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Forse in pochi hanno notato che le misure restrittive che ci accompagneranno fino a Pasqua non sono state disposte con un Dpcm, ma con un decreto-legge.

Può sembrare una minuzia di quelle che appassiona soltanto i cultori di diritto costituzionale, invece rivela un profondo cambio di metodo del governo Draghi.

Nei mesi scorsi molte critiche sono state mosse alle decine di Dpcm, anche perché si trattava di atti che tenevano il Parlamento fuori dalla decisione.

Sappiamo che la nostra Costituzione pone quale principale garanzia della tutela dei diritti la riserva di legge.
La riserva di legge non rappresenta un formalismo, ma la garanzia che tutte le decisioni più importanti vengano prese dall’organo più rappresentativo del potere sovrano ovvero dal Parlamento. Come ben detto dalla Corte costituzionale, “la riconduzione ad unità delle sparse, frammentarie disposizioni giuridiche, la certezza che soltanto attraverso il superamento delle varie, numerose fonti, sostanziali e formali, dell’Antico Regime, si potesse raggiungere, insieme, la massima garanzia della riacquistata libertà individuale ed il massimo ordinato vivere sociale condussero a ravvisare nella legge, nella legge dello Stato, quale unità organica dell’intero popolo sovrano, il nuovo principio costitutivo, il nuovo fondamento del diritto” (sent. n. 487 del 1989, § 3 diritto).

Soprattutto in tema di diritti della persona, praticamente ogni articolo della Costituzione prevede che limitazioni e condizioni possano essere poste soltanto con atto legislativo. A partire dalla libertà personale che può essere limitata “nei casi e nei modi previsti dalla legge” (art. 13) e dalla libertà di circolazione e soggiorno che può subire soltanto “le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza” (art. 16).

Tuttavia, da marzo 2020 sono stati utilizzati quasi soltanto Dpcm per decidere le misure anti-Covid.

Si è trattato di un grave strappo alla centralità del Parlamento, perché i Dpcm sono atti del governo, cioè soltanto della maggioranza politica e atti che vengono adottati “in segreto” cioè senza possibilità di pubblicare i lavori preparatori e istruttori. Invece le decisioni e le discussioni parlamentari sono pubbliche, come impone l’art. 64 Cost.
Ecco la grande differenza: far decidere il Parlamento significa coinvolgere maggioranza e opposizione nel pieno pluralismo delle forze politiche e consente un più ampio controllo di noi cittadini, che possiamo assistere al dibattito e alle decisioni parlamentari, ormai anche in digitale.

Certo, il prossimo mese di limitazioni e chiusure sarà pesante per tutti noi, ma almeno si è scelta una strada costituzionalmente più corretta, a garanzia di tutti. Che ci sentiamo un po’ più cittadini e un po’ meno sudditi.

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In tema di diritti della persona, praticamente ogni articolo della Costituzione prevede che limitazioni e condizioni possano essere poste soltanto con atto legislativo. Il prossimo mese di limitazioni e chiusure sarà pesante per tutti noi, ma almeno si è scelta una strada costituzionalmente più corretta, a garanzia di tutti

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