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Le forze che rispondono agli ordini del signore della guerra dell’Est libico, Khalifa Haftar, hanno condotto un raid contro lo Stato Islamico a Ubari,  nel sud del paese. Ubari si trova sulla direttrice sud di Tripoli, non distante dal confine nigerino e algerino, e vicino a al campo petrolifero El Feel gestito da Eni.

L’operazione (che si è svolta oggi, domenica 14 marzo, all’alba) è stata condotta dalle unità del 106esimo Battaglione e dalla Katiba al-Asifa, la Storm Division, una sorta di forze speciali haftariane. Il blitz, lanciato da Sabha, ha portato all’arresto di due uomini e una donna, trovati in un edificio insieme a diverso materiale (fucili da assalto, munizioni e sistemi esplosivi). L’Is in Libia è ancora una minaccia che striscia nelle aree remote meridionali del Paese, dopo che nel 2015 sulla costa, a Sirte, aveva costruito la sua “fiorente capitale” extra Siraq.

L’aspettò interessante abbinato al raid haftariano sta nella concomitanza con un possibile attacco aereo sullo stesso luogo (avvenuto appena dopo il blitz). Non è chiaro se l’airstrke sia avvenuto o meno, difficile dunque capire se ci sia stato coordinamento, oppure se le truppe del generalissimo dell’Est abbiano cercato di sfruttare la situazione per intestarsi un successo nel campo dell’antiterrorismo — fulcro della narrazione attorno alla attività di Haftar fin dall’operazione Dignità del 2014, e modo in questa fase per rimanere a galla nel paese mentre si allineano gli astri attorno a un governo ad interim (traghettatore verso le elezioni di dicembre), nato proprio dal fallimento dell’idea di Haftar di prendere il paese con le armi e diventarne il nuovo rais.

L’eventuale attacco aereo segue tre ipotesi su autori e ragioni. Primo: gli egiziani, che vogliono un ruolo dopo aver perso il loro cavallo combattente (Haftar) e quello politicante (Agila Saleh, presidente parlamentare sconfitto nel processo di nomina della nuova autorità esecutiva dopo aver avuto sostegno ampio tra la Comunità internazionale). Secondo: la Francia, che sulla Libia proietta interessi con sponda in Cirenaica, tecnicamente sconfitta anch’essa dal processo negoziale, ma che vuol restare viva sfruttando il tema counter-terrorism (di massimo interesse per Parigi che abbina nel senso profondo la missione armata contro i gruppi nel Sahel alla lotta politico-culturale contro il separatismo interno). Terzo: un raid di un drone americano, che in Niger (poche centinaia di chilometri a sud, a Dirkou) hanno una base gestita dalla Cia e usata per martellare i tanti gruppi jihadisti della regione — AfriCom, ossia il Pentagono in Africa, dice ad Airwars di non aver condotto attacchi recentemente, ma potrebbero essere stati opera dell’intelligence che non commenta certe attività.

C’è poi quella quarta ipotesi: il bombardamento aereo non c’è stato, l’attacco è stato condotto soltanto dalle forze terrestri di Haftar (che nell’operazione avrebbero rapito anche il capo della sicurezza locale), e i rumors servono per dare maggiore spin narrativo alla missione.

Nel frattempo che si definiscano i fatti (per quanto sarà possibile), fonti libiche raccontano che una piccola delegazione di ambasciatori stranieri sarà lunedì 15 marzo a Tobruk, per prendere parte alla riunione parlamentare per il giuramento dei ministri. Un modo per dare maggiore legittimità all’esecutivo onusiano guidato da Abdelhamid Dabaiba (che da poco ha ottenuto la fiducia). Secondo le fonti di Formiche.net, sarà presente anche Giuseppe Buccino, l’ambasciatore italiano.

Le stesse fonti spiegano che quelle feluche internazionali saranno lì per fare pressioni su Haftar, perché temono che possa far saltare il piano di stabilizzazione by Onu in corso. Il rischio è che da missioni anti-Is come quella odierna si slitti verso  nuove operazioni militari contro la Tripolitania, da sempre inquadrata dalla narrativa di Haftar come covo dei terroristi e dunque come obiettivo legittimo — compreso il governo di Tripoli, che, a suo dire e secondo suo interesse, è sostenuto da milizie da eliminare).

Il giuramento doveva essere a Bengasi, la roccaforte haftariana in Cirenaica, ma è stato spostato per timori di una reazione di Haftar. Il capo miliziano dell’Est, per come viene descritto a Formiche.net da altre fonti informate, è scontento di come sono andate le cose sul governo. Le sue richieste non sono state accettate, il suo ex protettore politico Saleh (con cui ha rotto la scorsa estate dopo anni) ha trovato un accordo Dabaiba secondo cui estera presidente del parlamento e avrà ruolo di autorità suprema sulle forze armate (le deleghe del ministero della Difesa per ora restavo al premier).

 

(Foto: Twitter, @Oded121351)

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