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La tregua più attesa, la più insperata. Ue e Stati Uniti hanno trovato un accordo per allentare le tariffe sulle esportazioni di acciaio e alluminio.

A dare l’annuncio durante il G20 di Roma la Segretaria americana al Commercio Gina Raimondo e il Commissario Ue al Commercio Valdis Dombrovskis. I dettagli dell’intesa saranno presentati in una conferenza stampa del presidente americano Joe Biden e della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen questa domenica.

Cade così una delle misure più distintive dell’era trumpiana. Secondo Bloomberg, l’accordo permetterà l’eliminazione delle rispettive tariffe su 10 miliardi di dollari di export all’anno. Si tratterà, ha spiegato Raimondo ai cronisti, di una sospensione “limitata”. Le tariffe imposte tre anni fa dall’amministrazione Trump e le contro-tariffe con cui ha risposto l’Ue rimarranno infatti in vigore. Ci saranno però alcune esenzioni che dovrebbero permettere di abbassare i prezzi delle materie prime.

Quelli dell’alluminio sono più che triplicati nello scorso anno, toccando il record di 1900 dollari a tonnellata. Complice la pandemia e lo stress delle supply chain dovuto all’emergenza sanitaria. Nel giugno 2018 l’allora presidente Donald Trump annunciava l’imposizione di una tariffa del 25% sull’export di acciaio dell’Ue e una del 10% su quello di alluminio per ragioni di “sicurezza nazionale”.

Dietro la decisione, che allora provocò dure reazioni fra gli alleati europei e la contro-risposta di Bruxelles, si celavano anche e soprattutto ragioni di consenso interno e una missione: creare posti di lavoro nel manifatturiero. Compiuta solo in parte, a leggere i dati del Bureau of Labor Statistics: il lieve aumento di lavoratori nel settore, giunti a quota 389.100 nel 2019, è stato spazzato via dalla pandemia un anno dopo.

Le tariffe sui metalli importati dall’Europa restano comunque una politica popolare per le aziende americane del settore e soprattutto e per i sindacati. E infatti il patto annunciato dagli Stati Uniti dovrà rispettare precise condizioni. Si parte dalla sicurezza nazionale: l’alluminio e l’acciaio europei esentati dalle tariffe della “Sezione 232” dovranno essere prodotti interamente in Ue. Una precauzione per evitare di aprire un salvacondotto anche per l’export della Cina e di altri Paesi extra-comunitari.

L’accordo, ha detto il Consigliere per la sicurezza nazionale Usa Jake Sullivan, mette nel mirino “sia la sovrapproduzione cinese che le emissioni di carbonio del settore”, e dimostra “che possiamo risolvere la crisi climatica e al contempo proteggere meglio i nostri lavoratori”. Cala così il sipario su una politica-chiave dell’era Trump. I negoziati si erano infittiti all’inizio di questa estate, a giugno, quando la von der Leyen ha annunciato la sospensione della seconda tranche di contro-tariffe europee (la prima aveva già colpito 2,8 miliardi di euro in esportazioni dagli Stati Uniti). Poi la conferma di uno spiraglio, durante il G20 Commercio a Sorrento, da parte di Dombrovskis e della Rappresentante Usa al Commercio Katherine Tai.

Sulla tabella di marcia però non c’è da farsi illusioni: il riavvicinamento sarà lento e graduale. Le tariffe Usa rimangono infatti un tassello-chiave della politica di contenimento cinese: Pechino da sola ha in mano più della metà della produzione mondiale. Ma sono anche determinanti sul piano politico. Acciaio e alluminio sono al centro della produzione industriale di alcuni degli Swing-States, come la Pennsylvania, che hanno dato la volata a Biden nella corsa alle presidenziali lo scorso novembre.

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