Skip to main content

Medio Oriente senza petrolio? Potrebbe essere questo il titolo del saggio con cui La Civiltà Cattolica ci porta nel complesso groviglio delle scelte economiche e strategiche di alcuni soggetti decisivi, a partire dalle petro-monarchie del Golfo e la Turchia.

E proprio sulla Turchia di Erdogan viene il contributo più importante e chiaro del saggio firmato da padre Giovanni Sale che coglie perfettamente la manovra a tenaglia del leader turco e il senso del suo “neo-ottomanesimo”.

Padre Sale lo riassume con maestria indicando da una parte la necessità erdoganiana di assicurare alla sua Turchia il controllo di importanti risorse energetiche che non ha con il suo intervento militare e miliziano in Libia e soprattutto con l’intricata firma con Tripoli sui confini marini che espandono l’area di Ankara dandogli il vantaggio di future esplorazioni subacquee ma creando anche le condizioni di future contese belliche, essendo quelle acque contese e rivendicate anche da altri Paesi.

Ma ogni espansionismo, territoriale o energetico, ha bisogno di un’ideologia, e qui l’articolo coglie con precisione la scelta del leader turco di lanciare una sorta di Offerta di Pubblico Acquisto sul mondo arabo sunnita, allo sbando per le guerre che lo devastano in Siria, Libano, Yemen, Iraq, Libia e ancora. Questa che qui chiamiamo Offerta Pubblica d’Acquisto è l’offerta di un’illusione di nuovo protagonismo sotto la guida turca, in realtà animata da un nazionalismo che non ha nulla di ottomano, ma presentata come pan-sunnita con la grande operazione d’immagine della islamizzazione di Santa Sofia.

Sensibile ai miti, il mondo arabo-sunnita troverebbe in Erdogan e nel suo “tempio” il simbolo di un riscatto vincente davanti a tanti malesseri. La tesi non è nuova, ma illustrata da una prestigiosa rivista cattolica acquista maggiore rilievo perché dimostra la capacità di cogliere l’uso politico della religione e dei suoi simboli da parte di un leader che la sa usare sapientemente anche in virtù di malesseri che lui stesso contribuisce a creare e che sfrutta nel nome di un nazionalismo celato ma che sa essere la sola ricetta in grado di fargli sperare di uscire vittorioso dalle difficilissime elezioni che lo attendono tra poco più di un anno. Erdogan usa infatti l’ossessione anti curda del nazionalismo turco con intenti tutt’altro che “islamici”. L’articolo così fa arrivare benissimo a cosa sia il neo-ottomanesimo di Erdogan: non ha nulla a che fare con la natura cosmopolita e multi-religiosa dell’impero, casomai con la sua storia di colonizzazione del mondo arabo.

L’altro aspetto trattato dal saggio è la scelta saudita davanti al riassetto economico di cui il Paese ha urgentemente bisogno. Immaginare quel futuro senza petrolio è sempre più urgente, soprattutto per chi ha sempre vissuto solo sulla rendita petrolifera, investendo all’estero e mai industrializzando. Al riguardo questo appare il passo nodale.

“Secondo alcuni analisti, la combinazione tra la pandemia, la crisi ecologica per il riscaldamento globale e il conseguente crollo del prezzo degli idrocarburi (fino a -50%) ha portato alcuni Paesi arabi – in particolare, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Sudan e il Marocco –, tra l’estate e il dicembre 2020, a sottoscrivere i cosiddetti «Accordi di Abramo» con Israele, di cui la nostra rivista si è già occupata. Questi accordi, nonostante l’evidente riferimento biblico, in realtà hanno poco di religioso; però chiudono una frattura storica che si era venuta ad aprire in Medio Oriente nel 1948 con la creazione dello Stato di Israele e che ha tanto pesato – provocando conflitti, scontri sanguinosi e attentati terroristici – sulla politica mediorientale di questi ultimi 70 anni. Tali accordi, che sono stati realizzati con la regia degli Stati Uniti di Donald Trump, e successivamente «benedetti» anche dal suo successore alla Casa Bianca, hanno subìto un’imprevista accelerazione quando i leader degli Stati produttori – in particolare, degli Emirati e dell’Arabia Saudita – hanno preso coscienza dell’obsolescenza della rendita petrolifera. Riyad, per motivi di carattere politico-religioso, non è entrata direttamente negli Accordi, anche se il giovane principe ereditario Mohammad bin Salman ne è stato uno dei maggiori ispiratori e sostenitori.

Pare, però, che l’attuale re Salman, tradizionalista e molto religioso, abbia espresso il suo netto rifiuto a sottoscriverli. Non va infatti dimenticato che l’Arabia Saudita ha il privilegio di essere il Paese delle due moschee più importati dell’islam (a La Mecca e a Medina), il che le dà il primato religioso sul mondo islamico sunnita; per decenni, inoltre, ha finanziato i Paesi arabi che si opponevano a Israele. Il crollo vertiginoso dei prezzi del petrolio agli inizi della crisi pandemica, malgrado la successiva ripresa, ha rappresentato un segnale inequivocabile, confermando la necessità di una transizione a breve o medio termine dell’energia verso fonti (non fossili) rinnovabili, per far fronte al riscaldamento globale e ridurre l’emissione di gas serra, pericolosi per l’ambiente, come è stato confermato nei recenti vertici internazionali tra i maggiori capi di Stato del Pianeta: il G20 di Roma e, in particolare, la Cop26 di Glasgow. […] Ora, se i maggiori Paesi esportatori di petrolio e di gas intendono tutelare la propria economia, devono anticipare la cosiddetta «transizione energetica», approfittando delle enormi risorse finanziarie dei loro fondi sovrani per investire nel settore delle energie rinnovabili. Ciò è vero soprattutto per i Paesi del Golfo, Arabia Saudita in primis. A tal fine essi devono operare massicce acquisizioni di tecnologia «verde». Lo Stato che in quella regione ne è il principale produttore – ed esportatore – è Israele. Ciò spiega, in larga misura, la ragione politico-economica degli Accordi di cui si è parlato sopra”.

Il Medio Oriente senza petrolio che si può immaginare cambia dunque profondamente. Ma se si congiungono alcune evidenze, come la mancata industrializzazione e il sovrappopolamento di alcun territori, ad esempio i 120 milioni di egiziani, si capisce che la sfida vista in termini regionali è enorme.

Civiltà Cattolica e il Medio oriente che si prepara

Padre Giovanni Sale firma sulla rivista dei gesuiti un saggio che mette in luce le manovre di Erdogan e del senso del suo “neo-ottomanesimo” nei confronti di Stati come Siria, Libano, Yemen, Iraq, Libia e altri ancora

Fine del far west nel riconoscimento facciale. Esulta Sensi (Pd)

Con l’ok definitivo della Camera al dl Capienze, diventa legge anche la moratoria sulle tecnologie di riconoscimento facciale nei luoghi pubblici. Per il deputato dem è “un passo avanti molto importante”. Ora palla all’Ue

Cercasi un Draghi spagnolo (per il bene dell’Europa)

La stampa spagnola critica la gestione della crisi da parte del governo di Pedro Sánchez e guarda con invidia alla performance del presidente del Consiglio italiano, che comincia a dare i suoi frutti per l’economia. Gli editoriali di Abc, El Mundo ed El Economista

Palermo e i cinesi, Draghi usi il golden power. Parla Delmastro (FdI)

Il deputato di Fratelli d’Italia sull’investimento da 5 miliardi dei cinesi nel porto di Palermo: Draghi metta il golden power, noi al governo l’avremmo già fatto. Non è business, è una trappola: decidono loro quali merci devono entrare. Hanno già le supply chain tecnologiche, difendiamo la rete portuale

Vivendi e Cdp possono innescare la contro-Opa su Tim? Intanto Giorgetti...

L’incontro di Milano tra i due soci forti dell’ex Telecom può aprire la strada a una sinergia che rischia di assumere le forme di un concerto. Il perché lo spiegano gli analisti di Equita e Intermonte. Intanto Giorgetti vede i sindacati, senza convincerli e rispolvera il golden power

Donne leader in Sanità, nasce il Premio Leads per le aziende

Presentato il Premio Leads dalla presidente dell’Associazione Donne Leader in Sanità, Patrizia Ravaioli, dalla segretaria del Premio, Sara Vinciguerra e dalla presidente della Giuria, Beatrice Lorenzin. Un riconoscimento che nasce per promuovere la leadership delle donne nel settore sanitario e non solo. Tutti i dettagli

La forza delle imprese familiari

La sfida per i capifamiglia non è “passare” semplicemente l’azienda, bensì generare nuova capacità imprenditoriale di cui l’azienda si nutre, e sopratutto, trasmettere valori e la consapevolezza che anche oggi le aziende familiari vanno di moda e piacciono ai manager per la loro visione di lungo termine

Chi ci sarà all’ottava edizione del Premio Italia Giovane

Lunedì 6 dicembre, a Villa Blanc – Luiss Guido Carli , Via Nomentana 216, alle ore 18 si terrà l’ottava edizione del Premio Italia Giovane, iniziativa patrocinata dal Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Regione Lombardia, Comune di Roma e Coni

Lira giù e ministro a casa, la Turchia si avvita. Si rischia una nuova Gezi Park?

Oggi la lira turca è scesa del 2,1 per cento a 13,53 per dollaro, portando le perdite quest’anno al 45%. Al posto del ministro delle Finanze Lütfi Elvan, ecco il suo vice Nebati, molto vicino al predecessore di Elvan, Berat Albayrak, che è il genero di Erdoğan

Puglia

Restart Puglia. Sfide e priorità per il rilancio dell’economia regionale

Appuntamento domani, a partire dalle 9:00, con il webinar dal titolo “#RestartPuglia. Sfide e priorità per il rilancio dell’economia regionale” organizzato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) con la media partnership di Formiche. Tra i partecipanti confermati il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano

×

Iscriviti alla newsletter