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L’intesa arriva, ieri, in tarda serata. Alla fine gli agricoltori, in protesta da giorni dall’Italia all’Europa a bordo dei loro trattori ottengono uno sgravio sull’Irpef. La Lega esulta, e il premier Giorgia Meloni assicura sulla compattezza dell’esecutivo. Sullo sfondo, l’appuntamento elettorale di primavera in un contesto caotico e complesso, in cui i riflessi dei conflitti – tra Ucraina e Medio Oriente – toccano anche la politica interna. Ieri Montecitorio ha approvato la mozione del Partito Democratico in cui si chiede il cessate il fuoco a Gaza e un sostegno alle iniziative umanitarie. Nel frattempo, arriva dal Nazareno la conferma che il presidente del Consiglio e la segretaria del Pd, Elly Schlein, avrebbero avuto un colloquio telefonico probabilmente prodromico al loro confronto televisivo. Da quel vis a vis, usciranno gli indirizzi politici dei due principali partiti in vista delle Europee. Chi avrà la meglio? Per tentare di rispondere a questa e ad altre domande, Formiche.net ha parlato con Angelo Panebianco, politologo dell’Università di Bologna e firma di punta del Corriere della Sera.

Partiamo dalla mobilitazione dei trattori. Quale pensa che possa essere il peso elettorale di questo movimento ragionando di elezioni europee?

Qualche peso penso lo possa avere. Presumo che una buona parte dei voti di coloro che animano la protesta possa premiare le formazioni anti establishment benché sia difficile prevedere allo stato attuale quale potrà essere il peso dei partiti euroscettici.

Al momento molti analisti danno per assodata una riconferma della maggioranza Ursula, magari con qualche variazione nei rapporti di forza che la sostengono. Lei che idea si è fatto?

Non penso sia così scontato. O meglio, prima di trarre qualsivoglia conclusione occorre aspettare cosa accadrà nei singoli Paesi a partire da Francia e Germania. È evidente però che in questo quadro, Giorgia Meloni possa giocare un ruolo strategico.

In che modo?

L’interesse di Meloni è che si crei una maggioranza Ursula che abbia “bisogno” di un suo apporto. In questo modo lei potrebbe fungere non solo da “stampella” della maggioranza, ma assumere un ruolo di mediazione e contatto con le formazioni più euroscettiche. Ed è in questo che la sua posizione diventa strategica. Tanto più che, con ogni probabilità, sarà l’unica leader ad avere molta libertà di manovra.

Parla di un possibile successo elettorale del premier?

Sicuramente il successo elettorale le potrebbe garantire una grande forza e la possibilità di incidere in certi meccanismi. Benché – è bene ricordarlo – le elezioni europee registrano sempre un alto tasso di astensionismo.

Come pensa possa incidere sui rapporti di forza interni all’esecutivo un probabile ottimo risultato di Meloni?

Parto dal presupposto che la coesione della maggioranza e del governo non sono in discussione. Se Salvini uscirà dalle urne con un buon risultato elettorale, la premier sarà indebolita. Se, al contrario, uscirà con scarso successo, Meloni ne trarrà inevitabilmente vantaggio. E forse, in questa seconda ipotesi, sarà meno propenso a continuare la sua attività di guerriglia interna all’esecutivo.

Dall’altra parte della barricata il Pd ha presentato alla Camera una mozione, approvato, per chiedere il cessate il fuoco in Medio Oriente. 

Al di là dell’approvazione di questo documento, in generale si tratta di iniziative politiche finalizzate a lanciare qualche segnale al proprio elettorato di riferimento ma che non ha alcuna possibilità di poter incidere realmente.

Come valuta la posizione assunta dal governo su ciò che sta accadendo in quell’area?

La posizione italiana, così come quella di tutti gli altri Paesi europei, è del tutto marginale sul Medio Oriente. Stanno avendo difficoltà gli Stati Uniti, figuriamoci l’Europa.

A proposito di Pd, Schlein soffre il protagonismo di Conte. La prospettiva del campo largo è tramontata definitivamente?

Tutto dipenderà dall’esito delle elezioni europee e dai voti di scarto che prenderà il Pd rispetto al Movimento 5 Stelle. Conte mi sembra più che mai autonomo, mentre per la segretaria del Pd – e per il partito in generale – la posta in gioco è molto alta. E in questo momento mi pare che il progetto del campo largo sia molto lontano.

Lei pensa che nel caso in cui le urne dessero un risultato poco soddisfacente Schlein traballerebbe?

Non solo. Se il Pd dovesse andare male, si aprirebbe una stagione di faide interne e di regolamenti di conti sanguinosi tra i dem. A quel punto non solo verrà sostituita la segreteria, ma potrebbe essere persino messa in discussione l’unità del partito.

Alla segretaria dem converrebbe quindi candidarsi alle Europee?

Probabilmente sì. Anche perché in caso di sconfitta la responsabilità sarebbe comunque sua, ma in caso di vittoria potrebbe intestarsi per lo meno una parte del merito.

Il ruolo di Meloni alle Europee può essere strategico. Panebianco spiega perché

Il premier italiano potrà avere un ruolo importante e strategico in occasione delle prossime elezioni europee, come stampella di una possibile maggioranza Ursula. Sul Medio Oriente, la posizione dell’Italia come degli altri Paesi Ue è marginale. E il campo largo di Schlein e Conte è distante. Conversazione con il politologo dell’Università di Bologna, Angelo Panebianco

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