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Ha il sapore della diplomazia con la D maiuscola la decisione della Kfor di respingere la richiesta di Pristina sull’invio Forze di sicurezza nel nord del territorio, dopo la recente esplosione avvenuta all’acquedotto di Ibar Lepenci, con l’obiettivo di provare a rasserenare gli animi in un fazzoletto di Balcani che non riesce a trovare una quadra. Il generale Enrico Barduani non ha concesso l’autorizzazione, “sulla base della valutazione della sicurezza e delle azioni già intraprese”. Una mossa diplomatica per tentare, evidentemente, di suscitare altre tensioni.

Dopo l’attentato

Le conseguenze dell’attentato al momento sono l’aumento da parte del Kosovo della sicurezza attorno alle infrastrutture “critiche” dopo l’esplosione, mentre la Serbia nega il proprio coinvolgimento nell’esplosione. Ferma condanna dell’attentato è stata espressa dall’inviato Ue Miroslav Lajcak, che con un post su X ha sottolineato la necessità di individuare e punire i responsabili di tale atto di “sabotaggio ai danni delle infrastrutture critiche del Kosovo”. Nelle scorse settimane l’inviato aveva auspicato che una nuova fase negoziale nell’ambito del dialogo sotto l’egida Ue potesse essere avviata entro il mese di dicembre: ma di fatto questo episodio ne frena l’impulso, dopo le difficoltà nate a seguito della mancata applicazione degli accordi di Ocrida.

Non condivide l’idea di puntare il dito contro la Serbia il capo dell’Ufficio governativo serbo per il Kosovo Petar Petkovic, mentre al contempo il ministro degli esteri serbo Marko Djuric ha avuto sul punto una conversazione telefonica con i rappresentanti del gruppo Quint, ovvero Italia, Usa, Germania, Gran Bretagna, Francia.

Nel dibattito si è inserito il premier albanese Edi Rama, che per primo ha denunciato “l’atto di sabotaggio dell’infrastruttura critica per l’approvvigionamento idrico nel canale Iber-Lepenc” definendolo “un crimine grave che mette in pericolo la vita dei cittadini del Kosovo e compromette il processo di normalizzazione delle relazioni nella nostra regione”. E ha aggiunto che “questo atto criminale deve essere indagato e punito il prima possibile, con il sostegno dei partner internazionali”.

La reazione di Usa e Ue

Alle indagini sull’esplosione dell’acquedotto contribuiranno anche gli Usa che al momento non escludono nulla. Gli Stati Uniti “non sono ancora in grado di dire chi si nasconde dietro all’attentato di venerdì”, ha dichiarato l’ambasciatore degli Stati Uniti in Kosovo, Jeff Hovenier, dopo aver incontrato il primo ministro kosovaro, Albin Kurti. “È troppo presto e queste cose richiedono un’attenta indagine. Quello che posso dire è che le istituzioni del Kosovo hanno il nostro sostegno. Inoltre non si può escludere il coinvolgimento di nessun gruppo o Paese. Siamo solidali con il governo del Kosovo”. Il riferimento è, evidentemente, a quei players esterni che avrebbero considerata pericolosa per i propri interessi una nuova stagione di dialogo fra i due Paesi vicini.

Anche l’ambasciatore dell’Unione europea in Kosovo, Aivo Orav, ha condannato l’attacco e ha chiesto l’apertura di un’indagine: “Ho già offerto l’aiuto dell’Ue alle autorità del Kosovo. L’incidente deve essere indagato e i responsabili devono essere assicurati alla giustizia”, ha scritto su X.

Il tema verrà affrontato domani in occasione dell’incontro tra l’alto rappresentante europea per gli Affari europei, Kaja Kallas, e i negoziatori di Kosovo e Serbia a Bruxelles. Secondo la portavoce dell’Ue per la Politica estera, Anitta Hipper, dal 2018 la missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo “non possiede un mandato esecutivo per condurre alcuna indagine, ma sta monitorando la situazione, ed è stata anche presente alle perquisizioni effettuate e per garantire il supporto”, per cui “questo è qualcosa che Eulex e Kfor stanno facendo nell’ambito del loro mandato”.

Sempre domani a Bruxelles il neo presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, ospiterà una cena informale con i leader dei Balcani occidentali alla presenza di Kallas e della commissaria europea all’Allargamento, Marta Kos. Poco prima del desco si svolgeranno una serie di incontri bilaterali con i premier dell’Albania, Edi Rama, Macedonia del Nord, Hristijan Mickoski, Kosovo, Albin Kurti, con il capo dello Stato serbo, Aleksandar Vučić e il presidente di turno della Bosnia-Erzegovina, Željka Cvijanović.

Kosovo-Serbia, perché l'attentato all'acquedotto frena il dialogo

Ferma condanna dell’attentato è stata espressa dall’inviato Ue Miroslav Lajcak, che nelle scorse settimane aveva auspicato l’inizio entro dicembre di una nuova fase negoziale nell’ambito del dialogo sotto l’egida Ue: ma di fatto questo episodio ne frena l’impulso

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