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L’Alleanza si confronta con una crescente competizione tra grandi potenze, da un lato una Russia revisionista e dall’altro una Cina sempre più potente sul piano economico e militare. Le minacce terroristiche persistono. Le tecnologie emergenti e la trasformazione digitale stanno rimodellando il panorama globale. Il cambiamento climatico, le transizioni energetiche e le migrazioni stanno amplificando le crisi a livello globale. Questo contesto mondiale impone all’Alleanza di rivalutare il paradigma delle alleanze convenzionali, evidenziando l’importanza dell’adattabilità e della cooperazione per affrontare queste sfide multiple della sicurezza contemporanea. La sicurezza dell’area euroatlantica e quella dell’Indo-Pacifico sono oggi più connesse che mai. 

Le partnership globali della Nato nell’Indo-Pacifico sono fondamentali per affrontare le sfide transnazionali alla sicurezza e per stabilire una presenza strategica in grado di controbilanciare l’influenza della Cina, rafforzando la cooperazione con attori regionali-chiave al fine di migliorare la sicurezza. I vantaggi delle partnership della Nato con le nazioni dell’Indo-Pacifico sono molteplici, soprattutto alla luce delle lezioni apprese dal conflitto in Ucraina e della crescente competizione strategica con Russia e Cina. Lavorare insieme a Paesi come Giappone, Australia, Corea del Sud e Nuova Zelanda consente alla Nato di affrontare sfide che vanno anche oltre i confini regionali, come la cyber-sicurezza, la lotta al terrorismo, la mitigazione dei rischi legati al cambiamento climatico e il contrasto all’emergere di rivali strategici come la Cina.

L’Indo-Pacifico è l’epicentro del commercio marittimo globale, con il 60% degli scambi mondiali che transitano per questa area. Nei prossimi due decenni, due terzi della ricchezza globale saranno concentrati in questa regione. L’area sarà modellata da innovazioni tecnologiche e da tecnologie emergenti e dirompenti (sia civili sia militari), ma dovrà anche affrontare sfide ambientali e legate alle risorse. In tal senso, ci si attende che l’Indo-Pacifico diventi un’area sempre più competitiva in termini di rivendicazioni territoriali sovrane, sfruttamento delle risorse, sviluppo infrastrutturale e accesso libero. 

Sviluppare solide partnership con i Paesi dell’Indo-Pacifico rafforzerebbe la stabilità regionale attraverso una resilienza collettiva e fungerebbe anche da baluardo contro le attività aggressive da parte della Cina, della Russia o altri attori. Proteggere i beni comuni globali – in particolare quelli marittimi, dell’informazione, dello spazio e dell’Artico – sarà fondamentale per la stabilità economica e politica comune. 

In secondo luogo, le partnership contribuiscono a chiarire le implicazioni relative alla struttura delle forze e ai requisiti di interoperabilità tra la Nato e i Paesi partner, in riferimento a un’ampia gamma di sistemi d’arma e tecnologie avanzate. Questo tipo di cooperazione fornisce indicazioni preziose per le decisioni strategiche di lungo termine, soprattutto in materia di impiego, approvvigionamento e acquisizione. Assumere una leadership condivisa nello sviluppo e nell’applicazione pacifica delle tecnologie emergenti e dirompenti sarebbe determinante per la stabilità globale. Una solida interoperabilità e il miglioramento delle capacità operative sono i migliori deterrenti contro gli Stati revisionisti o con intenzioni ostili.

In terzo luogo, rafforzare la condivisione di informazioni con i partner dell’Indo-Pacifico sostiene la capacità della Nato di anticipare le sfide a livello globale, stabilire priorità d’azione, allocare risorse e gestire i rischi. Dall’altra parte, una cooperazione più stretta con la Nato comporta numerosi vantaggi per i Paesi partner nell’Indo-pacifico. Innanzitutto, una partnership con l’Alleanza offrirebbe alle nazioni dell’Indo-Pacifico un contrappeso strategico alla forza militare e ai progressi tecnologici della Cina, i cui metodi mettono in discussione la sicurezza regionale, i diritti umani e l’attuale ordine mondiale basato sulle regole.

Inoltre, non è solo una questione di equilibrio geopolitico. I partner traggono beneficio della vasta esperienza maturata dalla Nato nello sviluppo delle capacità, un know how prezioso per affrontare le sfide regionali e rafforzare la resilienza. Infine, essere partner della Nato significa anche entrare a far parte di una rete diplomatica e politica ampia e strutturata. L’Alleanza funge da piattaforma multilaterale unica, capace di mettere attorno allo stesso tavolo attori diversi per promuovere il dialogo e la cooperazione nei beni comuni globali. Come già avvenuto negli ultimi anni, anche per il vertice all’Aia è prevista la partecipazione dei leader dei Paesi dell’Indo-Pacifico. È evidente che, in futuro, gli Stati Uniti saranno costretti da necessità strategiche a destinare una parte delle proprie risorse vitali dall’Europa all’Indo-Pacifico, con l’obiettivo di garantire un’efficace deterrenza, dal momento che la Cina rappresenta una sfida senza precedenti alla sicurezza americana. Questo scenario implica che gli alleati europei dovranno assumersi una maggiore responsabilità per la difesa convenzionale del teatro europeo, al fine di scoraggiare eventuali aggressioni da parte della Russia. Il necessario aumento della spesa per la difesa, su scala generale, sarà funzionale a questo obiettivo. In un contesto simile, il futuro dell’agenda indo-pacifica della Nato dipenderà dalla capacità degli alleati di conciliare le priorità nei due teatri operativi e di allocare in modo saggio le risorse finanziarie per colmare i divari di capacità più urgenti.

(Articolo pubblicato sul numero di giugno di Airpress)

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Gli Stati Uniti saranno costretti da necessità strategiche a destinare una parte delle proprie risorse vitali dall’Europa all’Indo-Pacifico, con l’obiettivo di garantire un’efficace deterrenza contro la Cina. Questo scenario implica che gli alleati europei dovranno assumersi una maggiore responsabilità per la difesa convenzionale del teatro europeo. Il necessario aumento della spesa per la difesa, su scala generale, sarà funzionale a questo obiettivo. L’analisi di Valbona Zeneli, nonresident senior fellow presso l’Atlantic Council

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