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Monte dei Paschi, si riparte. Non è passata davvero inosservata la fiammata del titolo Mps in Borsa che, dopo aver toccato il picco del +30%, ha ripiegato su un non meno sonoro +16,7%. Che cosa è successo? Molto semplice, a oltre un mese dalla traumatica rottura delle trattative con Unicredit e il successivo ritorno del Tesoro azionista al 64% di Siena in plancia di comando, sono cominciati i colloqui esplorativi per arrivare a una proroga dei termini per il disimpegno del Mef e la cessione della parte sana di Siena. Quella cioè sgravata dai costi legali (6 miliardi), dalle sofferenze e con le filiali del Sud messe in pancia al Mediocredito Centrale.

Il sì di Bruxelles alla proroga è però condizionato a un altro disco verde, decisamente meno scontato, quello al piano industriale per la ricapitalizzazione della banca più antica del mondo. E dovrà essere un piano convincente. Tradotto, la Commissione europea concederebbe più tempo al governo per condurre in porto la cessione, solo a fronte di un piano sostenibile e in linea con i bisogni di Mps.

E dunque, una separazione dei passivi dagli attivi, la cessione dei crediti deteriorati alla società del Mef Amco e da una razionalizzazione di filiali e dipendenti affiancata da un rafforzamento patrimoniale da circa 3 miliardi di euro, 3,5 al massimo, la quinta ricapitalizzazione in 13 anni. Tra le ipotesi sul tavolo, come scritto dal Messaggero, ci sarebbe poi quella di un rinnovo del board con l’arrivo di un nuovo ceo, al posto di Guido Bastianini, magari Victor Massiah, l’ex ad di Ubi Banca.

La partita per Mps, chiariscono ambienti vicini al dossier a Formiche.net, è in realtà più politica che finanziaria. All’attuale governo, sempre che non ci siano terremoti anticipati, andrebbero benissimo 18 mesi di proroga, per cercare di chiudere i giochi entro la primavera del 2023, quando cioè scadrà la legislatura. Sarebbe proprio quella, viene raccontato, la linea rossa dell’esecutivo. Risanare e uscire da Mps prima della fine della legislatura eviterebbe l’ingresso del tema banche nella campagna elettorale, avvelenando non poco il clima. E poi Mario Draghi non ha alcuna intenzione di lasciare i conti aperti con l’Europa con cui l’Italia, giova sempre ricordarlo, ha pattuito l’addio dello Stato a Siena, presto o tardi.

Non è tutto. Gli stessi ambienti confermano quanto scritto giorni fa da Formiche.net e cioè che sarà proprio Unicredit a risedersi al tavolo delle trattative con il Tesoro. E questo nonostante il ceo Andrea Orcel abbia chiarito in audizione in parlamento che la banca non è più interessata al Monte dei Paschi. In realtà, viene detto, Unicredit è l’unico candidato naturale per prendersi Siena. Lo è oggi e lo sarà domani.

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