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Il prossimo flagello del comparto automotive probabilmente sarà l’alluminio. A lanciare l’allarme è il Financial Times, che evidenzia l’importanza del magnesio nella produzione della lega metallica – essenziale per la costruzione di un’auto  – e percorre la catena di produzione a ritroso fino alla Cina, dove la produzione è ridotta per via di un problema familiare: la crisi energetica.

A monte di tutto ci sono vari fattori, tra cui l’incamminarsi di molti Paesi sulla strada della transizione ecologica (con tanto di tasse su carbone e petrolio e mercati di emissioni) e la corsa al gas naturale che ne è derivata, con l’aumento vertiginoso dei prezzi degli idrocarburi. Questo ha avuto ripercussioni pesantissime sui settori industriali più energivori, tra cui quello dell’alluminio.

La Cina – che è nel mezzo di una crisi elettrica e si è già trovata costretta a limitare il consumo di elettricità – produce l’87% del magnesio al mondo. Gran parte viene dalla città di Yulin, provincia dello Shaanxi, dove un mese fa le autorità locali hanno ordinato a 35 fonderie su 50 di sospendere la produzione fino a fine anno e imposto alle restanti di dimezzare l’output.

Il magnesio richiede moltissima energia per essere processato e inizia a ossidarsi nel giro di tre mesi. Dunque, scrive FT,  le riserve europee di magnesio potrebbero raggiungere un livello critico prima di fine anno se la Cina non aumenta la produzione. Gli investitori se ne sono accorti e il prezzo del magnesio in Ue è aumentato del 75% rispetto a settembre fino a oltrepassare i 9.000 dollari per tonnellata – un record.

Le associazioni di categoria credono che le scorte di magnesio si esauriranno entro fine novembre. A fine settembre il consorzio European Aluminium ha chiesto all’Ue e ai governi nazionali di lavorare “urgentemente” con i partner cinesi, cogliendo l’occasione di ricordare che l’industria europea è dipendente al 95% dalla Cina per via del dumping subito da Pechino negli anni, cosa che ha portato alle ultime chiusure di stabilimenti europei nel 2001.

“L’attuale carenza di approvvigionamento di magnesio è un chiaro esempio del rischio che l’Ue corre rendendo la sua economia interna dipendente dalle importazioni cinesi”, ha affermato l’ente, aggiungendo che la strategia europea sui metalli industriali deve essere rafforzata. Il magnesio è già presente nell’elenco delle materie prime critiche dell’Ue, ma ora è un po’ tardi per piangere.

“Nella catena di produzione, il 35% della domanda downstream di magnesio è costituita da lamiere per auto, quindi se la fornitura si interrompe l’intera industria automobilistica sarà potenzialmente costretta a fermarsi”, ha detto Amos Fletcher, un analista di Barclays sentito da FT. Il problema è sentito anche negli Stati Uniti, dove i produttori stanno rivedendo i loro processi per recuperare quanto più magnesio possibile, ha spiegato Fletcher.

Data l’estrema importanza del magnesio per diversi comparti cinesi, ci si aspetta che la Cina torni ad aumentare la produzione molto presto. Tuttavia il problema getta una luce tagliente sulla fragilità delle catene di produzione odierne. E le riserve di magnesio non sono le uniche a scarseggiare; tra tutte, il prezzo del rame alla London Metal Exchange non è lontano dal picco record dello scorso maggio (12.747 dollari per tonnellata) e le riserve sono bassissime sia in Ue che in Cina.

“Molti operatori continuano a chiedersi il motivo per cui i prezzi delle materie prime salgono pur a fronte di un rallentamento della crescita mondiale”, ha scritto Giancarlo Torlizzi, fondatore di T-Commodity, su Twitter. “Semplice: è l’effetto delle politiche climatiche”. Il filo rosso tra piani di transizione ecologica, fluttuazioni dell’energia e impatto sulle catene di produzione è sempre più evidente, ed è certo che questi argomenti domineranno la riunione del Consiglio d’Europa in agenda per giovedì.

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