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Alla fine di maggio 2021, l’Unione europea ha ricevuto dalle ditte produttrici meno dosi di vaccini anti-Covid di quanto sperato alla fine del 2020. In parte, questa differenza è dovuta a delle aspettative irrealistiche create dall’eccessivo ottimismo di alcuni annunci, ma in parte la delusione è più che giustificata. Il grosso della differenza comunque è dovuto all’incapacità di AstraZeneca di produrre e consegnare quanto promesso. La differenza principale tra i risultati delle campagne vaccinali di Regno Unito, Stati Uniti e Unione europea è dovuta ai problemi industriali di una singola casa farmaceutica.

I vaccini di cui disponiamo oggi non esistevano ancora al momento della firma dei contratti e le difficoltà della loro produzione su larga scala non potevano essere anticipate. Dei ritardi anche forti nello sviluppo dei vaccini erano possibili e alcuni si sono effettivamente verificati. Il vaccino Johnson & Johnson è stato autorizzato da poco e quelli della Curevac e del gruppo Sanofi-GSK ancora non sono disponibili.

In previsione di queste eventualità l’Unione europea aveva concluso degli accordi quadro di pre-acquisto di vaccini con sei ditte farmaceutiche diverse e aveva preordinato 2,6 miliardi di dosi di vaccino, sufficienti a vaccinare tre volte la popolazione europea.

 

Anche se la campagna vaccinale dell’Unione europea è molto più avanzata di quelle di molti Paesi industrializzati, di quelle della Russia e della Cina e di quelle del resto del mondo, le campagne vaccinali del Regno Unito e degli Stati Uniti sono nettamente più avanzate di quella europea. Ci sono poi anche sei o sette piccoli Paesi che hanno finora ottenuto buoni risultati, ma questi non ci danno molti insegnamenti perché si tratta di paesi piuttosto piccoli per i quali è relativamente facile ottenere un’alta percentuale di dosi rispetto alla popolazione.

La differenza rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti è però una cosa che ci deve far riflettere. In un articolo pubblicato ad inizio marzo, avevo attribuito questo fatto soprattutto alla maniera come i due Paesi anglosassoni avevano operato. I Paesi europei si erano comportati come dei clienti che hanno negoziato degli acquisti e che si sono poi, giustamente, seccati quando alcune consegne non sono arrivate alle scadenze previste. Gli Stati Uniti e il Regno Unito sono diventati di fatto dei soci delle ditte farmaceutiche per raggiungere l’obiettivo comune di disporre del più alto numero di dosi di vaccino il più rapidamente possibile.Gli Stati Uniti hanno speso per lo sviluppo dei vaccini molto di più di quanto hanno speso i Paesi europei e hanno finanziato largamente anche lo sviluppo di vaccini “europei” (soprattutto AstraZeneca e Sanofi-GSK), per quanto si possa attribuire una nazionalità a prodotti dovuti a ricerche e componenti che vengono da molti paesi.

Avevo definito “pragmatico” l’atteggiamento di Regno Unito e Stati Uniti e “giuridico” quello dei paesi europei. Oggi vediamo che questa differenza mantiene tutta la sua validità. Basti pensare al caso della Corte dei Conti italiana che blocca, nel maggio 2021, un accordo del 26 gennaio 2021 per un finanziamento da parte dello stato italiano dello sviluppo del vaccino anti-Covid della ReiThera! Ma le cifre ci dicono anche che se AstraZeneca avesse consegnato le cifre previste dal contratto quadro firmato con l’Unione europea le differenze tra Regno Unito, Stati Uniti e Unione europea non sarebbero state molto forti.

È possibile calcolare, sulla base dei dati delle fonti ufficiali nazionali e dello European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), il numero di vaccinazioni complete permesse dalle dosi già somministrate. Analizzare le vaccinazioni complete permette di tener conto del fatto che sono in uso vaccini che richiedono due dosi e un vaccino monodose e della scelta di alcuni paesi di ritardare la seconda dose. Dei semplici calcoli ci dicono che al 27 maggio il Regno Unito, con le dosi che ha effettivamente somministrato, avrebbe potuto vaccinare completamente il 56,2 per cento della popolazione da vaccinare. Gli Stati Uniti avrebbero potuto vaccinare il 53,9 per cento della loro e l’Unione europea il 30,3. Le differenze sono forti e sono spiacevoli.

Ma se AstraZeneca avesse fatto le consegne previste, la cifra per l’Unione europea sarebbe del 51,1 per cento e non del 30,3; una cifra che non ci avrebbe fatto sfigurare rispetto a Stati Uniti e Regno Unito. Grazie a Rai3 disponiamo del contratto tra AstraZeneca e l’Ue che indica le consegne mensili previste Al 27 maggio, AstraZeneca avrebbe dovuto aver consegnato 236,1 milioni di dosi del suo vaccino. Ne ha effettivamente consegnate solo 53,5 milioni (poco meno del ventitré per cento del previsto). Immaginando che l’uso effettivo delle dosi non consegnate da AstraZeneca fosse stato uguale a quello dell’insieme di tutte le dosi ricevute dall’Unione europea alla stessa data (l’86,8 per cento) si ottiene la cifra del 51,1 per cento menzionata.

Le consegne ricevute dalle altre ditte farmaceutiche sono state in linea con le previsioni. I piccoli ritardi della Johnson & Johnson sono stati più che compensati dal fatto che la Pfizer-BioNTech sta producendo e consegnando più del previsto.

Il grafico mostra l’effetto principale, spesso sottovalutato, della decisione di acquistare i vaccini in comune. Mostra la quantità di dosi ricevute da ogni Paese in percentuale della sua popolazione totale. Il Paese fuori linea è l’Ungheria che, oltre agli acquisti fatti con gli altri paesi dell’Ue, ha ricevuto 1,8 milioni di dosi del vaccino Sputnik V e 4,5 milioni di dosi del vaccino cinese Beijing CNBC. Più di sei milioni di dosi in un Paese delle dimensioni dell’Ungheria incidono molto. Le altre differenze, molto più piccole, sono dovute al fatto che alcuni paesi hanno preferito non ordinare tutta la quantità che era stata loro assegnate dei vaccini mRNA (BioNTech, Moderna e Curevac) perché erano nuovi e molto cari. Hanno potuto ordinarne altri. Purtroppo per loro, i vaccini da loro scelti sono arrivati in ritardo o non sono ancora arrivati. Questo ha avuto un effetto sulle consegne ad alcuni Paesi dell’est dell’Unione europea. Le cifre al 27 maggio utilizzate nel grafico tengono però già conto di un certo riequilibro operato attraverso un piccolo contratto supplementare fatto dall’Ue con la Pfizer-BioNTech.

Le azioni giudiziarie in corso tra l’Ue e AstraZeneca non faranno arrivare una sola dose di vaccino in più. Ma sono importanti per ottenere una risposta ufficiale a due domande. La prima è se la AstraZeneca, come molto fa pensare, ha veramente firmato un contratto che non poteva onorare. La seconda è quella di sapere se la ditta, di fronte alla difficoltà di aumentare la sua produzione nella misura prevista, abbia privilegiato le forniture al Regno Unito, Paese dove ha la sua sede principale.

La cosa più positiva che è apparsa sul fronte delle forniture dei vaccini è però la decisione dell’Unione europea di fare un grosso contratto con la Pfizer-BioNTech per la fornitura di 900 milioni di dosi del suo vaccino (più altre 900 in opzione) nel periodo 2021-2023 e di richiedere, come viene sussurrato in assenza della pubblicazione del contratto, che queste dosi siano prodotte nell’Unione europea rafforzando la sua capacità presente e futura di sviluppare e produrre vaccini. Forse saremo meglio preparati quando ci colpirà la prossima epidemia.

europa vaccini covid

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