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Le auto elettriche e le batterie per immagazzinare l’energia generata dal sole e dal vento sono il futuro, giusto? Mentre governi, aziende e cittadini si orientano verso investimenti “verdi”, sostenibili e decarbonizza(n)ti, il mercato delle auto elettriche sta esplodendo. Nel 2020 sono stati venduti più di 3 milioni di veicoli elettrici e l’Europa ha sorpassato la Cina per numero di auto acquistate. Ma Tesla e compagnia non sono il futuro, almeno non nella forma odierna, perché quelle auto beneficiano della propria aura di ambientalismo (emissioni zero) pur nascondendo due peccati capitali.

Il primo: un’auto elettrica inquina almeno quanto i fornitori di energia elettrica inquinano per produrrla (problema risolvibile con l’utilizzo di fonti rinnovabili). Il secondo: le batterie agli ioni di litio da cui sono alimentate sono una bomba ecologica, economica e strategica in divenire. La soluzione esiste, si chiama batteria a stato solido, dista almeno qualche anno e prevede il ribaltamento di un’industria da centinaia di miliardi di dollari.

Il Financial Times sottolinea (a ragion veduta) che la produzione di batterie e lo sviluppo globale sono inestricabilmente legati, perché lo sviluppo sostenibile dell’economia mondiale si basa anche sul passaggio alla mobilità decarbonizzata e allo stoccaggio dell’energia generata da impianti eolici e fotovoltaici. Le batterie, ha detto Elon Musk, sono la chiave del futuro. Ma basta guardare dentro una Tesla per capire che la sua obsolescenza è più prossima di quanto non si creda.

Requiem (anzitempo) per la batteria agli ioni di litio

La tecnologia dietro alle moderne batterie agli ioni di litio è invariata da più di trent’anni. Nonostante si tratti di un settore in fortissima crescita – data la domanda crescente a livello globale – e nonostante le ultime evoluzioni della tecnica e della capacità di produzione, secondo FT si è sostanzialmente raggiunto il tetto massimo dello sviluppo di questa tecnologia.

Semplificando, una batteria al litio funziona grazie al flusso di particelle cariche tra due poli magnetici separati da un liquido. I poli in questione sono costituiti da metalli (litio, appunto, ma anche grafite, rame, nickel, cobalto) il cui prezzo è in crescita per via dell’impennata nella domanda e relativa scarsità di risorse.

Non si tratta di elementi rari di per sé, ma trovarli, estrarli e raffinarli rimane arduo e costoso. Se la Tesla realizzasse i suoi piani di produrre super-batterie da 3 terawattora nel 2030 esaurirebbe la maggior parte della produzione globale di nickel ai livelli attuali. E ancora, costruire un nuovo centro di estrazione del litio può richiedere 10 anni. Secondo gli analisti (fonte FT) l’offerta di litio inizierà a scarseggiare già da fine 2021. Lo stesso dicasi per il cobalto.

Ma non si tratta solo di materie prime. I limiti delle batterie agli ioni di litio sono molteplici: sono ingombranti e pesanti (la batteria di un’auto elettrica rappresenta un terzo del suo peso complessivo), sono difficili da smaltire per via del liquido (che è inquinante e infiammabile), si degradano abbastanza in fretta (specie se caricate velocemente).

In più le case automobilistiche stanno utilizzando più nickel per produrle, cosa che taglia i costi ma le rende più volatili e marginalmente più inclini a esplodere. Di contro, usare altre combinazioni di metalli più sicure ne peggiora la densità energetica (ossia quanta carica tiene una batteria in relazione alla grandezza).

Una passione insostenibile

Perché queste batterie sono così diffuse, dunque? Perché al momento sono la tecnologia migliore sotto tanti punti di vista, dalla densità di accumulo al costo di produzione relativamente molto basso. Eppure nessuno dei problemi di cui sopra è risolvibile per i limiti strutturali delle batterie, limiti che inevitabilmente si riflettono sul prodotto finale.

Una macchina elettrica moderna riesce a viaggiare 500 km con una singola carica, in condizioni ideali. Ricaricarla completamente richiede quasi un’ora. Il peso della batteria ne aumenta i consumi e ne peggiora le prestazioni. In media costa un terzo in più della sua controparte tradizionale, senza contare che la batteria (€10.000 euro cadauna in media) va cambiata quando si deteriora troppo; si parla di otto anni di vita e un impatto ambientale non trascurabile.

Eppure la domanda per le macchine elettriche è in fortissima crescita, specie contando che diversi governi (tra cui quello tedesco) hanno deciso di eliminare definitivamente la produzione di auto a benzina da qui alla prossima decade. Questo è solo uno degli elementi di una transizione veramente sostenibile, che si appoggerà sempre più a tecnologie di stoccaggio dell’elettricità.

Si rende dunque necessario un salto tecnologico per poter garantire più accumulo, ricarica più rapida, batterie più durature con costi comunque contenuti. La soluzione?

Una scommessa più solida

Le batterie a stato solido sono un tipo di batteria che non necessita del liquido usato da quelle odierne. Produrle in massa è difficoltoso perché non ci sono dietro gli anni di ricerca necessari. Inoltre costano ancora troppo (circa €85.000 l’una) e richiedono circa venti volte più celle di quelle utilizzate nelle batterie agli ioni di litio per ottenere le prestazioni desiderate.

I benefici: sono più sicure, meno costose, non soffrono il freddo e si degradano molto più lentamente delle loro controparti tradizionali. Richiedono meno rame e alluminio, fanno proprio a meno di grafite e cobalto. Sono anche più leggere e sottili, si possono impilare come wafer per incastrarne di più ove necessario. Inoltre hanno una densità energetica maggiore (l’80% in più di quelle agli ioni di litio) e possono essere caricate in dieci minuti.

Insomma, un’ipotetica auto elettrica equipaggiata con una batteria del genere avrebbe chilometraggio doppio di quelle odierne e si potrebbe caricare interamente nel tempo di due caffè al bancone. Durerebbe molto di più, diminuendo il costo complessivo nel tempo di possedere un’auto assieme a quello delle materie prime. E se l’energia con cui si carica è pulita, è fatta: la mobilità individuale è diventata infinitamente più sostenibile.

L’attenzione che grandi case come Toyota e Samsung stanno dedicando alla produzione di batterie a stato solido fa presagire una conversione nemmeno troppo distante. Il numero di brevetti relativi alle batterie registrati nel mondo è quadruplicato, quelli relative alle batterie a stato solido hanno il tasso di crescita più alto. Secondo MarketWatch il mercato varrà più di due miliardi di dollari nel 2026, con una crescita annua del 50%.

Gli investitori hanno già dimostrato interesse. L’esempio per eccellenza per ora è QuantumScape, una startup americana quotata in borsa e finanziata da Volkswagen e Bill Gates che ha brevemente toccato $50 miliardi nel 2020, più di General Motors; le sue quotazioni sono cresciute più del 1000%. Si parla di una compagnia che punta a produrre batterie a stato solido in massa nel 2024.

Come per tutti i successi tecnologici recenti si tratta di versare abbastanza soldi nella ricerca e nello sviluppo per raccogliere i dividendi quando la tecnica di assemblaggio e produzione di massa sarà stata messa a punto. Ma i benefici commerciali e ambientali sono talmente evidenti – e le sfide tecnologiche da affrontare così ben definite dalla ricerca compiuta finora – che il salto, quasi certamente, si farà.

Fa effettivamente riflettere che il tecno-pioniere Musk, le cui aziende sono responsabili di così tanti salti tecnici, non si sia ancora espresso sulle batterie a stato solido. Il motivo, spiegano a FT, è semplice: la presa che ha Tesla sul mercato delle auto elettriche globale, dovuta in gran parte alle prestazioni superiori delle sue macchine, verrebbe meno, il suo network di stazioni di ricarica “rapida” diventerebbe inutile. L’industria delle auto elettriche come la conosciamo adesso verrebbe (verrà?) completamente trasfigurata.

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