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In un precedente articolo sul fenomeno delle doppie cittadinanze ha destato curiosità l’esempio degli americani-sammarinesi (circa il 10% della popolazione) che si sarebbero trovati a beneficiare del vaccino russo. Con l’arrivo il 23 febbraio di una prima spedizione di 7.500 dosi di Sputnik V sul Titano, l’aneddoto si è trasformato in caso di studio e ha provocato una vasta eco internazionale.

L’episodio dice molto sui risvolti delle dinamiche internazionali nell’era Covid. Nel caso specifico, della politica estera russa e dei suoi obiettivi. Nel contesto generale, del progressivo incrociarsi nella pandemia della geo-politica del passaporto con quella del vaccino e, in prospettiva, del turismo.

Quando nel 2019 il potente Sergey Lavrov si recò in visita nella Repubblica di San Marino, molti osservatori restarono sorpresi, presi in contropiede dalla stessa modalità della missione, storica ed eccezionale in quanto inedita.

Atterrato con un aereo di Stato a Rimini il 20 marzo e conclusa la visita già nella mattinata del 21, il ministro era volato il giorno successivo verso Mosca dopo avere festeggiato in forma privata in Romagna il suo 69esimo compleanno.

Nel non prevedere alcun incontro a latere con autorità italiane (passando per Roma o fermandosi a Rimini, all’epoca tra i principali hub turistici russi in Europa), si sottolineava come il recarsi nella piccola Repubblica fosse l’unica finalità reale della missione.

Questa attenzione non fu compresa da quanti non avevano seguito nel decennio precedente l’intensificarsi delle relazioni tra la Russia e San Marino né avevano compreso la natura stessa dell’attrazione di Mosca per la Repubblica enclave nel territorio italiano.

Complice l’influenza di una stagione giornalistica ossessionata dai toni del Russiagate, da più parti si avanzò il sospetto che la Russia volesse mettere le mani su San Marino, adombrando piani di azione più finanziari che politici.

In realtà, quasi la totalità dei passi russi intrapresi verso San Marino in questi anni sono stati di stretta osservanza diplomatica (a partire dal ruolo centrale dei due soli ambasciatori russi a Roma negli ultimi 18 anni, Alexey Meshkov e Sergey Razov).

Si sono ispirati ad un modus operandi classico della politica estera del Cremlino che applica in forma quasi automatica due regole di base. Mai cambiare gli alleati (anche quando diventano ingombranti), premiare quanti compiono atti concreti di amicizia (anche se non sono alleati).

Trovatasi nel 2014 – nel pieno della sua fase espansiva internazionale – a fronteggiare un isolamento occidentale per la crisi ucraina, Mosca saluto’ come un sorso d’acqua nel deserto diplomatico europeo il fatto che la Repubblica di San Marino, appellandosi alla sua millenaria neutralità, non avesse aderito al fronte delle sanzioni contro il Cremlino.

È stato un gesto dal forte impatto simbolico sul fronte interno Russo sia  istituzionale – dove una cultura iperstatuale porta a rispettare la sovranità (macro o micro, a prescindere), che popolare – dove milioni di turisti russi transitati nei decenni in Romagna conoscono molto bene San Marino.

Va anche detto che – complice una attenzione del Titano e di Mosca a riguardo – la neutralità sammarinese non si è trasformata in un sistema per by-passare le contro-sanzioni russe e importare prodotti europei sottobanco (come avvenuto ad esempio in Bielorussia).

È dunque nel contesto storico di queste relazioni che va compreso oggi l’arrivo delle dosi dello Sputnik V a San Marino, anche in quest’occasione risultato di un’azione diplomatica coordinata tra i due Paesi (pare conclusa dall’intervento personale di Razov e del Segretario agli Esteri sammarinese, Luca Beccari).

La scelta di San Marino è dettata dalla comprensibile necessità di iniziare al più presto la vaccinazione della sua popolazione (tra le più colpite al mondo dal Covid) a fronte del ritardo della consegna dei vaccini commerciali. È un passo a-politico che ricorda quello dei diplomatici Usa accreditati a Mosca che non hanno esitato a chiedere di essere vaccinati con lo Sputnik V.

La scelta Russa invece è di mettere in pratica le regole diplomatiche di cui sopra e raggiungere un uso geo-politico del vaccino premiando un paese non alleato ma “apertamente non ostile”, dando visibilità al caso specifico, peraltro sul piano interno più che internazionale.

Un’idea di una possibile ricaduta futura della vicenda sta nell’ interesse per Sputnik V mostrato dall’ opinione pubblica italiana, tra le più aperte alla Russia. E oggi pure a corto di vaccini.

Con l’arrivo fisico del vaccino russo nella penisola italica, molti si sono interrogati se fosse possibile garantirsene una dose per uso personale, soprattutto ora che è chiaro che le reticenze europee ad adottarlo non hanno motivazioni scientifiche. Altri hanno aggiustato la propria originaria posizione da “No-Vax” a “No-Big Pharma”, vedendo in Sputnik V il male minore.

Per ovvi motivi, San Marino ha negato la disponibilità a vaccinare altri all’infuori dei suoi residenti. Gli sviluppi potrebbero tuttavia riservare sorprese nel campo del turismo sanitario in Russia.

Se infatti ad oggi l’unico visto per recarvisi è concesso per sottoporsi a cure presso strutture mediche convenzionate, è realistico pensare che in un prossimo futuro questo possa essere esteso a quanti vi viaggino per iniettarsi lo Sputnik V.

Aprendo, sulla falsa riga di quanto fatto dagli Emirati Arabi Uniti, ad un “turismo del vaccino” oltre-confine simile a quello dell’inseminazione artificiale o altre pratiche mediche di difficile accesso nel proprio Paese.

Anche in questo caso, la scelta del singolo di prendere un vaccino all’estero non avrebbe valenza politica. Discorso opposto, invece, varrebbe per lo Stato che decide di concederlo (prima) a dei cittadini stranieri.

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