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Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, l’australiano Scott Morrison e l’indiano Narendra Modi, si sono riuniti per la prima volta nella storia. Un incontro che dà un ulteriore valore istituzionale al Quad, il gruppo di dialogo sulla sicurezza marittima di cui i quattro paesi fanno parte. Il messaggio è chiaro: l’organizzazione avrà delle implementazioni, diventerà meno informale, produrrà un allineamento strategico (già in atto per altro) e sarà il sistema di ancoraggio per le dinamiche di contenimento della Cina.

Dinamiche che partono da un quadrante, l’Indo Pacifico, diventato da tempo naturale ambito geografico, dunque geopolitico, per bloccare l’ascesa cinese – tema strategico di fondo per tutti quei quattro paesi, sebbene con sfumature e interessi che presentano singolarità. Non a caso, nel rispetto di queste peculiarità di interesse strategico, mentre il Quad si riunisce l’Unione europea ha diffuso la propria visione per quella regione complessa che sarà anche snodo dei rapporti transatlantici (da integrare a quelli con le nazioni regionali del blocco Asean, con i giganti come India e Giappone, e con l’Oceania).

”Lo spostamento del centro di gravità del mondo verso l’Indo-Pacifico è iniziato anni fa, ma la pandemia lo sta accelerando. Come Ue, dobbiamo esaminare le conseguenze in termini geopolitici e geoeconomici e definire il nostro approccio all’Indo-Pacifico. Abbiamo un grande interesse nella regione e dovremmo fare la nostra parte per mantenere l’ordine regionale aperto e basato su regole”, ha scritto l’Alto rappresentante europeo Josep Borrell sul suo blog dell’Eeas (da cui dirige la politica estera dell’Unione).

L’Europa non può evitare dall’essere presente nella regione. Per allineamento con gli Stati Uniti; per modulare le proprie relazioni con i paesi dell’area; per dialogare con la Cina; perché in sostanza è da lì che si muovono sviluppi nevralgici per il futuro del mondo. Vedere per esempio l’enorme sviluppo che la riunione ha preso sul tema dei vaccini, elemento cruciale nella lotta alla pandemia e dunque per tutto quello che verrà. Dalla riunione esce un accordo monstre per la produzione di un miliardo di fiale del siero Johnson & Johnson, finanziate da Usa e Giappone, prodotte in India e distribuite dall’Australia.

Mossa che dal quadro sanitario (ed economico) s’apre alla geopolitica, basta tener conto che la Cina punta sui vaccini prodotti in casa – quelli di Sinovac e Sinopharm, più economici e gestibili degli altri occidentali – per penetrare diversi contesti nazionali di paesi meno abbienti e costruire ulteriore influenza. Ma non solo, perché dal vertice del Quad è uscito anche un altro input dal valore cruciale per il futuro: quello sulle terre rare. I quattro paesi uniranno le forze per costruire una supply chain comune. Ossia spingeranno ricerca e sviluppo, ma penseranno anche un sistema di regolamentazione internazionale su elementi fondamentali per lo sviluppo tecnologico. Là dove Pechino finora è stato oligopolio (58 per cento della produzione mondiale, fornitore quasi esclusivo dell’industria statunitense).

Le scelte, sia quella sui vaccini che sulle terre, sono tutt’altro che questioni specifiche, bensì indicazioni di traiettorie strategiche. Nello specifico quella con cui l’amministrazione Biden vuole creare catene di approvvigionamento senza Cina su beni sensibili. Più in ampio, uno spaccato su come Washington – concordemente agli alleati – intenda costruire un raggruppamento “China free” cavalcando tematiche ampie come quelle del commercio e del benessere globale, o del rispetto delle democrazie. Agli alleati sono concessi distinguo nell’ambito di un imprescindibile dialogo con Pechino, che per altro gli Usa riprenderanno in Alaska il 18 marzo. Borrell rende chiaro che l’Europa c’è, e ha i suoi spazi.

[Foto dal profilo Twitter del primo ministro australiano Scott Morrison]

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