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C’è un istante, nel cuore della Ronda di Notte di Rembrandt, in cui la storia prende forma: il capitano Frans Banning Cocq avanza con il luogotenente Willem van Ruytenburch al suo fianco, mentre la milizia cittadina si muove con disciplina e orgoglio. Non sono soldati professionisti, non aristocratici o emissari del potere assoluto. Sono cittadini. Sono la borghesia che si assume il compito di proteggere la propria città , non con il timore, ma con il senso della responsabilità .

In quell’istante, dipinto con la maestria del chiaroscuro di Rembrandt, nasce qualcosa di più di una rappresentazione artistica: prende vita un concetto moderno, un’idea di sicurezza che non è prerogativa dello Stato, ma un patto condiviso tra individui, istituzioni e comunità . È il principio fondante della sicurezza diffusa, dell’intelligence collettiva, della cultura della difesa come espressione di partecipazione consapevole. Oggi, più che mai, questo principio non è un’astrazione, ma una necessità concreta. Viviamo in un’epoca di rischi fluidi, dove la sicurezza non è più solo una questione di confini da difendere, ma di informazioni da proteggere, di economie da salvaguardare, di infrastrutture da rendere resilienti. Non si tratta di costruire nuove cortine di ferro, non di cadere nella trappola di un controllo pervasivo, ma di comprendere che la sicurezza è un bene comune e, come tale, richiede un impegno comune.

Nel XVII secolo, la borghesia olandese comprese che la libertà conquistata con il commercio e l’intraprendenza doveva essere difesa con il senso di responsabilità . Oggi, quel principio si traduce in un concetto più ampio: la sicurezza non è più  delegabile in modo esclusivo agli apparati statali, ma deve essere il frutto di una collaborazione tra cittadini, imprese, istituzioni e tecnologia. Non significa trasformare la società   in un immenso meccanismo di sorveglianza, ma costruire un tessuto sociale in cui l’attenzione, la prevenzione e la collaborazione diventino strumenti di protezione collettiva. Quartieri che dialogano con le forze dell’ordine, aziende che condividono informazioni su minacce emergenti, cittadini che comprendono l’importanza della cybersicurezza e della protezione dei dati: tutto questo non è distopia, ma un modello sostenibile per il futuro.

Pensiamo alla sicurezza urbana: nelle città moderne, l’introduzione di sistemi di neighborhood watch, il controllo di vicinato, ha dimostrato di poter ridurre il crimine non con la repressione, ma con la consapevolezza. Pensiamo alla sicurezza informatica: in un’epoca in cui i dati valgono più  dell’oro, l’educazione digitale diventa una forma di difesa, una responsabilità individuale e collettiva che impedisce a minacce invisibili di compromettere il nostro futuro.

Ma il concetto di Intelligence non si ferma alla sicurezza pubblica: oggi, la protezione più strategica è quella dell’informazione. L’intelligence economica è la nuova frontiera della sicurezza nazionale, perché un Paese forte non è solo quello che difende i propri confini, ma quello che protegge il proprio capitale intellettuale, le proprie risorse, la propria innovazione. Viviamo in un’epoca in cui la guerra non si combatte solo con le armi, ma con i dati, con la manipolazione finanziaria, con la sottrazione strategica di brevetti e tecnologie. In questo scenario, l’Intelligence economica non è più una disciplina riservata agli analisti di sicurezza nazionale, ma una responsabilità   diffusa che coinvolge aziende, imprenditori, istituzioni e cittadini.

Le imprese, oggi, sono le prime sentinelle del sistema economico di un paese. Devono comprendere che la protezione delle informazioni, la gestione dei rischi legati alla supply chain, la consapevolezza delle vulnerabilità   informatiche non sono questioni secondarie, ma elementi strategici. Un’azienda che investe in cyber-intelligence, che forma i propri dipendenti sulla sicurezza dei dati, che sviluppa una cultura della protezione delle informazioni e un’azienda che difende non solo se stessa, ma l’intero sistema economico del paese. E allo stesso modo, le istituzioni devono creare un ecosistema in cui il flusso di informazioni tra pubblico e privato sia efficace e sicuro, dove le piccole e medie imprese possano accedere a strumenti di protezione adeguati, dove la conoscenza strategica diventi patrimonio collettivo e non merce di scambio per chi cerca di destabilizzare interi settori economici.

La tecnologia è al centro di questa evoluzione. Se da un lato offre strumenti straordinari per la sicurezza e dall’IA alla blockchain, dai sistemi di analisi predittiva alle reti di comunicazione crittografate e dall’altro rappresenta anche una delle più grandi minacce, se non viene utilizzata con consapevolezza. Ogni individuo, oggi, è un nodo di questa rete globale. Con un semplice click possiamo accedere a infinite informazioni, ma possiamo anche esporci a rischi senza rendercene conto. Le aziende e i protagonisti pubblici devono essere i primi a dare l’esempio, creando standard di protezione, educando i cittadini all’uso responsabile degli strumenti digitali, contrastando la disinformazione e la manipolazione dell’opinione pubblica. Se la sicurezza diffusa è un patto sociale, la tecnologia ne è il linguaggio. Ma come ogni linguaggio, può essere usato per costruire o per distruggere. Sta a noi scegliere in che modo impiegarlo.

Quando Rembrandt dipinse la Ronda di Notte, forse non immaginava che il suo quadro sarebbe diventato un simbolo così potente della responsabilità civica. Eppure, quel gruppo di cittadini in armi, uniti non dalla paura ma dal senso di appartenenza, e oggi più  attuale che mai. La sicurezza non ha solo un diritto, ma un dovere. Non è solo un’esigenza, ma una scelta. Ogni individuo, ogni azienda, ogni istituzione ha un ruolo in questo equilibrio delicato tra libertà   e protezione. Sicurezza diffusa, intelligence economica, cultura della difesa non sono parole astratte: sono la base di una società   consapevole, di una democrazia che non si limita a difendersi, ma che si rafforza nella partecipazione attiva dei suoi cittadini. Come nella Ronda di Notte, il futuro appartiene a chi sceglie di essere protagonista.

Dalla Ronda di Notte alla sicurezza diffusa, il dovere della partecipazione nella difesa della comunità

Di Raffaele Volpi

Nel cuore della Ronda di Notte di Rembrandt si cela un principio attuale: la sicurezza come responsabilità condivisa. Non più esclusiva dello Stato, ma frutto di collaborazione tra cittadini, imprese e istituzioni. In un’epoca di minacce digitali ed economiche, l’intelligence diffusa diventa essenziale per proteggere dati, infrastrutture e innovazione. La tecnologia offre opportunità, ma richiede consapevolezza per evitare derive di controllo pervasivo. La riflessione di Raffaele Volpi

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