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Siamo finalmente arrivati alla sessione di Bilancio. Vorrei provare a estraniarmi per un attimo dal mio ruolo di parlamentare e di componente della commissione bilancio di un partito di opposizione per un attimo e fare un’analisi da cittadina, innanzitutto. Questa è la mia terza manovra e comprenderà che già sopravvivere agli sbalzi di questa legislatura denota particolare spirito di abnegazione soprattutto per chi, come me, viene dal mondo “civile” con il quale ha mantenuto uno strettissimo legame e nel quale continua a vivere e lavorare indipendentemente dal ruolo politico.

E arriviamo al primo punto. I politici sono oramai slegati dalla realtà. E questo mi pare evidente. Chiunque entri in questo palazzo si autoincensa di autorevolezza (che nella stragrande maggioranza dei casi non ha), e pensa che il mondo, la vita, si esaurisca nei tre giorni di lavori parlamentari. Ebbene tutto questo è tradotto in numeri nella legge di bilancio.

Oggi, più che mai, dovremmo chiederci dove e come vogliamo traghettare il nostro Paese verso il futuro. Perché vede, il futuro arriverà, e quando questo accadrà vorrei che l’Italia fosse pronta ad affrontarne le sfide. Certo, questo è un concetto abbastanza chiaro e abusato da molti quindi vorrei provare a dargli un senso.

In un periodo di congiunture economiche catastrofiche come quello che stiamo vivendo si impone una riflessione sulla capacità della politica di dare risposte concrete. Ma perché ciò sia possibile è importante altresì che la stessa politica si cali nella realtà. E allora se gli atti che vengono promulgati dal Parlamento sono quelli che incidono maggiormente nella vita reale ed esplicano effetti determinanti dovremmo ritrovare all’interno della manovra una visione. Prima ancora dei numeri, prima ancora delle misure, dovremmo leggere fra le righe la visione che questo governo ha non solo in tema di politica economica ma di politica reale.

Perché la visione è quella che si esplica attraverso l’economia. Il modo in cui attuiamo la nostra politica economica è quello che determina il futuro della società. Assistenzialismo o autodeterminazione? Statalismo o autonomia privata? Le politiche economiche attuate da un Paese determinano proprio la scelta fra questi diversi modi di intendere la vita sociale e lo sviluppo di una comunità. E la legge di Bilancio ha dato la chiara la sensazione di una politica assolutamente incapace di prendere decisioni, di decidere una posizione, e di attuarla no matter what. Perché è questo che la politica dovrebbe fare: scegliere, decidere ed attuare.

Vediamo allora perché questa manovra non solo non risolve i problemi attuali ma non ha, a mio avviso, neanche quella visione di futuro che tanto viene decantata nei talk show. La manovra proroga misure vecchie, ma non sceglie in che direzione andare. Solo 1,5 miliardi per la riforma fiscale (o meglio quella che viene raccontata come tale) che, capirete, non sono sufficienti neanche per rendere cogente la riforma Irpef. Secondo punto. Classe media. Una politica economica che si rispetti ha tre canoni di riferimento indefettibili: a chi mi devo rivolgere? Come posso aiutare la classe produttiva del paese? Come posso amministrare nell’interesse di tutti i cittadini, indipendentemente dalle appartenenze politiche?

La visione di futuro che manca nella legge di bilancio. L'opinione di Lucaselli (FdI)

L’intervento di Ylenja Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia e componente della commissione Bilancio della Camera: “Questa manovra non risolve i problemi attuali, proroga misure vecchie, e non sceglie in che direzione andare”

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