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Oltre i ristori, i contributi, gli sgravi, i sussidi. Per le imprese italiane, sopravvissute alla pandemia si apre un nuovo capitolo della crisi. Quello della liquidità. Finora il sistema industriale ha retto all’urto grazie a ristori garantiti prima dal governo Conte e poi da quello di Mario Draghi (con l’ultimo decreto Sostegno, 32 miliardi per indennizzi tra il 20 e il 60%).  La sirena l’ha azionata Confindustria, più precisamente il presidente Carlo Bonomi: le imprese sono quasi a secco e perlopiù indebitate e questo impedirà di assumere nuove risorse quando, caduto il primo pezzo di muro dei licenziamenti, si tratterà di incamerare nuove competenze.

“Le aziende potranno utilizzare le capacità di generazione di cassa solo per ripagare il debito, non più per investire e questo ci preoccupa molto. Abbiamo già chiesto al governo di fare urgentemente ad aprile un decreto che tenga conto dei problemi di liquidità, di patrimonializzazione e che tenga conto della proroga del blocco delle moratorie perché è impensabile che dal primo luglio si possa affrontare una massa di debiti di circa 300 miliardi in questo momento”, ha messo in chiaro Bonomi. Dunque, che fare? Formiche.net lo ha chiesto a Matteo Caroli, economista e docente di economia e gestione delle imprese internazionali alla Luiss.

“Il problema della liquidità riguarda soprattutto le piccole imprese e c’è sempre stato. L’attuale fase ha certamente acuito il problema. Su cui, meglio non scordarlo, pesano molto i ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione”, premette Caroli. “Questo potrebbe essere un primo atto, concreto. Rimettere la Pubblica amministrazione nelle condizioni di pagare le imprese e dare al sistema un minimo di liquidità. Questo vale anche per i grandi committenti, anche privati. Inoltre c’è una divaricazione tra le imprese che hanno retto e che reggono, da quelle invece che erano in difficoltà e che ora barcollano, le imprese zombie insomma. Questo per dire che una politica della liquidità deve necessariamente rafforzare quei settori che stanno intercettando la ripresa, questo come priorità. E poi andare incontro a quelle imprese che sono in grande difficoltà e la cui sopravvivenza non è certa. Su questi due binari deve muoversi la strategia del governo in materia di liquidità. Però le imprese hanno ragione, devono poter tornare ad assumere, ma occorre dargli gli strumenti”

Ma la carenza di cassa, per stessa ammissione degli Industriali, è figlia del grande indebitamento del sistema delle imprese. E non si può nascondere. “Sul debito si può lavorare quando ci sono delle potenzialità nella creazione del reddito, quando insomma si può remunerare il capitale investito. Per quelle imprese che non hanno prospettiva di creare ricchezza non si può ragionare sul debito, non ha senso. Non è lo stesso per quelle imprese che invece una prospettiva di reddito e margine de l’hanno, lì sul debito si può mandare eccome.”  Lo stesso

A questo punto, vista e considerata la nuova necessità delle imprese, è lecito chiedersi se il concetto di ristoro sia in qualche modo superato. Se, in altre parole, serve un salto di qualità del governo sul fronte delle imprese. “Il ristoro è il giusto bilanciamento a un sacrificio, ma è qualcosa di molto limitato nel tempo, serve in questi mesi. Le imprese sono state chiuse e allora serve il ristoro, l’indennizzo”, conclude Caroli. “Però attenzione, il ristoro non è la politica industriale, che è bel altra cosa, non certo temporanea.”

Oltre i ristori, alle imprese servirà liquidità. Il motivo lo spiega Caroli (Luiss)

L’economista e docente: gli indennizzi sono misure giuste ma temporanee, la politica industriale è un’altra cosa. Oggi occorre sostenere e dare cassa alle imprese affinché possano tornare ad assumere. Per quelle con prospettive di crescita si può intervenire anche sull’indebitamento. La Pa dovrebbe pagare i suoi debiti, tanto per cominciare

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