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Dopo quasi un anno dalla sua presentazione lo scorso giugno, è stato re-introdotto al Congresso l’Endless Frontier Act. A sponsorizzare la proposta erano stati i senatori democratici Chuck Schumer (leader della maggioranza alla Camera alta) e Ro Khanna con i repubblicani Todd Young e Mike Gallagher.

Si tratta di un’iniziativa che segnala una svolta dopo alcuni anni di reazione difensiva da parte delle amministrazioni statunitensi nei confronti della Cina, avendo prediletto gli strumenti reattivi dell’esecutivo, tra cui i più recenti executive order, e i poteri di presidio tecnologico e di sicurezza in capo alle agenzie federali come il Cfius e il Bureau of Industry and Security.

La mobilitazione che si registra a Capital Hill dimostra, al contrario, la volontà di passare all’offensiva nella competizione tecnologica con la Repubblica popolare cinese. A partire dalle basi scientifiche e industriali che hanno fatto degli Stati Uniti la superpotenza tecnologica seguendo il monito di Vannevar Bush nel 1945.

“C’è un forte consenso bipartisan che gli Stati Uniti debbano investire nelle tecnologie del futuro per superare la Cina” ha dichiarato all’agenzia Reuters il senatore Schumer, aggiungendo che “qualunque sarà la nazione che le svilupperà per prima – sia essa democratica o autoritaria – stabilirà gli standard per il loro impiego”.

La legge rivede alcune istituzioni cardine dell’apparato federale come la National Science Foundation che ora diventerà la National Science and Technology Foundation (Nstf) creando all’interno di quest’ultima un Directorate for Technology che avrà scopi e strumenti simili al Darpa del Pentagono.

Tra gli obiettivi principali, vi sarà quello di: rafforzare la leadership americana nelle tecnologie più critiche attraverso la ricerca in settori chiave come l’intelligenza artificiale, il computing e la manifattura avanzati; rilanciare la competitività statunitense in queste aree, investendo sulla formazione e attraendo capitale umano; sostenere l’impatto della ricerca finanziata dalle agenzie federali e trasferire con più velocità ed efficacia i prodotti della ricerca in ambito commerciale e industriale, in modo che possano aiutare il perseguimento degli obiettivi nazionali.

La proposta prevede di veicolare al Direttorato del Nstf un budget federale di circa 100 miliardi di dollari in cinque anni, con l’autorizzazione a spendere ulteriori 10 miliardi per favorire la nascita di dieci hub tecnologici regionali, e altri 2.4 miliardi per irrobustire la competitività della manifattura americana nelle supply chain più critiche con la creazione di un Supply Chain Resiliency and Crisis Response Program.

A supervisionare questo sforzo di integrazione orizzontale il dipartimento del Commercio, chiamato a facilitare la lo sviluppo economico e la diffusione delle capacità d’innovazione su tutto il territorio degli Stati Uniti. Quest’ultimo, insieme all’Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca, al Consiglio per la sicurezza nazionale e alle altre agenzie di rilievo avranno il compito di rivedere la strategia di sicurezza nazionale in modo da includere il piano nazionale su scienza, ricerca e innovazione.

“L’era delle guerre senza fine sta finendo e, al suo posto, siamo pronti per intraprendere un XXI secolo volto a investimenti massicci nella scoperta scientifica e nell’innovazione tecnologica”, ha commentato in una nota il deputato Khanna. Un’epoca in cui la competizione tra Stati Uniti e Cina per la supremazia sarà un leitmotiv costante. “Come agli esordi della Guerra fredda, abbiamo aumentato sostanzialmente gli investimenti federali nelle tecnologie cruciali per la nostra sopravvivenza nazionale” ha rimarcato il deputato Gallagher, tuonando che la legge “si tradurrà in nuove aziende, nuova produzione e lavori high-tech su tutto il territorio” e soprattutto “assicurerà che l’America, e non il Partito comunista cinese, domini le tecnologie critiche per il futuro”.

Tra queste, l’intelligenza artificiale e il machine learning, il quantum computing, i semiconduttori e l’hardware avanzato, la robotica e l’automazione, le tecnologie di prevenzione dei disastri naturali, le Ict all’avanguardia, biotecnologia, genomica e biologia sintetica, cybersecurity, data storage, scienze dei materiali ed energia avanzata.

In una nota anche la Casa Bianca ha accolto con entusiasmo la proposta di legge, con il presidente Joe Biden che attraverso la sua portavoce si è dichiarato favorevole ad accogliere il “focus” sul rafforzamento delle supply chain americane in riferimento all’iniziativa di febbraio della presidenza. Infatti, tra i nervi scoperti che l’Endless Frontier Act si accinge ad affrontare quello dei semiconduttori, un settore strategico che ha visto in prima linea anche l’amministrazione.

Lo scorso febbraio il senatore Schumer aveva infatti rimarcato come lo sforzo legislativo fosse rivolto anche ad affrontare “il piano americano a breve e a lungo termine per proteggere la fornitura di semiconduttori” e così rilanciare gli Stati Uniti “in prima posizione in settori come l’Ai, e il 5G”. L’idea sarebbe quella di includere un “budget di emergenza” nel pacchetto legislativo per implementare il Chips for America Act, volto proprio a risolvere tanto la carenza sul mercato quanto a riportare la produzione di chip sul suolo statunitense. Tra i rischi, la dipendenza eccessiva dalle industrie asiatiche – soprattutto Tsmc, compagnia taiwanese sempre più nell’occhio del ciclone tra Stati Uniti e Cina.

L’Endless Frontier Act, rappresentando di fatto un gigantesco sforzo per rilanciare partnership pubblico-private con il sostegno dei fondi federali, ha suscitato reazioni molto positive anche tra i principali business player americani, soprattutto in questo settore cruciale.

“I semiconduttori sono fondamentali per la sicurezza nazionale, l’economia e la competitività globale americana”, ha scritto il presidente della Semiconductor Industry Association, John Neuffer. “Applaudiamo l’introduzione della legge e ringraziamo i suoi sostenitori per la loro unità d’intenti nel promuovere l’innovazione e la competitività americana”. Anche il direttore della ricerca di Ibm, Dario Gil, ha salutato con favore la proposta di legge, promuovendo un “nuovo modello di collaborazione sulla ricerca scientifica” che metterà il Paese su di una “traiettoria scientifica per affrontare le sfide del futuro”.

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