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La direttrice della National Intelligence, Avril Haines, ha compiuto un viaggio insolito: due giorni fa è stata al confine tra Corea del Nord e Corea del Sud. Vero che veniva da un incontro tecnico con i capi delle intelligence di Giappone e Corea del Sud (dove si è parlato di cooperare sul Nord); andava a Seul, dove avrebbe poi visto il presidente Moon Jae-in e la direttrice del Consiglio di Sicurezza nazionale per preparare il faccia a faccia alla Casa Bianca con Joe Biden (ma anche per coordinare le policy nei confronti di Kim Jong-un); ma resta che quella visita sulla linea di demarcazione tra le due Coree non è così comune.

La Dni coordina tutte le agenzie di intelligence americane, “spy-master” la chiamano i siti anglofoni, e di solito il suo lavoro non è pubblicizzato. Soprattutto in momenti come questo, con Pyongyang che si è (ri)messa in una posizione aggressiva nei confronti di Washington una volta compresi che i contatti con la presidenza Trump erano show-mediatici più che sostanza.

I nordcoreani poche settimane fa hanno accusato gli Usa di ipocrisia nelle trattative, ma non ci sono reali novità eclatanti. Il punto è sempre lo stesso: gli americani hanno come obiettivo la denuclearizzazione completa del Nord; la satrapia sogna di essere inserita in modo più o meno formale in un sistema di controllo degli armamenti che le riconosca lo status di potenza atomica. In mezzo movimenti militari con cui il Pentagono compie esercitazioni di routine per tener attivo il contingente sudcoreano — e la cooperazione militare con Seul, fondamentale anche in ottica anti-Cina — e intanto si mostra presente con Pyongyang.

Washington sta valutando le sue opzioni sulla Corea del Nord. L’amministrazione Biden ha affermato nella sua revisione politica della Corea del Nord che si dedicherà a un “approccio più calibrato, pratico e misurato” nei confronti del regime. Funzionari sudcoreani questa settimana hanno suggerito che gli Stati Uniti potrebbero già aver contattato Pyongyang per i colloqui. Secondo il sudcoreano Segye Ilbo, la Corea del Nord ha confermato di aver ricevuto la proposta degli Stati Uniti. Tuttavia la visita alla Dmz (la zona demilitarizzata coreana) non è stato niente di più di un tour, spiegano gli esperti.

Non ci sono stati contatti con ufficiali del Nord (da evitare anche per ragioni collegate al Covid); non ci sono interessi statunitensi a elevare il dossier nordcoreano nella scaletta degli interessi di Washington; sebbene non possiamo escludere che si sia trattato di un sopralluogo tecnico per verificare di persona lo stato dei luoghi in cui non è escluso che Biden possa recarsi in futuro. Per altro la visita, fatta uscire dalla Yonhap, sembra che non dovesse essere pubblicizzata, ma è davvero difficile pensare che la presenza di un alto funzionario come Haines in un luogo così delicato sia trapelato per errore.

È piuttosto evidente che nell’intento americano ci fosse l’idea di inviare un messaggio (a Pyongyang come a Seul, ma anche a Pechino indirettamente). Haines aveva detto davanti al Comitato di intelligence del Senato degli Stati Uniti che la Corea del Nord “potrebbe intraprendere azioni aggressive e potenzialmente destabilizzanti per rimodellare il suo ambiente di sicurezza e cercare di creare cunei tra gli Stati Uniti e i suoi alleati”.

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