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Un gruppo ribelle etnico del Myanmar, noto come Kachin Independence Army (KIA), ha rivendicato nei giorni scorsi l’abbattimento di un elicottero appartenente alle Forze armate (rumors dicono un Mi-35 di fabbricazione russa). La giunta militare che ha (ri)preso in mano il paese non ha commentato l’accaduto, che se confermato avvalorerebbe la tesi secondo cui nel paese le proteste dei fronti pro-democrazia, innescate dal ritorno dei generali, si stanno unendo con le rivendicazioni dei gruppi etnici e stanno portando il paese sul baratro della guerra civile.

Nelle scorse settimane c’erano stati attacchi missilistici condotti dal mix di forze di opposizione alla giunta, ora notizie sull’abbattimento dell’elicottero. L’uso di armi più potenti segna un’escalation che potrebbe essere non controllabile e trasformare la situazione in un conflitto interno di lunga durata. Anche perché chiaramente se finora i militari si sono limitati all’uso limitato di armi pesanti – sebbene ci siano stati bombardamenti di artiglieria e aerei – ora è plausibile supporre che l’uso di certi armamenti aumenterà. E con esso la non discriminazione dei bersagli.

In un altro segno della crescente insicurezza, nei giorni scorsi il capo dell’ufficio amministrativo della polizia nel distretto di Tharketa di Yangon è stato accoltellato nel suo ufficio e in seguito è morto per le ferite. Il gruppo di difesa dell’Associazione di assistenza per i prigionieri politici (AAPP) afferma che le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 766 civili dal colpo di stato. La giunta contesta la cifra e afferma che almeno 24 membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi durante le proteste.

Al momento queste informazioni sulle vittime, così come le altre che riguardano l’uso di armamenti più importanti, non sono verificabili in modo indipendente perché il paese è isolato. Tra le centinaia di persone arrestate dalla giunta ci sono molti giornalisti; internet è tagliata per non diffondere informazioni; la presa del potere da parte della giunta, che ha tolto la possibilità di governare alla formazione politica che aveva vinto le elezioni, guidata da Aang Sans Suu Kiy, ha coinciso con una fortissima stretta oscurantista nel paese.

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