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La crisi del debito cinese contagia anche gli studenti. E come un virus si diffonde nei gangli della seconda economia mondiale, compreso il fintech che nell’ex Celeste Impero è legato a doppio filo all’istruzione: il grosso degli studenti, per pagarsi gli studi ricorre a prestiti agevolati concessi dalle fintech attive in Cina. Non si tratta di somme elevate ma comunque di un contributo sostanziale per il compimento dei percorsi universitari. Tutto questo però, potrebbe presto finire e la colpa è del pessimo stato di salute delle finanze cinesi.

Le autorità della Repubblica Popolare hanno deciso di mettere un freno alla massiccia domanda di prestiti da parte degli studenti universitari e delle loro famiglie e rivolte alle numerose app fintech operanti nel mercato. A queste piattaforme, ha scritto Bloomberg, Pechino ha intimato lo stop immediato ai finanziamenti presenti e futuri, oltre a far cadere quelli concessi in passato. Non è chiaro se ci sia un effetto retroattivo, ovvero se il denaro prestato tornerà nelle tasche delle fintech. Ma di sicuro tali prestiti finalizzati all’istruzione potrebbero non figurare più nei bilanci di queste società, alleggerendoli notevolmente.

Lo scopo di tale operazione, che per il momento dovrebbe interessare una platea di 36 milioni di studenti, è duplice. Da una parte Pechino vuole evitare una crisi del debito formato fintech, vista già la delicata situazione delle banche tradizionali, appesantite da decine di miliardi di crediti in sofferenza. Dall’altra un segnale ben preciso all’universo tecnologico, dopo i mesi del grande scontro con Alibaba, terminato con la perdita del monopolio di quest’ultima, una nazionalizzazione sfiorata e la trasformazione coatta in holding.

D’altronde, almeno fino ad oggi, il controllo del governo centrale sui prestiti agli studenti da parte delle banche web è stato pressoché inesistente. Ma negli ultimi tempi l’attenzione dei media locali si è concentrato sul fenomeno, e in particolare sui tassi applicati, compresi tra il 15 e il 24%. Al punto che molti giovani, impossibilitati a sostenere le rate, hanno chiesto la rinegoziazione, finendo per essere costretti in ogni modo a estinguere il debito, anche al seguito di minacce e intimidazioni. Non certo una novità nell’ex Celeste Impero, vista la natura di certi finanziamenti made in China (qui l’articolo di Formiche.net che ha svelato i cosiddetti prestiti “muscolari”) in cui le condizioni dietro l’erogazione della somma spesso si trasformano in una trappola.

Nei Paesi inseriti nella Via della Seta cinese, soprattutto africani, tali prestiti hanno dato vita nel tempo a un’ondata di insolvenze, uno schema che avrebbe potuto benissimo ripetersi nel fintech con i finanziamenti universitari. Di qui l’intervento di Pechino. Le testimonianze, raccolte dalla stessa Bloomberg, non mancano. Nonostante abbia assunto altri due lavori part-time, Rachel Chen, una studentessa di 21 anni nella provincia di Sichuan, non sa ancora come ripagherà i suoi quasi 50 mila yuan (circa 6.500 euro) di prestiti online. “Ero solita prendere in prestito da una piattaforma ma ora non posso più farlo”, ha detto Chen. “Ho dovuto dirlo ai miei genitori, ma mi avrebbero aiutato solo con la metà del mio debito, quindi devo trovare un modo per il resto”.

Se il vizietto cinese sui prestiti contagia anche il fintech

Il governo centrale interviene a gamba tesa sui finanziamenti online concessi agli studenti per pagarsi gli studi, fermando le erogazioni di denaro. Colpa dei tassi troppo alti e delle condizioni troppo rigide che avrebbero potuto portare a un’ondata di insolvenze

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