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Sempre difficile trarre lezioni generali da elezioni particolari. Tuttavia, la duplice sconfitta di ieri una lezione al centrodestra dovrebbe averla impartita: per vincere occorre la politica, e la politica non la improvvisi né la cali dall’alto; la costruisci nel tempo, pezzo dopo pezzo, senza mai smettere di ascoltare quel che si muove nella società. Non è quello che è accaduto in Emilia-Romagna, dove la sconfitta era scontata, e non è quello che è accaduto in Umbria, dove la vittoria era attesa. Cominciamo con l’Emilia-Romagna.

Molti anni fa, chiacchierando con Silvio Berlusconi quando ancora non avevo idea che avrei finito per accettare una candidatura, gli chiesi per quale diavolo di ragione Forza Italia e gli altri partiti del centrodestra fossero così poco presenti nel dibattito pubblico sulla vita delle città emiliano-romagnole e della regione. “Perché tanto lì vincono sempre i comunisti”, rispose Berlusconi. “Ma i comunisti vincono sempre anche perché voi non seminate mai nulla“, provai a replicare.

Berlusconi mi guardò come si guarda un ingenuo. Resto, però, convinto che, soprattutto in una regione tutto sommato ben funzionante come l’Emilia-Romagna, per essere percepiti come un’alternativa credibile di governo bisogna avere uomini credibili, quotidianamente sul campo, e idee concrete che riguardino il futuro dei territori e dei loro abitanti. Non è quello che è accaduto in Emilia-Romagna al centrodestra, la cui candidata, Elena Ugolini, è stata scelta troppo tardi e dove nessuno avrebbe saputo dire quali fossero le idee forti della coalizione per la regione. Le passerelle dei leader di partito, naturalmente inclini a porre l’accento su temi nazionali anziché locali, non servono a niente. Anzi, come percepì Giorgio Guazzaloca prima di strappare nel 1999 Bologna “ai comunisti”, in contesti del genere sono persino dannose.

Non molto diversa la lezione umbra. A lume di naso, almeno quattro sono stati i fattori all’origine della sconfitta. La volta scorsa, il centrodestra vinse non tanto per meriti propri, quanto a causa dei demeriti altrui: il centrosinistra era diviso e il Pd subì la concorrenza dei 5 Stelle. Stavolta il centrosinistra era unito e il Pd si è riappropriato del proprio 30 per cento. Non solo. Nel frattempo, il centrodestra aveva perso il sindaco di Perugia, e perdere il controllo del capoluogo regionale è sicuramente un handicap. Lo è stato anche, nel senso che non ha funzionato quanto ci si aspettava, l’accordo col sindaco di Terni, il pirotecnico Bandecchi.

Ma decisivo è stato il quarto punto. La presidente uscente, la leghista Tesei, ha governato con metodo salviniano: nessun coinvolgimento dei territori né degli alleati, molte sparate ad effetto, poca politica. Alla Sanità, ruolo chiave in qualsiasi regione, ha indicato un assessore proveniente dal Veneto ed arcisalviniano. Il resto è venuto di conseguenza.

Ecco, se c’è una lezione che il centrodestra può trarre da questa duplice sconfitta è che la politica richiede personale adeguato, molto ascolto, temi concreti e tempi lunghi. Una lezione che potrebbe rivelarsi utile anche per il prosieguo del governo nazionale.

Regionali, una lezione al centrodestra. Per vincere serve la politica

Una duplice sconfitta quella in Emilia-Romagna e Umbria che insegna quanto la politica richiede personale adeguato, molto ascolto, temi concreti e tempi lunghi. Una lezione che potrebbe rivelarsi utile anche per il prosieguo del governo nazionale. Il commento di Andrea Cangini

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