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Con la sua divisa da combattimento, la penna sul cappello e quel modo di presentarsi e agire un po’ vintage e un po’ grunge, il generale Francesco Paolo Figliuolo sta portando a termine un compito che ancora poche settimane fa appariva come una chimera. Le cinquecentomila vaccinazioni al giorno sono diventate una realtà ancora precaria è giusto rilevarlo, ma raggiunta. Il tortuoso slalom tra la disponibilità delle dosi e le furbizie delle case farmaceutiche, le carenze delle Regioni e la farraginosità del sistema vaccinatorio non hanno impedito di proseguire nell’operazione principale di contrasto al Covid. Che è la battaglia fondamentale da vincere se vogliamo che il Paese si risollevi.

Dovrebbe trattarsi di un impegno comune e unificante di una maggioranza bizzarra e composita ma che ai primi posti delle ragioni che l’hanno determinata non può che avere la messa in sicurezza sanitaria dei cittadini.

Accade invece che a latere dell’impegno di Figliuolo (e di Draghi, non dimentichiamolo) la smania di politicizzare la lotta al virus, esonda. Succede che le riaperture siano diventate di destra e le cautele di sinistra. Capita che ci si scorni su un’ora in più o in meno di coprifuoco come se fosse una guerra di religione o su mozioni di sfiducia al ministro della Salute che lasciano il tempo che trovano sotto il profilo della praticabilità politica ma alimentano il polverone mediatico-ideologico di cui forse non si avverte un lancinante bisogno.

Ma siccome in politica il candore può essere una virtù ma l’ingenuità è un handicap, è necessario guardare in filigrana le questioni per provare a individuarne trama e ordito.

Il punto da cui partire è il protagonismo di Matteo Salvini, capace di assumere anche variabili pericolose come il non voto dei ministri sui provvedimenti del governo, ma tale da far drizzare le antenne ad autorevoli commentatori che deplorano la subalternità del Pd alle incursioni del Capitano e del centrodestra “di governo”. Ma altrettanto pernicioso è se Letta rilancia politicizzando appunto la lotta al Covid (vedi intervista alla Stampa di sabato scorso) e perfino lasciando adombrare un possibile compiacimento per l’uscita della Lega dalla maggioranza.

È vero che il neo segretario deve lanciare messaggi di forte presenza politica per radicare la sua leadership alle prese con i mugugni interni che sono un dato strutturale del suo partito e dalla friabilità dei Cinquestelle, sempre e comunque alla ricerca di un ubi consistam che neppure la guida di Giuseppe Conte, almeno al momento, appare in grado di fornire. Tuttavia l’errore più grande sarebbe quello di imbastire un duello su un terreno scivoloso e “scientifico” come la pandemia, che richiede la capacità di rassicurare i cittadini e sostenere quelli in difficoltà, non di fomentare furori ideologici.

Anche perché ci sono altre materie che meritano un’attenzione della Politica e autorizzano dispute ancorché sempre ancorate al merito delle questioni. Il riferimento obbligato è al Pnrr. In quel documento è condensata la visione dell’Italia che verrà e l’autorevolezza di SuperMario è il migliore endorsement possibile in Europa e non solo. Ci sono mille cose da mettere a fuoco e implementare, in primo luogo un meccanismo che se pur non superi il Codice degli appalti, materia ultra-divisiva, consenta di avviare con celerità le opere e aprire i cantieri in modo da favorire l’occupazione senza consentire infiltrazioni malavitose. Dove e come spendere le copiose risorse in arrivo da Bruxelles meriterebbe eccome un confronto alto e serio, coinvolgendo le migliori risorse intellettuali e professionali del Paese. Meglio sarebbe cominciare subito. Sempre dopo aver battuto le mani a Figliuolo in modo così forte da fargli tremare la penna sul cappello.

Cercasi un vaccino anti-ideologico. L'appello di Fusi

Sfiducia, riaperture, coprifuoco di destra o di sinistra. Alle spalle dell’impegno di Figliuolo e di Draghi, la smania di politicizzare la lotta al virus esonda, quando invece serve un confronto alto e serio, subito

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