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La Corte di Cassazione a Sezioni riunite ha emesso una sentenza di ampia portata sulla nostra convivenza. Giudicando su una controversia tra una scuola pubblica di Terni che ha imposto di appendere il crocifisso in un’aula e un insegnante che non voleva far lezione con quell’arredo, la Corte ha stabilito che non è obbligatorio esporre il Crocifisso in un’aula della scuola pubblica e che “in ogni caso va ricercato un ragionevole accomodamento tra posizioni difformi”.

Infatti la norma richiamata dalla dirigenza scolastica nella circolare che disponeva l’esposizione del crocifisso, era non “conforme al metodo di una comunità scolastica dialogante che ricerca una soluzione condivisa nel rispetto delle diverse sensibilità”. Questo perché il regolamento di un secolo fa – la sola norma esistente in materia – va interpretato secondo la Costituzione. E la Costituzione all’art.3 prescrive che ogni cittadino sia eguale dinanzi alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Questa decisione ­– che dopo più di dieci anni ha tolto le sanzioni allora erogate al docente – fa compiere un grosso passo avanti a quei principi di convivenza laica fondata sul cittadino, che la parte clericale del mondo cattolico è sempre pronta ad aggirare anteponendo l’autorità. Ma al tempo stesso è una riprova di come sia irrinunciabile un continuo impegno dei cittadini liberi perché la concezione dello Stato laico non è pacificamente attuata nella nostra Repubblica, tuttora pervasa di conformismo clericale.

Di fatti, anche questa sentenza della Corte di Cassazione non ha effettivamente risolto la questione in esame. Non definisce cosa avviene quando si verifica la materiale imposizione del Crocifisso da parte di uno zelante dirigente scolastico clericale, nonostante non esistano le norme per farlo e senza applicare l’indirizzo della Corte. In pratica, resta indefinita la procedura di quel ragionevole accomodamento previsto nella sentenza. Che è una procedura di sicuro opportuna nella convivenza plurale. Ma che di sicuro non si può fingere venga davvero applicata. Una larga fetta della burocrazia scolastica, a parole afferma che l’esposizione del crocifisso non è impositiva, ma poi la pretende anche quando alcuni degli astanti non l’accettano. Così i clericali alimentano la diffusione dell’idea conformista secondo cui esisterebbe ancora la religione di tutta l’Italia.

Questa sentenza della Cassazione è l’ennesima riprova che la libertà di autodeterminazione del cittadino richiede un continuo, forte impegno civile dei laici per far sì che vengano davvero attuati nella convivenza i principi della laicità istituzionale, al tipico fine di migliorare le condizioni di vita nel tempo che scorre.

Perché la Cassazione sul crocifisso in aula sancisce un principio laico

Di Pietro Paganini e Raffaello Morelli

La Corte ha stabilito che non è obbligatorio esporre il crocifisso in un’aula della scuola pubblica e che “in ogni caso va ricercato un ragionevole accomodamento tra posizioni difformi”. L’impegno dei cittadini per tutelare i principi della laicità istituzionale nel commento di Pietro Paganini e Raffaello Morelli, Competere

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