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Marta Cartabia è atterrata nella serata di domenica a Washington. La ministra della Giustizia, presidente emerita della Corte costituzionale e già visiting professor in diversi Paesi tra cui proprio gli Stati Uniti, è impegnata in un viaggio di tre giorni oltre Atlantico. Nelle scorse settimane a Washington, prima e dopo la visita a Roma del presidente Joe Biden per il G20, erano arrivati Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, e Roberto Fico, presidente della Camera dei deputati – a dimostrazione del feeling tra l’amministrazione statunitense e il governo italiano guidato da Mario Draghi.

L’AGENDA

Lunedì il ministro Cartabia incontra il suo omologo, l’Attorney general Merrick Garland, a cui a giugno aveva inviato una lettera sul caso di Chico Forti, condannato per omicidio nel 2000 negli Stati Uniti all’ergastolo e attualmente recluso in un penitenziario della Florida. Ormai quasi un anno fa il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva annunciato, ringraziando l’allora segretario di Stato americano Mike Pompeo, che il suo rientro in Italia – non ancora avvenuto – per finire di scontare la pena.

Martedì un’occasione di confronto con la politica americana per la ministra: vede, infatti, il democratico Bill Pascrell e il repubblicano Mark Amodei, che assieme presiedono la commissione bicamerale e bipartisan Italian American Congressional Delegation. Nel pomeriggio incontra John Roberts, da 16 anni – e con quattro presidenti diversi – alla guida della Corte Suprema.

Mercoledì è a New York. Dopo la visita alla scuola Guglielmo Marconi, che a Manhattan offre corsi bilingue dall’asilo nido alle superiori, e un altro evento per illustrare la riforma della giustizia, va – anzi, torna – alla New York University per un evento formato “Fireside Chat”. Ha già partecipato ad alcuni di questi incontri. Come nel 2018, quando era vicepresidente dalla Corte costituzionale, per parlare di Unione europea. Questa volta sarà con i professori Joseph Halevi Weiler e Grainne de Burca per un evento dal titolo “From Constitutional Law Adjudication to Constitutional Law Administration”.

LA GRANA ITALYGATE

Nelle ore dell’arrivo a Washington della ministra Cartabia, Repubblica ha anticipato alcuni dettagli del libro “Betrayal” del giornalista Jonathan Karl di Abc News. Il Pentagono, per ordine diretto della Casa Bianca di Trump, avrebbe indagato sull’Italia, sospettata di aver truccato le elezioni presidenziali dell’anno scorso a favore di Biden. “Resta solo da capire quanto sia andata a fondo l’inchiesta e cosa ne sapesse il governo di Roma, allora guidato da Giuseppe Conte, che in precedenza aveva dato al segretario alla Giustizia [William] Barr un accesso inusuale ai vertici dei nostri servizi di intelligence, per investigare le origini del Russiagate”, continua il giornale diretto da Maurizio Molinari. Il riferimento è al cosiddetto ItalyGate, teoria del complotto alimentata sui social media legati a QAnon che porterebbe al colosso della difesa Leonardo, i cui satelliti sarebbe stati usati per truccare i voti, durante il trasferimento per la conta.

Secondo una fonte del giornalista statunitense, l’addetto militare dell’ambasciata statunitense a Roma avrebbe interrogato Arturo D’Elia e Antonio Rossi, arrestati dalla procura di Napoli con l’accusa di avere trafugato 10 gigabyte di dati e informazioni dal gruppo Leonardo. “Non ho trovato una seconda conferma e quindi non posso darlo per certo”, ha spiegato Karl a Repubblica. “Se così fosse, bisognerebbe capire quale autorità italiana aveva consentito la visita in prigione, e perché”, osserva il quotidiano. Poi, dopo aver raccontato i manifesti con la scritta “Italy Did It” esposti il 6 gennaio durante le violenze della piazza pro Donald Trump a Capitol Hill, la preoccupazione dell’ambasciata italiana a Washington con tanto di rafforzamento delle misure di sicurezza e il possibile rientro negli Stati Uniti dell’ambasciatore Lewis Einseberg per “un problema di protezione personale legata a questa vicenda”, Repubblica chiosa con una frecciata al governo di Giuseppe Conte che aveva nel generale Gennaro Vecchione un fedelissimo a capo dei servizi segreti: “Ora resta solo da capire quanto sapesse il governo italiano, e fino a che punto si è spinto per assecondare questa follia”.

CON UN PENSIERO AL QUIRINALE

Liliana Segre, Rosy Bindi, Maria Elisabetta Casellati, Paola Severino, Roberta Pinotti, Anna Maria Tarantola, Emma Bonino e… Marta Cartabia. Diverse le ipotesi, più o meno realizzabili, per il primo presidente della Repubblica donna dopo Sergio Mattarella, che molto stima la Guardasigilli e che a inizio 2022 lascerà il Quirinale (e non sembra disposto a concedere un bis, neppure breve). Titolava oggi un editoriale di spalla sulla Stampa, firmato da Montesquieu, pseudonimo di Mauro Zampini, ex segretario generale della Camera: “È venuta l’ora di una donna al Quirinale”.

Nei giorni scorsi il Corriere della Sera ha raccontato che una delle riserve della Repubblica, Giuliano Amato, non si vede in corsa. Ma l’ex presidente del Consiglio, oggi presidente onorario dell’Aspen Institute Italia e già al timone del Centro Studi Americani, che nella sua lunga carriera accademica ha tenuto seminari anche alla New York University ed è professore emerito all’istituto universitario europeo di Fiesole (dove Cartabia ha conseguito il dottorato di ricerca in legge sotto la supervisione di Bruno de Witte, coautore di alcuni scritti con lo stesso Amato), “una preferenza dice di avercela già, ed è una donna”, riporta il quotidiano. E tutti gli indizi sembrano portare proprio alla ministra Cartabia, sua compagna di banco alla Corte costituzionale.

Chissà che il tema Quirinale non spunti anche nei colloqui di Cartabia oltre Atlantico visti gli interessi da entrambe le parti del tavolo…

Quirinale, ItalyGate e riforma della giustizia. Cartabia negli Usa

Dopo le nuove indiscrezioni sulle indagini dell’amministrazione Trump in Italia (epoca governo Conte) sul presunto complotto internazionale per rovesciare l’esito delle presidenziali, la ministra della Giustizia è in visita a Washington e New York. Incontrerà l’Attorney general Garland (sul tavolo anche il caso Chico Forti) e il presidente della Corte suprema. Nei giorni scorsi Amato ha confidato al Corriere di avere un nome per il post Mattarella, ed è donna…

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