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Riforme e ancora riforme. Quante volte la classe dirigente di turno si è riempita la bocca di tali parole. E pensare che, a guardare bene e senza pre-concetti, l’Italia ha tutte le carte in regola per gestire al meglio i soldi del Pnrr. La fretta di Mario Draghi, che a mezzo lettera firmata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha invitato i ministri a darsi delle scadenze per le riforme, è comprensibile.

Ma per Innocenzo Cipolletta, economista di lungo corso, fresco di passaggio di consegne con Patrizia Grieco al vertice di Assonime e dal passato confindustriale in veste di dg, non è il caso di farsi prendere dal panico in questo torrido agosto. Semmai, idee chiare e un po’ più di fretta, serve sul fronte bancario, alias Monte dei Paschi.

Due mesi fa l’Europa ha dato il via libera formale al Pnrr italiano. Ora si tratta di fare quelle riforme sulle quali dirottare i fondi ricevuti dall’Europa. A che punto siamo?

Onestamente non sono un fanatico delle riforme. Alcune sono utili e necessarie, ma spesso non sono utili allo stesso Pnrr. Anche perché spesso ci mettono molto tempo per essere attuate. Prenda ad esempio la riforma della giustizia…

Che impressione di è fatto sulla riforma Cartabia?

Non è che modifichi molto il quadro italiano. E comunque prima del 2024-2026 tale riforma non avrà il minimo effetto e alla fine non inciderà sul Pnrr. Questo per dire che le riforme vanno fatte, ma la loro realizzazione è qualcosa di slegato e indipendente dal medesimo Recovery Plan.

Significa che senza riforme sprecheremo solo denaro?

Tutt’altro. Basta con questo mito delle riforme. L’Italia è assolutamente attrezzata per gestire il Pnrr, è una questione di persone e non di regole. Servono persone giuste ancor prima di regole adeguate e mi auguro francamente che questo governo metta le persone giuste al posto giusto.

Andiamo in Europa. Ci sono Paesi, come l’Austria, che sognano un ritorno dell’austerity, formato Maastricht. Non le pare fuori luogo, dopo una pandemia che ha imposto nuovi equilibri in materia di conti pubblici?

Certamente. Ma ricordiamoci che parliamo di posizioni esclusivamente politiche e non economiche. Questi Paesi preferiscono un sistema di stretta sorveglianza per mettere costantemente sotto accusa altri Paesi, come il nostro. Il problema è politico, non certo tecnico. Insomma, un gioco delle parti, che però incide poco sulla realtà.

E quale è, la realtà?

La realtà è che in una situazione come questa, nella quale occorre recuperare un vuoto, abbiamo bisogno di politiche di sostegno all’economia e per lungo tempo ancora. Questo lo dice il bisogno delle persone e il buon senso. E ancora una volta la politica, come dimostra l’atteggiamento dei Paesi cosiddetti frugali, è lontana e disconnessa rispetto ai bisogni della gente e alle esigenze dell’economia.

Lei ha parlato di politiche di sostegno. Le banche centrali, che finora hanno garantito stimoli all’economia e costo del denaro a zero, potrebbero abbandonare la fase ultra-accomodante. Lei cosa si aspetta dalla Fed e dalla Bce?

Sicuramente quella degli Stati Uniti è una fase diversa rispetto all’Ue. Hanno già recuperato molto terreno e hanno spinte inflazionistiche ben maggiori. Mi aspetto dunque che il prossimo anno la Fed intervenga sui tassi. L’Europa invece non dovrebbe seguire tale trend, ha una ripresa meno forte, spende meno in termini di sostegno e ha una inflazione sotto controllo. Mi auguro francamente che la Bce continui a svolgere il ruolo di pilastro a sostegno dell’economia.

Rimaniamo in tema di banche. Questa è l’estate di Mps e Unicredit. Il governo ha escluso piani B per Siena, che sulle sue gambe non può più camminare. D’accordo anche lei?

Sì, ha ragione il governo. La soluzione industriale unica possibile è quella di mercato. Mantenere una banca sotto il controllo dello Stato non è fattibile. Sono convinto che alle nozze con Unicredit si arriverà, ma non subito. Ci vorrà ancora del tempo…

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Intervista all’economista ed ex presidente di Assonime. Le riforme servono ma la loro realizzazione richiede troppo tempo, per questo la riuscita del Pnrr è legata più alle competenze che ai provvedimenti. Il caso della giustizia insegna. La Bce non seguirà l’esempio della Fed. Mps? Le nozze con Unicredit sono l’unica soluzione…

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