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La Commissaria europea per l’energia Kadri Simson ha presentato una toolbox per far fronte all’impennata dei prezzi delle bollette, che in alcuni Paesi Ue sono triplicati da inizio anno. È una serie di linee guida per i singoli Stati, una spiegazione di opzioni esistenti per mitigare la crisi energetica (destinata a peggiorare con l’arrivo dell’inverno) rimanendo nei confini delle regole di competizione europee. E però nel comunicato ci sono i semi di una strategia più ampia.

Le aspettative non erano alle stelle. La settimana scorsa il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, aveva ricordato che può esserci “spazio politico” per una risposta congiunta, ma che “il mix energetico rimane una responsabilità nazionale”. A ogni modo, il dossier energia sarà sul tavolo della riunione del Consiglio che si terrà il 21 e 22 ottobre.

La Commissione parte dal presupposto che il prezzo dell’energia all’ingrosso rappresenti solo un terzo della bolletta, il resto sono importi legati alle politiche dei singoli Stati. Che sul breve periodo possono tagliare tasse e Iva, modificare imposte e sussidiare le industrie particolarmente colpite – temporaneamente, per non sforare le regole sugli aiuti statali.

Nessuna sorpresa: i Paesi che stanno studiando piani di spesa d’emergenza sono almeno venti, Italia inclusa. Da registrare l’avvertimento degli ad di diverse grandi compagnie energetiche, tra cui Enel, che hanno ammonito i governi europei di non intervenire troppo drasticamente sul mercato (come nel caso della tassa sui produttori appena imposta in Spagna) con “misure politiche miopi” che rischiano di minare la fiducia del mercato e deragliare la transizione verde.

Secondo la toolbox i governi possono anche passare misure mirate per aiutare le fasce più povere, tra cui impedire che le compagnie elettriche lascino al buio le famiglie che non sono in grado di pagare le bollette. Forse più illuminante è la possibilità di finanziare vouchers anti-caro-bolletta con i derivati del sistema Ets, ossia il mercato delle emissioni europeo, una misura-perno del piano di decarbonizzazione Fit for 55 (ancora al vaglio del Parlamento europeo) pensata per limitare l’impatto della transizione verde su chi è più vulnerabile.

La questione si fa più interessante sul medio periodo. Simson ha confermato che la Commissione sta studiando l’approvvigionamento comune di gas, una misura caldeggiata da diversi Paesi europei (tra cui l’Italia) che potrebbe garantire all’Ue più potere contrattuale di fronte a grandi fornitori come la Russia, da cui arriva il 40% del metano. La proposta della Commissione sarà presentata entro fine anno, in tempo per la revisione del pacchetto energetico sul gas.

Un’altra richiesta partita da quel fronte e avanzata dal ministro francese Bruno Le Maire era la revisione del mercato dell’elettricità europea. Al momento, spiega Politico Europe, “la fonte di energia più costosa utilizzata per soddisfare la domanda totale determina il prezzo per l’intero mercato”, cosa che secondo Le Maire svantaggia i francesi. Qui niente da fare, la Commissione pensa che il sistema sia ancora valido – e necessario per favorire la transizione verde.

Su questo si giocano le misure a lungo termine. La linea della Commissione è invariata: tanto più aumenterà il ricorso all’energia rinnovabile, tanto meno i cittadini saranno esposti alle fluttuazioni dei combustibili fossili e degli idrocarburi (come il gas, che ha sfiorato un aumento del 400% di recente).

Direzione lodevole ma poco utile per il qui e ora, dove una combinazione letale di fattori strettamente collegati alla rivoluzione energetica – tra cui l’attuale inadeguatezza della produzione di energia rinnovabile e la corsa globale per procacciarsi il gas, risorsa chiave per il periodo di transizione – si tramuta in stangata sulle bollette.

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