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C’è Taiwan. Non ci sono né la Serbia di Aleksandar Vučić, né la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, né l’Ungheria di Viktor Orbán. Il Summit per la democrazia convocato dal presidente Joe Biden, che si terrà in formato virtuale il 9 e il 10 dicembre, sta prendendo forma. Come raccontato su Formiche.net, nelle scorse settimane la Casa Bianca ha diffuso una nota in cui individua i tre temi principali dell’incontro: “difesa dall’autoritarismo, lotta alla corruzione e promozione del rispetto dei diritti umani”. Tradotto: fare fronte comune contro Cina e Russia in primis. Un altro vertice si terrà poi a distanza di un anno, questa volta si spera in presenza, per “mostrare i progressi”. In entrambe le occasioni saranno coinvolti, oltre ai leader politici, la società civile, il mondo filantropico e il settore privato.

Politico ha diffuso la lista provvisoria dei partecipanti a un evento che, sottolinea la stessa testata, chiude un anno solare, il primo dell’amministrazione Biden, segnato da almeno sei golpe, dal Myanmar al Sudan.

Sempre Politico ha ottenuto un documento relativo a una proposta dell’amministrazione americana, quella per un’alleanza tecnologica. Si tratta di tre pagine “Non-Paper//Discussion Purposes Only”, come si legge nell’intestazione. Titolo: “The Alliance for the Future of the Internet”.

Prima riga dopo il sommario: “La formazione di questa Alleanza è una risposta a due grandi tendenze: la prima è l’ascesa di una visione alternativa di Internet come strumento di controllo statale promossa da potenze autoritarie come la Cina e la Russia” (più avanti nel documento si paventa “un futuro completamente hobbesiano”). La seconda è “la necessità di rivalutare la visione ambiziosa di internet che ha prevalso dagli anni Novanta agli anni Duemila, alla luce di sviluppi impegnativi, tra cui un’epidemia di disinformazione a livello mondiale, la concentrazione di potere in un piccolo numero di aziende tecnologiche dominanti e l’aumento degli attacchi informatici e altri problemi di sicurezza”.

Per questo, si legge ancora, “è tempo per un gruppo di Paesi che condividono gli stessi ideali, sia del mondo sviluppato sia di quello in via di sviluppo, di sviluppare e promuovere una nuova e migliore visione di un internet aperto, affidabile e sicuro che promuova i valori democratici fondamentali e il rispetto dei diritti umani”.

Come farlo? Gli Stati Uniti propongono quattro impegni. Primo: “a sviluppare e implementare standard elevati per la privacy dei dati, la sicurezza dei dati e la sicurezza informatica”. Secondo: “alla cooperazione sulla regolamentazione delle piattaforme tecnologiche e l’integrità delle informazioni”. Terzo: “a garantire un accesso aperto e interoperabile per i software e le applicazioni tra i membri; non discriminazione nei regolamenti nazionali; e impegni condivisi per quanto riguarda la localizzazione dei dati”. Quarto: “a stabilire un forum per la cooperazione tecnica sugli standard di sicurezza informatica e la risposta agli incidenti”.

Che differenze ci sono con la Freedom Online Coalition, lanciata dieci anni fa – con Barack Obama alla Casa Bianca e Hillary Clinton al dipartimento di Stato – dal governo olandese? Non è chiaro, scrive Politico. L’intento dell’amministrazione Biden sembra comunque quello di evitare conflitti tra le due entità.

C’è poi un altro punto interrogativo rimasto aperto: e la società civile? Sarah Repucci, a capo del dipartimento ricerca e analisi di Freedom House, ha osservato con Politico che è “importante” dare “un esempio positivo e unirsi, perché le dittature si stanno unendo”. Ma, ha aggiunto, “è un peccato che questo evento iniziale a dicembre non sia più inclusivo”, con riferimento allo spazio che la Casa Bianca sembra intenzionata a dare alla società civile.

Nei giorni scorsi, come raccontato su Formiche.net, il ministero degli Affari esteri italiano ha pubblicato un documento, inviata alle Nazioni Unite, che spiega la posizione dell’Italia sull’applicabilità del diritto internazionale allo spazio cibernetico. Si legge: “ogni Stato è tenuto a proteggere i diritti umani sia online che offline”, e fra questi “la libertà di opinione ed espressione, il diritto di accesso all’informazione, il diritto alla privacy”.

L’Italia applica, cioè, al dominio cibernetico il diritto internazionale umanitario. “Dedicare un paragrafo intero ai diritti è una scelta voluta e non scontata”, ha commentato con Formiche.net Laura Carpini, capo Unità per le politiche e la sicurezza dello spazio cibernetico della Farnesina. “L’Italia ribadisce la contrarietà al ricorso ai conflitti armati come soluzione delle controversie internazionale e replica nello spazio cibernetico le tutele e i limiti individuati, non senza fatica, nel corso dei secoli”, ha aggiunto commentando il documento pubblicato dall’Italia a poco più di un mese dalla conferenza convocata dal presidente statunitense Biden.

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