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Rafforzare la cooperazione in tema di politiche migratorie, nella consapevolezza che l’approccio strutturato richiesto dall’Italia debba essere corroborato da iniziative a carattere europeo. Sotto questi auspici si aprirà mercoledì, a Tripoli, il Forum transmediterraneo sulle migrazioni alla presenza di numerosi leader europei e africani, oltre al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Al centro della discussione ci sarà l’esigenza di costruire un coordinamento integrato sotto un unico obiettivo tra i Paesi di origine, transito e destinazione degli immigrati.

Verso il forum

La partecipazione del premier al forum è maturata ben prima della sua visita in Libia del 7 maggio scorso, quando incontrò il primo ministro, Abdul Hamid Dbeibah, e il Capo del Consiglio presidenziale, Mohammed Menfi, a Tripoli. La conferenza sulla lotta all’immigrazione illegale è stata preceduta da una serie di incontri ad hoc, come quello tra il ministro degli Esteri ad interim, Taher Al-Baour, e il capo della delegazione dell’Unione europea in Libia, Nicola Orlando. All’incontro hanno partecipato il direttore del Dipartimento per gli Affari Europei del ministero, Abdulrahman Khmada, e diversi ambasciatori accreditati in Libia. Inoltre, una settimana fa, il ministro per le Comunicazioni e gli affari politici, Walid Al-Lafi, ha incontrato l’ambasciatore maltese in Libia, Charles Saliba, e il vice ambasciatore italiano, Riccardo Villa.

La posizione di Tripoli

La posizione del governo libico di Tripoli sulla questione Trans-mediterranean migration forum è che la Libia deve essere la proprietaria del progetto, con l’obiettivo di stabilire quattro linee di difesa per ridurre l’immigrazione irregolare ai confini, nel deserto, nelle città e in mare. Per questa ragione, il governo ha deciso di favorire il rimpatrio volontario dei migranti nell’Unione europea. Al momento, nella città di Kufra, nel deserto sud-orientale, ci sono 20mila immigrati, e in tutto sono stati mobilitati 5mila agenti di polizia per lavori di sicurezza a tutela dei confini nell’arco di 30 giorni. Al momento sono 2,5 milioni i migranti presenti su suolo libico, la maggior parte dei quali è entrata senza visto dall’inizio dell’anno, così come confermato dal ministro degli Interni libico Imad Trabelsi. Inoltre, a causa del crescente numero di persone bloccate nel Paese, Trabelsi ha affermato che la Libia si sta trasformando da “Paese di transito a Paese di insediamento”, aggiungendo che la questione è diventata anche di responsabilità fiscale, sottolineando che “i migranti clandestini non pagano le tasse”.

L’impegno di Roma

La postura del governo italiano si è caratterizzata per un coordinamento con i Paesi di transito, quali Libia e Tunisia, per sostenerli affinché bloccassero l’afflusso di migranti verso le coste europee. Questa la traiettoria che Giorgia Meloni ha seguito in occasione degli incontri con alti funzionari di entrambi i Paesi e dei vari meeting con il primo ministro libico, Abdul Hamid Dbeibeh, e il presidente tunisino Kais Saied. In parallelo l’Ue ha da tempo avviato una serie di progetti ad hoc per formare ed equipaggiare la guardia costiera libica.

Le critiche

Una serie di critiche per come è stato gestito il dossier migranti sono giunte dal Forum tunisino per i diritti umani, che ha accusato il governo di aver condotto una campagna di repressione contro i migranti a scapito delle preoccupazioni umanitarie “per soddisfare il ricatto europeo e garantire un flusso costante di sostegno finanziario e logistico”. Il riferimento è all’area che si trova a Sfax, al confine tra Libia, Tunisia e Algeria dove secondo l’organizzazione non governativa i migranti subiscono regolarmente arresti arbitrari e violenze. L’Onu, inoltre, ha fatto richiesta di un’indagine sulle fosse comuni libiche, tra cui una trovata nella valle di al-Jahriya in Libia a marzo, che si è scoperto contenesse almeno 65 cadaveri: “Continuiamo ad assistere a diffuse violazioni dei diritti umani contro migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Libia – ha dichiarato nei giorni scorsi Liz Throssell, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani – Queste violazioni sono fatte su larga scala e con impunità mentre sia gli attori statali che quelli non statali spesso lavorano in collusione”, ha aggiunto.

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