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“Il mio Xinjiang: stop alla tirannia delle fake news”. Con questo titolo accattivante, la presunta giornalista freelance francese, Laurène Beaumond, ha cercato di smontare tutte le accuse contro Pechino per violazione di diritti umani nella regione della minoranza musulmana degli uiguri.

L’articolo, con la testimonianza di vita nella provincia dello Xinjiang, è stato pubblicato dall’emittente statale cinese, Cgtn, e ripreso da tutti i media di Pechino. “Sono francese e ho vissuto quasi sette anni in Cina – si legge nel testo -. La fortuna della vita mi ha portato ad avere una famiglia che vive a Urumqi, la capitale dello Xinjiang. Ho avuto l’opportunità di visitare la regione molte volte tra il 2014 e il 2019 e non riconosco lo Xinjiang come lo descrivono”.

Peccato che sia l’articolo stesso una fake news, poiché la giornalista non esiste. Il quotidiano francese Le Monde ha dichiarato che non è riuscito a rintracciare nessuna persona con questo nome nel fascicolo nella Commissione dell’Ordine di giornalisti professionisti francesi. E, se esiste, dovrebbe apparire nell’elenco perché la Cgtn assicura che questa donna, “doppiamente laureata in storia dell’arte e archeologia all’Università Sorbona di Parigi e laureata in giornalismo, ha lavorato in varie redazioni parigine prima di prendere le valigie per Pechino”.

In Francia, i giornalisti devono iscriversi ad un albo professionale che rilascia una tessera e un numero di matricola personale per l’esercizio professionale.

La finta giornalista prodotta dalla propaganda cinese è stata scoperta da Antoine Bondaz, ricercatore della Fondazione di Inchiesta strategica. Secondo Le Monde, il profilo di Beaumond è apparso alla fine del 2020, con scritti legati al Covid, e segue il linguaggio ufficiale del regime di Pechino.

L’anno scorso, all’inizio della pandemia, il Financial Times ha denunciato la produzione di video falsi di italiani affacciati dalle finestre intenti ad applaudire l’inno della Cina, come segno di gratitudine per l’invio di mascherine e per il sostegno durante la crisi sanitaria.

Qui il video di Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese:

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