoltare le vittime di abusi. La Congregazione rispose che non era suo compito, quell’ascolto spettava alla diocesi dove l’abuso avrebbe avuto luogo. Tecnicamente si capisce. Ma evangelicamente appare molto difficile poter giudicare qualcosa di cui non si può capire la portata e le conseguenze. Ora la Commissione, nella quale siedono anche alcune persone che nella loro vita sono state vittime di abusi, entra a far parte dell’ufficio preposto a tutelare la Dottrina della Fede. Una rivoluzione nella rivoluzione.

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