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Un guaio per Matteo Salvini, un guaio più serio per Giorgia Meloni. Non ha dubbi Paolo Feltrin, politologo dell’Università di Trieste e coordinatore dell’Osservatorio elettorato del veneto. Ai ballottaggi è la seconda a perdere di più. Per il leader della Lega si apre uno scontro interno, ma “può dormire sonni tranquilli”.

La lista degli sconfitti ha un solo nome…

È vero, il centrodestra esce male. E tuttavia se domattina si andasse a votare per le politiche sarebbe comunque il netto vincitore. Tranne nelle grandi città e in alcuni capoluoghi di regione, quasi ovunque ha eletto sindaci. Ma il danno d’immagine c’è, e peserà.

Roma, Torino, Milano sono perse. E con un distacco notevole.

Il segnale delle grandi città è inequivocabile: non si fidano del centrodestra. La contrapposizione muscolare fra Salvini e Meloni è stata divaricante, ha spaventato l’elettorato. I risultati di Lo Russo e Gualtieri a Torino e Roma come di Sala a Milano parlano chiaro. Trieste anche di più.

Perché?

Perché il centrodestra era convinto di vincere al primo turno. Perché il testa a testa fino all’ultimo è già una sconfitta per Dipiazza che è stato tre volte sindaco, in una città dove il centrodestra, nelle elezioni nazionali, ha un vantaggio di 10-15 punti.

Hanno pesato le proteste dei portuali no-pass?

Hanno pesato meno di quanto si possa credere. L’unica lista esplicitamente no-pass a Trieste ha preso 3000 voti su 100.000 validi. Come si dice? Piazze piene, urne vuote.

Però Fdi e Lega si sono intestati quella piazza.

Dipende dai casi, Fedriga, ad esempio, è stato molto cauto. Certo, a livello nazionale la protesta ha trovato sponde a destra, che oggi incassa il risultato, con un’evidente emorragia dei moderati. Sa chi invece dorme sonni tranquilli?

Mi faccia indovinare: Mario Draghi.

Esatto. Ha corso un rischio politico, e per un tecnico non è scontato. Poteva tentare una mediazione con la piazza no-pass e no-vax, aveva centomila opzioni per farlo, e invece ha scelto la fermezza. Ne è uscito molto rafforzato.

Torniamo al centrodestra. Chi è il vero sconfitto?

Giorgia Meloni, perché aveva più da perdere. Si è infilata in un vicolo cieco da cui è difficile uscire. Complice un antieuropeismo in servizio permanente che spaventa il ceto medio.

Per Salvini non sono rose e fiori. Milano persa al primo turno è un colpo duro…

È vero, ma alla Lega restano spazi di manovra. È un partito che sa adattarsi, virare all’ultimo: lo ha fatto sull’Europa e lo farà anche adesso. Alle prossime politiche, potrà sempre giocarsi la carta del sistema proporzionale. E proporre di nuovo Draghi premier se, come credo, non ci saranno alternative.

E dentro al partito? Niente resa dei conti?

Per il momento Salvini non ha di che temere. Ha portato la Lega dal 3% al 36%, può anche riportarla al 15% e la lascerà comunque tre volte più grande delle origini. Giorgetti, Zaia, Fedriga, se aspirano a una leadership, devono prima passare per un’elezione importante.

Quindi?

Quindi rimane un partito grande, che come ogni partito grande ha delle correnti interne. Abolirle è una delle grandi illusioni dei nostri tempi.

Insomma: senza Salvini viene meno il progetto di una Lega nazionale. Giusto?

Giusto. Ma c’è di più: una Lega che torna ad essere Lega Nord è inutile. Salvini ha avuto una giusta intuizione: un partito, se vuole contare, o è nazionale, o non è. Un partito regionalizzato è destinato a rimanere al di sotto del 20%.

Neanche Zaia può aspirare alla guida?

Chiunque nutra quell’aspirazione conosce la regola d’oro: non dichiararla. Chi esce allo scoperto fa la fine della lepre. Poi c’è un dato oggettivo: un segretario della Lega deve essere in grado di costruire alleanze territoriali in tutta Italia. L’unica regione in grado di farlo, per popolazione e peso economico, è la Lombardia. E per ora da quelle parti non si vedono leader in pectore.

Stasera Meloni dorme peggio di Salvini. Parla Feltrin

I ballottaggi sono una dura batosta per il centrodestra. Giorgia Meloni, dice il politologo Paolo Feltrin, è la vera sconfitta. Salvini mastica amaro ma non ha sfidanti credibili nel partito. Draghi? Altro che tecnico, ha vinto una rischiosa scommessa politica

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