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Meteo permettendo, domenica pomeriggio Richard Branson entrerà nella storia, diventando il primo privato a raggiungere lo Spazio con un veicolo di sua proprietà. Anticiperà di soli nove giorni il collega Jeff Bezos, che aveva annunciato prima il suo volo a bordo del razzo New Shepard della sua Blue Origin, ma che si è visto bruciare sul tempo.

Branson decollerà a bordo della navetta Unity, della sua compagnia spaziale privata, Virgin Galactic, a sua volta trasportata in quota dal più grande aere White Knight Two. Raggiunti i quindici chilometri d’altezza, la Unity si staccherà, per salire sopra gli ottanta chilometri, nelle quote del volo suborbitale, permettendo così ai passeggeri di sperimentare l’assenza di gravità. Per la Virgin Galactic sarà il primo volo di Unity con passeggeri a bordo. Oltre ai due piloti Dave Mackay e Michael Masucci, ci saranno con Branson anche Sirisha Bandla, Colin Bennett e Beth Moses, tutti manager dell’azienda.

Il viaggio è destinato a entrare nella storia, sebbene non sia di certo il primo caso di turismo spaziale. Già nel 2001, l’imprenditore americano Dennis Tito pare abbia pagato 20 milioni di dollari per un viaggio a bordo della Soyuz fino alla Stazione spaziale internazionale (Iss), tutt’ora in orbita a 400 chilometri dalle nostre teste. La stessa cifra dovrebbero aver speso poi il sudafricano Mark Shuttleworth, l’americano Greg Olsen, l’iraniana Anousheh Ansari e l’ungherese Charles Simonyi, tutti con le risorse necessarie per approfittare della disponibilità dei russi ai viaggi spaziali a bordo delle navicelle dirette alla Stazione, nonostante le perplessità della Nasa. Per gli Stati Uniti, infatti, il turismo è prevalentemente affidato alle nuove avventure dei privati, i miliardari protagonisti del cosiddetto “New Space”. Virgin Galactic ha cominciato diversi anni fa a permettere prenotazioni per i primi voli spaziali sui suoi veicoli, al modico costo di circa 250mila dollari. A settembre 2018, Elon Musk presentava in pompa magna il primo ospite (il miliardario giapponese Yusaku Maezawa) del suo Big Falcon Rocket, poi divenuto StarShip, il veicolo che riportare gli Stati Uniti sulla Luna.

Qualcosa è cambiato a giugno del 2019, quando anche la Nasa è sembrata convertirsi al turismo spaziale, annunciando le novità sul futuro commerciale della Stazione spaziale internazionale. Senza vendere direttamente i biglietti, l’agenzia si avvarrà della collaborazione con alcune aziende private, una sorta di tour operator dello Spazio. Su di loro la Nasa caricherà un costo di circa 35mila dollari a notte e a persona per l’utilizzo di tutte le “comodità” che offre la Stazione, inclusa la disponibilità di aria e acqua, cose che si impara a non dare per scontate sulla Iss. Dagli Usa alla Russia. Già a febbraio 2019 l’agenzia Roscosmos aveva siglato un contratto con la statunitense Space Adventures per inviare due turisti sulla stazione entro (diceva) il 2021.

Richard Branson scalda i motori. Si fa la storia del turismo spaziale

Richard Branson sarà il primo privato a raggiungere lo Spazio con un veicolo di sua proprietà. Anticiperà di soli nove giorni il collega Jeff Bezos, con Elon Musk che intanto sogna Marte. Ma la storia del turismo spaziale si è aperta nel lontano 2001, quando l’imprenditore americano Dennis Tito pagò (si stima) 20 milioni di dollari per un viaggio a bordo della Soyuz fino alla Stazione spaziale internazionale

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