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Il dramma dell’Afghanistan non è solo umanitario e geopolitico, ma anche economico e chissà se anche finanziario. Il traumatico addio delle truppe americane dopo 20 lunghi anni di presenza nel Paese asiatico dilaniato negli anni 80 dalla guerra contro l’allora Unione Sovietica e il conseguente ritorno dei talebani al potere, potrebbero lasciare ferite profonde nell’economia domestica e globale. Ne sono più che convinti gli analisti del Credit Suisse, una delle principali banche d’affari del mondo, che proprio in questi giorni ha redatto un report dedicato all’impatto del nuovo corso politico post ritirata statunitense nel Paese sull’economia.

NUOVI RAPPORTI DI VICINATO

Tanto per cominciare, l’addio delle truppe Usa dall’Afghanistan non potrà che acuire ulteriormente le tensioni con quei Pesi dirimpettai, come India e Pakistan, dal momento che in passato l’India ha sostenuto il precedente governo afghano mentre il Pakistan ha fornito sostegno ai talebani. Inoltre secondo gli analisti della banca elvetica, Cina, Russia e Turchia, sono i Paesi considerati posizionati meglio per contenere l’instabilità in Asia centrale e per intrattenere relazioni commerciali con l’Afghanistan guidato dai talebani, che in cambio non dovrebbero più sostenere le forze destabilizzanti in quei paesi.

CINA MON AMOUR

Ma c’è uno spettatore pronto a scendere in campo e a trarre profitto dalla crisi afgana. La Cina, ostaggio del debito pubblico e in piena crisi demografica, alla ricerca di nuove sponde per una via della Seta mai come oggi a rischio sgretolamento, complice la pandemia e le difficoltà finanziarie di molti Paesi destinatari dei prestiti concessi dalle banche di Pechino. Ora, gli esperti della banca svizzera ritengono che in questo scenario i talebani abbracceranno il pragmatismo commerciale della Cina rispetto all’idealismo religioso: insomma, prima gli affari e poi la fede. Pertanto il peso della Cina è destinato ad aumentare in Asia.

D’altronde la Cina ha un interesse alle terre rare e ai minerali afgani e vuole dimostrare che il potere americano è finito e vuole anche sostituire l’India che finora aveva fornito i sistemi scolastici e sanitari all’Afghanistan. Si prevede che Russia e Cina costruiranno assieme una linea di comunicazione dal Kazakhstan, attraverso l’Afghanistan, fino al porto di Gwadar in Pakistan, tagliando da Nord a Sud il continente asiatico.

A TUTTA DIFESA

Non è finita. Ci saranno impatti notevoli anche sui fronti più industriali e non solo afgani. Secondo il Credit Suisse, dal momento che la crisi in Afghanistan aumenterà i rischi geopolitici a livello globale, i Paesi di tutto il mondo rispondano con un aumento significativo della spesa per la difesa e la sicurezza sia in armi convenzionali e sistemi di difesa, sia in sofisticate tecnologie per la sicurezza informatica, droni e sistemi di sorveglianza.

Non bisogna mai dimenticare, ricordano gli economisti del Credit Suisse, che i crescenti deficit di bilancio a seguito dell’emergenza Covid hanno offuscato le prospettive di spesa per la difesa. Ma ora gli analisti ritengono che l’aumento dei rischi geopolitici globali di cui sopra potrebbe portare qualche opportunità alle società del settore.

LA SPONDA AMERICANA

Ma gli sviluppi in Afghanistan sono destinati ad influenzare anche il panorama politico Usa in vista delle elezioni di medio termine del 2022, con un probabile nuovo spostamento dei voti a favore dei repubblicani. Le polemiche contro Joe Biden per il disimpegno in Afghanistan soffiano ancora forte sulla Casa Bianca, la quale si appresta a combattere anche un’altra battaglia non meno facile di questa: l’innalzamento del tetto del debito federale, necessario per finanziarie i piani pandemici dell’amministrazione democratica.

Dal Credit Suisse ritengono che il tetto sul debito pubblico Usa autoimposto dal Congresso dovrà essere alzato in autunno. Un accordo potrebbe passare senza alcun sostegno repubblicano. Ma molto dipenderà anche dalla capacità di smaltire le critiche a Biden. Proprio sull’Afghanistan.

 

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