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Iran, Cina, Russia preparano una nuova esercitazione congiunta. Dal 2019 a oggi le esercitazioni che coinvolgono i tre Paesi nell’Indo Mediterraneo sono cambiate nella narrazione strategica che le circonda (e che è l’elemento centrale e caratterizzante). Cinque anni fa parlavamo di un tentativo di cooperazione, poi negli anni abbiamo iniziato a parlare di prove per la cooperazione, oggi siamo al punto che i tre Stati che guidano il blocco revisionista (dell’ordine globale occidente-centrico) stanno testando l’efficacia di quella cooperazione – che è ormai consolidata. Ossia, l’attività formale si è sostanzialmente evoluta tra Mosca, Teheran e Pechino, anche dal punto vista militare ma non solo.

Per dire, sono tutti membri della Shanghai Cooperation Organization, e quest’anno l’Iran entra nei Brics. O ancora: nei giorni scorsi il ministro della Difesa cinese ha confermato al suo omologo russo il sostegno per la campagna di invasione Ucraina, dove la Russia combatte e attacca Kyiv anche grazie alle armi iraniane. Allo stesso tempo, sempre nei giorni scorsi, sono usciti i dati che confermano come la Cina stia mantenendo vivo il settore petrolifero iraniano nonostante esso sia colpito da sanzioni primarie e secondarie statunitensi, legate al procedere del programma nucleare di Teheran – tutto mentre dall’inizio della guerra ucraina Pechino è diventato il primo acquirente del petrolio russo.

(Articolo tratto dal “Diario Indo Mediterraneo” contenuto in “Indo Pacific Salad”. Clicca qui per continuare a leggere la newsletter).

Nuova esercitazione. Cina, Russia e Iran testano la cooperazione nell’Indo Mediterraneo

Mosca, Pechino e Teheran hanno iniziato le manovre congiunte lungo le rotte indo-mediterranee nel 2019. Nel corso degli anni il loro livello di cooperazione è cresciuto e la narrazione che accompagna le esercitazioni lo dimostra

Perché dobbiamo fermare l’appeasement verso l’Iran. Scrive Ashfar

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Non solo l’Ue chiede un esame approfondito dei parametri con cui i cittadini si sono recati alle urne, ma ragiona su un possibile congelamento dei fondi europei in un momento geopolitico in cui le influenze esterne dei big player nei Balcani rappresentano un elemento di forte criticità

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