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Risoluzione dei dossier prima che scogli e inciampi ideologici e polemici. Dal vertice UE-Balcani occidentali andato in scena ieri a Brdo in Slovenia può nascere una nuova consapevolezza: certamente con disincanto, visti i ritardi e i problemi logistici fatti registrare su una serie di temi pregnanti come allargamento, energia e geopolitica. Ma al contempo con quel pragmatismo asciutto che sta caratterizzando l’agenda Draghi a Palazzo Chigi: dossier prima che polemiche. Al centro del vertice il ritiro della Nato dall’Afghanistan, l’accordo sui sottomarini tra Usa, Regno Unito e Australia, la nuova geografia politica dei Balcani interessati ad una maggiore prossimità con l’Ue e ovviamente i riflessi geopolitici del dossier energetico.

ALLARGAMENTO

Allargamento sì, come strategico tratturo da tempo imboccato dall’Ue, ma nella consapevolezza che vanno rimossi gli ostacoli (politici, burocratci e ideologici) che permangono. Le relazioni tra Ue e Balcani sono ad un curvone determinante, non fosse altro che per imminenti questioni geopolitiche come l’energia, gli investimenti in loco (anche italiani) e la peculiare capacità di Roma di interagire con tutti gli Stati del costone balcanico dove la Germania da tempo ha messo in campo azioni concrete. 

Per cui da un lato i leader dell’Ue hanno proclamato il loro sostegno a sei nazioni dei Balcani occidentali per unirsi all’Unione, mentre dall’altro non hanno celato i ritardi sul processo di ingresso. Un passaggio sottolineato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel: “Non è un segreto, c’è una discussione in corso tra i 27 sulla nostra capacità di assumere nuovi membri. Su questo argomento è chiaro che dobbiamo ancora fare dei progressi”. Senza dimenticare il Kosovo, altro player regionale significativo il cui primo ministro, Albin Kurti, ha teuto a far sapere di voler accogliere con favore la dichiarazione di oggi ma “con alcune riserve”.

FRENO

Il tema legato all’annessione di Macedonia del Nord e Albania registra i sopraccigli alzati della Bulgaria, nonostante il via libera di Bruxelles. Il nodo, come è noto, verte su conflittualità di carattere storico e linguistico che tocca, di riflesso, anche il processo albanese, connesso a quello macedone. Secondo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen “prima di tutto, i Balcani occidentali fanno parte della stessa Europa dell’Unione europea, condividiamo la stessa storia, gli stessi interessi, gli stessi valori e, ne sono profondamente convinta, anche lo stesso destino. E l’Unione Europea non è completa senza i Balcani occidentali”.

G20

E’ chiaro che il vertice sloveno di ieri è stato in qualche modo anche propedeutico e preparatorio all’altro grande appuntamento di questo autunno, ovvero il G20 romano di fine ottobre che precederà, tra le altre cose, anche il vertice sulla Libia del prossimo 12 novembre. Draghi ne ha ieri discusso a margine con il presidente francese Emmanuel Macron (che ha appena stretto un’alleanza con la Grecia alla voce difesa), un’occasione per i due leader (come osservano fonti diplomatiche) di discutere i temi che saranno sul tavolo del G20, come i vaccini, la solidarietà con l’Africa, la Libia con un obiettivo preciso che si staglia dinanzi a Roma, Parigi e Berlino: procedere tramite uno strettissimo coordinamento che bypassi ritardi e incertezze.

Non è un mistero che il tema energetico, pur non citato apertamente, sia direttamente connesso alla regione balcanica e a quella euromediterranea, intrecciandosi con i destini di paesi e governi che si affacciano sul mare nostrum, come Turchia, Cipro, Grecia, Egitto e Israele senza dimenticare i big players geograficamente più lontani (come Russia e Cina) ma che però hanno precise influenze nella zona.

GEOPOLITICA

“L’Alleanza Atlantica sembra meno interessata all’Europa e ha spostato l’attenzione su altre parti del mondo”, ha aggiunto Draghi in occasione del vertice sloveno, aggiungendo che la difesa comune dell’Ue non indebolirebbe la Nato, come affermato dal Segretario generale Jens Stoltenberg, ma sarebbe complementare ad essa e “rafforza Nato ed Europa”.

Sul dossier afgano ha osservato che “il ritiro dall’Afghanistan, nel modo in cui è stato deciso, comunicato ed eseguito, e il cambio di opinione riguardo al contratto tra Australia e Francia per la fornitura di sottomarini nucleari, scartati per sottomarini prodotti dall’America – e qui non mi riferisco solo alla sostanza, ma anche il modo in cui è stata comunicata – sono due messaggi molto forti, che ci dicono che la NATO sembra meno interessata all’Europa dal punto di vista geopolitico e alle zone di interesse dell’Europa, e ha spostato le sue aree di interesse in altre parti del mondo”.

Un’accelerazione programmatica, quella di Draghi, che ha parlato da leader comunitario in pectore, mettendo l’accento sul fatto che per fare progressi in difesa l’UE ha bisogno di una politica estera più coesa e unificata: “Si sente molto parlare di autonomia strategica in difesa ma se non c’è una politica estera comune è molto difficile pensare a una difesa comune. Si può arrivarci in due modi: uno è all’interno dell’Unione Europea, e se non funziona ci si può arrivare nel modo tradizionale, con alleanze tra Paesi, più Paesi dell’Unione Europea. È chiaro che il primo modo per farlo è di gran lunga preferibile. Senza dubbio è arrivato il momento di pensarci e di pensarci seriamente”.

@FDepalo

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