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Essere immuni alla disinformazione ai tempi del coronavirus. È l’obiettivo del gioco Go Viral! ideato dal Social Decision-Making Lab dell’Università di Cambridge in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Drog e il Cabinet Office britannico. La versione italiana è stata presentata nei giorni scorsi. Attraverso un gioco della durata di 5-7 minuti i giocatori vengono introdotti alle basi della manipolazione online nell’era del coronavirus. Go Viral! funziona come una semplice guida alle tecniche comuni: usando un linguaggio emotivamente carico per suscitare indignazione e paura, presenta falsi esperti per seminare il dubbio, e svela cospirazioni studiate per i social media.  “Le notizie false possono viaggiare più velocemente e insinuarsi più in profondità della verità”, ha dichiarato il professor Sander van der Linden, che guida il progetto e il Social Decision-Making Lab di Cambridge. “Il fact-checking è vitale ma arriva spesso troppo tardi, quando le bugie si sono già diffuse come un virus”, ha aggiunto.

L’ambasciatore britannico in Italia Jill Morris (qui intervistata da Formiche.net) ha aperto i lavori sottolineando come la pandemia da coronavirus abbia portato alla luce “l’assoluta necessità di una comunicazione scientifica corretta e trasparente”, per mettere “cittadini e opinione pubblica nella condizione di poter prendere decisioni responsabili sul proprio benessere, trasmettendo capacità e strumenti necessari per orientarsi consapevolmente in un mare di informazioni sempre più difficile da navigare”.

Formiche.net ha affrontato la questione Melisa Basol, ricercatrice del Social Decision-Making Lab di Cambridge.

In generale, il numero delle minacce informatiche (dal fintech alla disinformazione) cresce con la pandemia. Perché utilizzare un gioco per contrastare questa tendenza?

Il nostro approccio alla lotta contro la disinformazione è basato sull’evidenza. Studi precedenti del Cambridge Social Decision-Making Lab hanno dimostrato l’efficacia degli interventi basati sul gioco per aiutare le persone a individuare e resistere alle fake news. Stimolando la fiducia nei proprio giudizi abbiamo riscontrato una riduzione nella condivisione di contenuti falsi con la propria rete di contatti. Inoltre, i nuovi approcci basati sui giochi online sono di facile diffusione tra la popolazione (sono già oltre 300.000 le persone che hanno giocato a Go Viral!), facilitano l’apprendimento basato sull’esperienza, e poiché sono interventi “dal vivo”, permettono di essere adattati e aggiornati in tempo reale quando emergono diverse varianti di disinformazione (simile a un virus).

Infine, dato che i contenuti manipolativi assumono schemi riconoscibili per strategie e tecniche, indipendentemente dalla loro origine o dalla motivazione politica che li sottende, utilizzare il prebunking, e quindi dotare gli individui degli strumenti per riconoscere l’aspetto delle informazioni ingannevoli prima di esservi esposti, può ridurre significativamente la loro viralità. La ricerca mostra altresì che i giochi possono attingere ai bisogni psicologici di base che, come noto, aumentano la motivazione e l’impegno nell’apprendimento (l’ambiente umoristico in Go Viral! è un’ulteriore ciliegina sulla torta).

È sufficiente?

Naturalmente, contro le sfide della disinformazione, i giochi non sono una “bacchetta magica”. Piuttosto, è necessario un meccanismo di difesa a più livelli. Sia che si tratti di problemi di cybersicurezza o di suscettibilità alla disinformazione, queste sfide sono fondamentalmente legate e facilitate da processi decisionali umani (spesso distorti) e dall’errore umano. Ecco perché, accanto agli sforzi già esistenti, mettere in evidenza le basi psicologiche che portano le persone a cercare, credere e diffondere contenuti manipolativi o falsi costituisce un tassello cruciale del puzzle.

Abbiamo bisogno di un nuovo ruolo per gli Stati nella difesa contro la disinformazione?

Indicativamente, gli sforzi attuali di contrasto alla disinformazione possono essere divisi in legislativi, algoritmici, correttivi ed educativi. Ovviamente ciascuno di questi approcci ha delle lacune che vanno da questioni legate alla libertà di espressione a dati imparziali. Quindi, per contrastare la disinformazione in modo efficace anche sui social media e analizzando i loro modelli di business con un occhio critico e’ necessario prendere in considerazione e lavorare sugli aspetti psicologici e comportamentali. Qualsiasi ruolo che introduca degli elementi di psicologia critica nel processo di definizione delle politiche può contribuire a contrastare la disinformazione in modo efficace.

La soluzione è la prevenzione, dunque?

Le ricerche nell’ambito della disinformazione suggeriscono che l’informazione falsa e non verificata viaggi più velocemente e si diffonda di più e che, una volta resa pubblica, le persone continuano a crederci e a farvi riferimento, anche dopo che l’informazione è stata sfatata e verificata rispetto ai fatti. Pertanto, invece di giocare d’anticipo rispetto al contenuto nocivo, la prima cosa da fare è evitare che diventi virale. Ecco perché qualunque ruolo aggiuntivo volto a contrastare la disinformazione dovrebbe comprendere tra gli strumenti utilizzati l’attività di eliminazione preventiva delle falsità.

vaccino

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