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Per fortuna il tentativo della “vecchia politica” è stato respinto. Voleva, in qualche modo, rimettere indietro le lancette dell’orologio. Estromettere dalle proprie fila un alieno, rispetto alle tradizionali liturgie del solito teatrino. Costringere il presidente del Consiglio, Mario Draghi, se non proprio a gettare la spugna, almeno a subire un processo di normalizzazione. Come? Togliendoli dal Quirinale quel sostegno politico, che aveva segnato il suo viatico istituzionale. Dopo gli anni trascorsi negli ovattati salotti della finanza internazionale.

Quel disegno, nel nome di un ritrovato primato, non è riuscito. Ma il tentativo è stato fin troppo insidioso. Al punto da legittimare strategie ambigue e scarsamente trasparenti come quella di indicare, vista l’impossibilità di trovare un politico adeguato, un tecnico da contrapporre all’ex presidente della BCE. Perché l’importante era demolire l’asse “Palazzo Chigi-Quirinale”, nella confusa riproposizione di pulsioni populiste e sovraniste, seppure inspiegabilmente avallate dallo stesso PD.

Avrebbe invece perso Mario Draghi, come pure è stato detto, deciso a lasciare Palazzo Chigi, per raggiungere il colle più alto della città? Sarà pure così. Ma nella famosa conferenza stampa di fine anno, tra i tanti ammiccamenti, una condizione era stata posta con forza da parte del premier. Il Presidente della Repubblica – aveva detto – doveva essere eletto dalla stessa maggioranza che stava sostenendo il suo governo. Pena la rottura di un equilibrio e la conseguente caduta dello stesso Esecutivo.

E così é stato, altro che gossip e pettegolezzi. La verità è che di fronte a politici apparentemente consumati, che hanno portato allo sbaraglio i propri associati, è prevalsa, invece, l’idea di difendere la necessaria continuità istituzionale. Grazie anche al supporto ed all’azione impensabile della maggior parte dei “senza terra”: di quei backbencher (parlamentari senza incarichi) che, operando contro le indicazioni dei rispettivi leader, sono stati gli artefici veri del bis di Sergio Mattarella.

Tutto bene, quindi? Al contrario. Ma le difficoltà non deriveranno dalle reazioni delle vecchie élites politiche, costrette, come saranno, ad elaborare il lutto e meditare sulle sconfitte subite, ma dalla complessità di una situazione economica e finanziaria che si preannuncia difficile: sia sul piano interno che su quello internazionale. Ed alla quale bisognerà far fronte. Ma come? Con più governo o con più politica? Con più decisioni, tecnicamente fondate o brillanti dibattiti parlamentari sui massimi sistemi?

E quale sarà la reazione dei backbencher di fronte ai rischi incombenti? Seguiranno le indicazioni dei loro capi e capetti, oppure – come accadde alla Dc di Gerardo Bianco – pretenderanno concretezza nelle eventuali reazioni, al fine di non aggravare la situazione? Come si vede le incertezze sono tante. Ma ci sono anche elementi di conforto: a partire dalla forte ripresa economica dell’anno appena trascorso. Lunedì l’Istat fornirà i dati definitivi sulla crescita del Pil 2021. Sarà seconda solo a quella francese. Fin da adesso, poi, si conoscono elementi che lasciano ben sperare.

L’ultimo Bollettino economico di Banca Italia ci dice che lo scorso novembre l’attivo della bilancia dei pagamenti era ancora più che consistente. Nonostante la pandemia, e la compressione dei ritmi di crescita del commercio mondiale, il surplus era pari a 53,9 miliardi di euro. In linea con i successi conseguiti a partire dal 2014. Tant’è che il nostro credito (credito e non debito) nei confronti con l’estero aveva raggiunto “alla fine dello scorso settembre” (sempre il Bollettino) i 105,8 miliardi di euro, pari al 6,1 per cento del PIL. Con un miglioramento in soli tre mesi, (giugno 2021) di ben 12,1 miliardi.

È la dimostrazione del fatto che non si deve continuare ad evocare solo il dato del debito pubblico italiano. Occorre, invece, spiegare ai mercati il gioco delle luci e delle ombre, che caratterizzano la realtà del Paese. Ma chi è più in grado di compiere questa missione? Forse, con tutto il rispetto, il duo Conte-Casalino? Oppure l’ex presidente della Bce, la cui autorevolezza è riconosciuta a livello mondiale e, la cui presenza, dà forza alla politica italiana?

La vittoria di Draghi e dell'economia italiana. Scrive Polillo

Occorre spiegare ai mercati il gioco delle luci e delle ombre, che caratterizzano la realtà del Paese. Ma chi è più in grado di compiere questa missione? L’ex presidente della Bce, la cui autorevolezza è riconosciuta a livello mondiale e, la cui presenza, dà forza alla politica italiana

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