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Mentre gli studenti di Boğaziçi che protestano a Istanbul rischiano lo “schema Gezi Park”, con arresti e deportazioni in atto, è durata poco la svolta pro Usa di Erdogan: dall’annunciata nuova era dei rapporti Usa-Turchia, alle solite accuse a Washington per il golpe 2016.

Insomma, si pensava fosse vera diplomazia, invece è di nuovo il solito Erdogan con la precisazione giunta da oltreoceano: “Gli Stati Uniti non hanno avuto alcun coinvolgimento nel tentativo di colpo di stato del 2016 in Turchia e lo hanno prontamente condannato”, recita una nota ufficiale americana per smentire le nuove accuse. “Queste osservazioni infondate sulla responsabilità degli Stati Uniti per gli eventi in Turchia non sono coerenti con lo status della Turchia come alleato della NATO e partner strategico degli Stati Uniti”.

NIENTE NUOVO CORSO

Le parole portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price sono la conferma di come stia procedendo su binari controversi il 2021 diplomatico di Erdogan. Le premesse, ad inizio anno e con l’avvento del nuovo inquilino alla Casa Bianca, erano nettamente diverse. Ankara da alcuni mesi, avendo letto in filigrana i cambiamenti in atto nella geopolitica mondiale post Trump, e consapevole dei propri problemi finanziari, aveva provato a riallacciare i propri rapporti con Usa, Ue e Israele. Certamente per via della contingenza legata al gasdotto Eastmed, la Turchia ha cercato direttamente un canale anche con Israele, addirittura lavorando ad un accordo marittimo bilaterale in stile Libia, che però tagliava fuori Cipro.

Impensabile che Netanyahu lo avallasse. Dopo l’alleanza Ryad-Usa, Erdogan si era autoproclamato difensore dei palestinesi e dei musulmani in generale, corroborando il ruolo turco di incubatore, presente ma soprattutto futuro, per la Fratellanza Musulmana.

BOĞAZIÇI

Se qualcuno in Turchia pensa di insinuare che, dopo il golpe di cinque anni fa, ci sia chi dall’esterno punta a soffiare sulla cenere che oggi nuovamente fa capolino nelle piazze turche, è il ragionamento che si fa nelle ultime ore, si sbaglia di grosso. Lo dimostra il fatto che le proteste di Boğaziçi, nate a Istanbul per manifestare contro la nomina governativa del rettore, sono il frutto di un sistema che non ha mutato nel tempo i propri parametri.

La polizia nella provincia turca di Izmir ha arrestato uno studente universitario per aver aperto un gruppo WhatsApp sulle proteste presso la prestigiosa Università Boğaziçi di Istanbul. La famiglia e gli avvocati di Beyza Buldağ non sono stati informati di dove si trovi la studentessa della Mimar Sinan Fine Arts University. Sono centinaia gli studenti presi in custodia dalla polizia durante manifestazioni in diverse province tra cui Istanbul, Izmir, Ankara e Adana, mentre al momento otto studenti risultano arrestati ed altri posti ai domiciliari.

Come è noto, da un mese studenti e studentesse dell’università del Bosforo, simbolo del mondo accademico laico della Turchia, contestano la nomina imposta con un decreto dal presidente Erdogan: un fatto che non può essere certamente imputato ad agenti esterni, ma diretta conseguenza di scelte filo governative. “Gli Stati Uniti sono stati tra i primi a lanciare un messaggio di sostegno”, ha ricordato l’ex parlamentare turco Aykan Erdemir sui media americani a proposito del golpe del 2016, proprio per smentire oggettivamente la tesi turca.

DIFESA

Inoltre da più parti si fa notare come il presidente Biden ha promesso di adottare con Ankara una linea che si rifà ai principi della Nato e solo a quelli. Ovvero sottolineando la “condotta non coerente con il diritto internazionale o con i suoi impegni nei confronti della Nato“, con riferimento all’acquisto del sistema S-400 e al no Usa per il contemporaneo acquisto degli F-35. Un’ulteriore precisazione è stata fatta da Washington verso Ankara: ovvero che l’eventuale inosservanza delle disposizioni della legge CAATSA potrebbe portare a sanzioni aggiuntive, dal momento che gli equipaggiamenti russi sono incompatibili con quelli della Nato, di cui ne minacciano la sicurezza interna.

Il tutto mentre, a un anno dal provvedimento della Corte costituzionale turca per sbloccare Wikipedia, dopo che la Wikimedia Foundation si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo, i media filogovernativi turchi continuano ad accusare di vari crimini la nota enciclopedia online.

twitter@FDepalo

Altro che diplomazia, è il solito Erdogan (contro Usa e piazza)

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